AGAIN 10.1

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Non so cosa mi abbia convinta a presentarmi a scuola stamattina, se il «no!» categorico di mio padre quando gli ho chiesto di restare a casa, oppure il fatto che non posso fare molte assenze se voglio un bel curriculum scolastico.

Il pensiero di affrontare gli sguardi ironici e le risatine dei miei compagni mi dà il voltastomaco. E non ricordare un accidenti di quello che è successo peggiora ancora di più la situazione. Isabelle starà gongolando: mi ha messa fuori gioco nel giro di un attimo. Ma ovviamente è colpa mia. Avrei dovuto usare il cervello e non cedere alla sua provocazione.

Mi fiondo alla prima lezione dopo una sosta fulminea al mio armadietto e mi rannicchio nel banco, la testa china sul libro di testo. Questo non mi impedisce di scorgere due ragazze entrare in classe, notarmi e ridacchiare. Cominciamo bene.

Durante Biologia Sanne non fa che lanciarmi occhiate, io fingo di non vederla. Sono arrabbiata con lei, è più forte di me. Prova ad attirare la mia attenzione, ma le faccio capire che oggi non è proprio giornata. Magari ha pure il coraggio di dire che si è divertita!

Prima dell'ora di pranzo mi arriva un messaggio:

Ci troviamo in mensa? Dobbiamo parlare. Per favore.

Sospiro e rispondo.

Immagino non potrò evitarti per sempre.

Immagini bene.

Al suono della campanella mi trascino verso la mensa, dove sono più esposta a occhiate e commenti. Possibile che non si sia ubriacato nessun altro a quella dannata festa? Sono tutti dei santarellini? 

Mi avvio al tavolo e Sanne è già lì che mi aspetta.

«Ciao» mi dice con un sorriso incerto.

«Ciao» rispondo senza guardarla.

Per un po' rimaniamo in silenzio.

«Dirti che mi dispiace non è sufficiente, vero?»

«No, infatti.»

«Rachel, non potevo prevedere che sarebbe finita così!» si giustifica.

«No, certo, ma potevi prevedere che, come l'altra volta, non sarebbe finita bene. C'era l'incognita del modo, per il resto, però, era tutto prevedibilissimo» ribatto io, infilzando un fagiolino con la forchetta.

«Stai un po' esagerando, secondo me.»

La guardo male.

«Be' se tu non reggi l'alcol non è colpa mia.»

Su questo punto ha ragione, nessuno mi ha infilato un tubo in gola costringendomi a bere. «Non posso darti torto» ammetto.

Lei sembra sorpresa. «Sul serio?»

«Sì. Avrei benissimo potuto fare come Malek. Invece ho raccolto la sfida di Isabelle.»

«Quindi perché sei tanto arrabbiata con me?»

«Perché ti avevo detto che non volevo venire e tu invece mi hai quasi costretta!» sbotto. «E la cosa che mi fa più rabbia è che abbiamo trascinato in questa follia anche Malek, le abbiamo rovinato la sua prima festa, traumatizzato la serata e adesso ce l'avrà con noi.»

«No, non ce l'ha con noi.»

«Come fai a saperlo?»

«Le ho parlato ieri sera. Dato che era l'unica lucida, mi sono affidata al suo resoconto per sapere che diavolo avessimo combinato.»

«Mio padre era furioso» borbotto.

«E perché i miei no? Mamma ha urlato talmente forte che avrà tenuto sveglio il vicinato. Sembrava pazza.»

AGAIN (1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora