«Vuoi degli altri fagiolini?» mi chiede papà alzando il piatto.
«No, grazie. Sono a posto» rispondo.
«Il polpettone si sarà raffreddato, ormai» continua lui.
«Vuoi che te lo passo un attimo al microonde?»
«No, grazie. Sono a posto» ripeto.
Papà mi sfila il piatto da sotto gli occhi e mi costringe a guardarlo. «Che succede?» mi domanda con un sospiro.
«Niente» dico.
«Rachel, quasi non hai mangiato.»
«Non avevo fame.»
«Paura di ingrassare?» insiste.
«Mai avuta.»
Poggia il mio piatto di lato e mi fissa per un lungo istante.
«Perché non mi racconti com'è andata a scuola, stamattina? Il tuo primo giorno dev'essere stato interessante.»
«Sì, molto. È andato tutto bene. Uno sballo.»
«Che avete fatto?»
«Niente.»
«Niente?»
«Niente.»
«Hai trascorso la giornata a fissare il banco come stai facendo adesso con il tavolo?»
«Può darsi. Problemi?» sbuffo. Mi alzo spostando rumorosamente la sedia e comincio a sparecchiare. È stata una mattinata lunghissima. Per quanto mi sia sforzata di concentrarmi sulle lezioni, non riuscivo a togliermi dalla testa lo sguardo di Connor e tutti i ricordi che ha fatto riaffiorare. E questo non ha fatto altro che rabbuiarmi.
Quando sono tornata a casa ero più scura di un temporale. Mi sono messa a preparare la cena, ma poi mi è passata la fame. In più sembra che quella stupida gerarchia valga persino per la mensa. È impossibile sedersi dove si vuole. Così mi è toccato mangiare da sola, in un tavolo con altri ragazzi solitari, tra cui quella Malek del corso di letteratura che non ha mai staccato gli occhi da un libro gigantesco.
«Sei passata dal preside?» mi chiede papà.
«Mi aspettava» rispondo.
«Com'è andata?»
«Diciamo che è stato molto... incisivo.»
«Che significa?»
«Be', aveva un fascicolo su di me aperto sulla scrivania. Sai, tutti i voti, i corsi extrascolastici, le mie attività curricolari, la condotta. Non so perché ci abbia perso tutto quel tempo.»
«E andava tutto bene, immagino.»
«Sì. Anche se ci ha tenuto a ribadirmi che si aspetta che io mantenga un profilo alto, non crei problemi e prenda sul serio l'istituto.»
Accendo la macchina del caffè, ho bisogno di rilassarmi.
«I tuoi compagni come sono?»
«Normali.»
«Puoi essere più precisa?» insiste.
«No. Era solo il primo giorno, ho avuto quattro corsi diversi il che significa una buona quantità di nuove conoscenze. Forse è il caso di aspettare un po' per farmi memorizzare qualche viso, prima del terzo grado, che te ne pare?» ribatto.
Infilo il filtro nell'apposito spazio e prendo il barattolo dalla credenza. Abbondo con le dosi e presso bene, lo voglio bello forte.
«Non credi di bere troppo caffè? La caffeina fa male.»
«Anche l'aria che respiri e il cibo che mangi» replico sarcastica.
«Anche a tua madre rispondi in questo modo?»
«No, perché mamma capisce quando è il momento di parlare e quando no!»
Mi verso una tazza di caffè e torno a sedermi al tavolo. Per un po' restiamo in silenzio. Io vago con i miei pensieri, mentre papà sembra fissare un punto nel vuoto. Forse anche lui sta facendo un monologo interiore.
La verità è che ho bisogno di mia madre. Questo è uno di quei momenti in cui la sua presenza mi sarebbe di immenso aiuto. Se ci fosse lei avrei potuto raccontarle la mia giornata. Lei avrebbe colto le sfumature senza che io dovessi per forza esprimerle a parole. Avrebbe avuto il consiglio giusto, una parola di conforto o di incoraggiamento. Mi avrebbe aiutata a vedere tutto dalla prospettiva meno spaventosa. Invece mi deve ancora chiamare e so già che dovrò aspettare qualche giorno. Come farò senza le sue stranezze? La cena bruciata, il perenne odore di caffè in casa, montagne di panni da lavare e lei che litiga con la lavatrice. Le nostre colazioni a prova di colesterolo prima di andare a scuola e il fatto che prende sempre la vita con il sorriso, con il suo sguardo da eterna bambina a volte ingombrante, a volte ingenua. Sospiro cercando di riprendere il controllo.
«Ho visto Connor, stamattina» dico prima di rendermene conto.
Non so perché lo sto facendo. Non avevo nessuna intenzione di confidarmi con mio padre. Infatti me ne pento un secondo dopo, quando la sua espressione imbarazzata mi conferma che probabilmente neanche lui avrebbe voluto essere al corrente di questi dettagli.
«Oh» bofonchia. «Si è comportato bene?»
Gli lancio un'occhiata dal bordo della tazza. «Perché, cos'avrebbe dovuto fare secondo te?»
«Non saprei» dice. «Intendevo solo... se è stato gentile con te.»
«Non abbiamo parlato. Ci siamo solo incrociati in presidenza. Era lì con suo padre.»
«Dickon. Immagino abbia conservato la sua influenza» commenta papà.
«C'è anche Isabelle» completo il quadro.
«Immagino che lei non abbia tenuto la bocca chiusa.»
«Immagini bene. Ci ha tenuto a farmi sapere quanto fosse contenta di rivedermi.»
«Rachel...»
«Tranquillo, è tutto ok.»
«Non è vero.»
«Sapevamo che poteva succedere, no? Non ero così illusa.»
«Non voglio che si comportino di nuovo male con te.»
«Non succederà.»
Papà non conosce nemmeno la metà della storia. Solo mamma sa la versione integrale. Per questo lei sarebbe in grado di capirmi sul serio.
«Se dovessero dirti qualcosa, parlane con me.»
«A che scopo?»
«Non lo so. Magari sfogarti potrebbe aiutarti. Tenerti tutto dentro di sicuro non aiuta.»
«Non ho bisogno del tuo aiuto.»
«Sono pur sempre tuo padre.»
«Sì, quando ti conviene.»
«Così sei ingiusta.»
Scatto in piedi. Le mani in avanti per imporgli il silenzio.
«Mi hai chiesto come sia andato il mio primo giorno di scuola e ti ho risposto. Ti ho detto che ho incrociato Isabelle e Connor, ma questo non era un momento confidenziale, non ho bisogno che tu estrai un fazzoletto dalla tasca dei tuoi orribili pantaloni fuori moda o mi riempia di pacche sulle spalle» dico. Anzi forse sto quasi urlando. «Non ho nessuna intenzione di venire a confidarmi con te. Mai. Fattene una ragione.»
«Cercavo solo di essere...»
Non lo lascio nemmeno finire di parlare. «Non sei la mamma. Non mi conosci. Sono quattro anni che sei uscito dalle nostre vite e non ci rientrerai solamente perché siamo costretti alla convivenza forzata per sei mesi. Forse solo un miracolo potrebbe aiutarti. Conto sul calendario i giorni che mancano a quando la mamma si presenterà a quella porta e mi porterà via.»
Esco dalla stanza senza dargli il tempo di replicare.
![](https://img.wattpad.com/cover/44788719-288-k604016.jpg)
STAI LEGGENDO
AGAIN (1)
Teen Fiction!!QUESTO LIBRO è GIà DISPONIBILE NELLE LIBRERIE E SU AMAZON IN CARTACEO E DIGITALE!! Quando la madre si trasferisce in Cina per lavoro, Rachel, diciassette anni, è costretta a tornare a vivere nel paese della sua infanzia con il padre, che non vede...