Again _ 6.1

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«Ciao» mi saluta Connor lunedì mattina, appoggiato al mio armadietto.

Sento montare il nervoso non appena i miei occhi incrociano i suoi. Poi abbasso lo sguardo per la vergogna, non riesco a non pensare alle parole di Camille.

«Spostati, devo prendere i libri» gli dico brusca.

Che cosa vuole ancora? Sbattermi in faccia la sua vittoria, forse? Vuole deridermi pubblicamente? Magari mi ringrazierà per avergli fatto vincere la scommessa!

«Come sei acida» ribatte con un sorriso sghembo.

Chiudo l'anta con forza. «Mi prendi in giro?»

«Perché dovrei?»

«Non lo so, dimmelo tu.»

«Non ti ho vista alla festa.»

Ecco, ci siamo. È questo che vuole? Okay, facciamola finita.

«Oh, ma io ho visto te. E pure bene.» Mi incammino verso la classe e lui mi segue. «Eri con Isabelle e sembravate intenzionati a riprodurvi» continuo.

«Sì, be' a volte succede quando sei un po' ubriaco. L'alcol, la musica, le belle ragazze» ammicca. «Il mio testosterone funziona piuttosto bene.»

Mi fermo di colpo e lui mi viene addosso. Mi giro e lo guardo un secondo in quei suoi splendidi occhi scuri. Mi fa impazzire, non riesco a stargli dietro. Ogni volta cambia atteggiamento: adesso mi ha aspettata addirittura all'armadietto. Perché? Perché è uno stronzo, Rachel! Non hai sentito Camille? Una scommessa! Una stupida scommessa per ridere ancora di te.

«Testosterone?» ripeto sforzandomi di non alzare troppo la voce.

«Non è colpa mia se piaccio alle ragazze, Anderson. Anzi a volte è faticoso dover gestire la folla. Comunque non ricordo granché bene i dettagli della festa, mi dispiace.»

Se sta recitando è davvero molto bravo. Chissà se dentro di sé sapeva che avrei abboccato, o se ha avuto il dubbio anche solo per un istante.

«Ti ho invitato alla festa di Camille come ho fatto con un sacco di altra gente, eri convinta che ti avrei aspettata sulla soglia con il batticuore?»

«Non volevo niente del genere!» esclamo. Sento una vampata di calore diffondersi ovunque e spero di non arrossire davanti a lui.

«Ho capito» afferma a un tratto con un ghigno. «Credevi fosse un appuntamento? Bastava dirlo, Anderson, che non vedevi l'ora di uscire con me.»

Le sue parole mi colpiscono come una frustata.

«Il mio era un invito. Punto. Se poi tu ci hai ricamato su è un problema tuo.»

Il suo tono è duro, forse più del necessario, sembra arrabbiato e non mi capacito del motivo. Insomma dovrebbe essere contento, no? Ha ottenuto ciò che voleva. Isabelle ha avuto la sua conferma. Adesso saranno entrambi convinti che una parte di me è attratta da lui.

«Possibile che riesci sempre a farmi sentire sbagliata?» sbotto all'improvviso. «Sii sincero, ti diverti?» Riprendo a camminare senza aspettare la sua risposta.

Connor mi raggiunge con due falcate. «Fidati, Anderson, sei tutto meno che sbagliata.»

Mi blocco e lo osservo negli occhi, senza capire. 

«Ti rivedo dopo quattro anni e, ammettiamolo, sei uno schianto! E non dirmi che non te ne sei accorta. Il tuo arrivo non è di certo passato inosservato. Anche se vuoi fare la finta tonta.»

«La finta tonta? Guarda che io non sono Isabelle. Le mie priorità sono altre, non trascorro il mio tempo a sbattere le ciglia agli scimmioni come te» balbetto.

All'improvviso mi afferra per un braccio e mi trascina in un'aula vuota. Il mio cuore accelera i battiti, mentre lui mi fissa, pericolosamente vicino.

«È solo che io non credevo...» si lascia sfuggire. «Niente, lascia perdere.» Si passa una mano nei capelli, a disagio. 

«Lasciare perdere cosa?»

«Era solo una stupida festa! Solo una stupida dannatissima festa!» esclama.

Nella sua voce percepisco un velo di frustrazione e per un folle momento mi sfiora l'idea che lui abbia accettato la scommessa perché era sicuro che non avrei abboccato. No! Basta giustificare il carnefice, Rachel.

Stringo i pugni e gli occhi mi diventano fessure. «Forse per te era solo una dannatissima festa!» sibilo, nonostante abbia voglia di urlare. «Sono arrivata da poco eppure in questa maledetta scuola non è cambiato un accidenti! Sei ancora lo stesso coglione di un tempo, Connor Brown!»

«E tu la solita ingenua ragazzina» ghigna lui.

«Sì, hai ragione» annuisco, cogliendolo di sorpresa. «Ma questa volta la ragazzina vi darà del filo da torcere» continuo. «Di' pure a Isabelle che avrà pure vinto la scommessa, se la cosa è fonte di gioia per lei, ma anche che ha ancora bisogno di me per essere qualcuno. Ha ancora bisogno di Rachel Anderson e questo fa di lei una perdente!»

«Tu non capisci» prova a interrompermi.

«Non devo capire niente, perché non voglio avere nulla a che fare con te!» Gli punto contro l'indice e glielo batto sul petto. «Non sarà come l'ultima volta.»

«Era un gioco» balbetta. «Uno gioco cretino. Ho pensato di assecondare Isabelle, lo sai meglio di me di cosa è capace. Continui a ripetere che non la vuoi intorno, immaginavo che questa fosse l'occasione giusta! Ero convinto di agire bene. Non avrei mai pensato che ti saresti presentata. Sei venuta solo perché ti ci ha trascinata quella tizia strana con cui vai in giro, vero?»

«Si chiama Sanne» preciso ignorando la sua domanda. 

«Anche Logan era d'accordo. Ha capito benissimo la mia decisione. Lo avrebbe fatto anche lui.»

«Logan?» domando presa alla sprovvista.

«Sì. Eravamo tutti insieme alla caffetteria, stavamo organizzando la festa e Isabelle è saltata fuori con questa storia. Se mi fossi rifiutato che figura avrei fatto davanti agli altri? Non mi metterò a difenderti, sei capace di farlo da sola.» 

«Logan» ripeto.

«Devo andare» mormoro.

Apro la porta dell'aula ed esco, lasciandolo lì, mentre le nostre parole continuano a volteggiare nell'aria.

AGAIN (1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora