AGAIN _ 12.3

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«Sì, papà, stiamo tornando» dico al telefono.

Il sole è già tramontato e noi stiamo percorrendo l'ultimo tratto di strada prima della nostra anonima cittadina.

«È preoccupato?» mi chiede Connor.

«Non più del solito. Niente che si possa raccontare davanti a una tazza di caffè.»

«Per sicurezza ti faccio scendere un isolato prima.»

Scoppiamo a ridere.

«Mi sono divertita.»

«Lo scopo era quello.»

«E grazie anche per i nuovi ricordi» aggiungo.

Lui sorride e mi poggia una mano sul ginocchio. È stata una giornata perfetta e vorrei che questo viaggio non finisse mai. Mi abbandono con la schiena contro il sedile, completamente rilassata a guardare la strada che scorre di fianco a noi, quasi mi addormento. Poi un bagliore alle nostre spalle mi fa voltare.

«Che succede?» domando a Connor.

«Un idiota. Mi sta sfidando.»

«Che vuol dire?»

Noto che la macchina dietro di noi ci sta attaccata.

«Ma non lo sa che ci sono le distanza di sicurezza? Prova a frenare all'improvviso, vedrai che lo capisce» suggerisco.

«Tranquilla. Lo sistemo in un altro modo» afferma lui guardando nello specchietto retrovisore.

Con un rombo e un'accelerata la macchina sconosciuta effettua un sorpasso e ci si piazza davanti, rallentando di colpo fino ad andare quasi a passo d'uomo. Connor ride.

«Lo conosci?» chiedo.

«No, Anderson, non è questo il punto» risponde lui divertito.

Connor scala la marcia e tenta di sorpassare, mandando la macchina su di giri. Un istante dopo l'auto davanti improvvisamente accelera e ci impedisce la manovra.

«Posso sapere che cosa ci trovi di divertente? Quello è un incosciente e non intendo fare un incidente in auto per colpa sua.»

«Non ci sarà nessun incidente» dice Connor senza guardarmi. «Non ti è mai capitata una sfida?»

«Una sfida? Che sfida? Quando si guida non ci si sfida, si rispetta il codice e si cerca di arrivare a destinazione sani e salvi.»

«Allora, piccola, ti mostro come si fa!»

«Cosa? Io non voglio vedere niente!» esclamo.

Ma è troppo tardi.

Connor scala di nuovo le marce per tentare l'ennesimo sorpasso e spinge l'auto a tutta velocità. L'altra macchina fa altrettanto, impedendoci ancora di sorpassare, ma Connor incurante del pericolo continua la sua manovra finché ci affianchiamo allo sconosciuto nella corsia opposta. Io sono inchiodata al sedile, le mani stringono la pelle morbida e gli occhi sono incollati al parabrezza nel terrore di vedere arrivare un'auto.

«Connor rallenta!» balbetto.

Ma lui non dà segno di sentirmi.

Schiaccia ancora più a fondo l'acceleratore e riesce a superare la macchina e a tagliarle la strada. Il tizio è costretto a una frenata che lo inchioda parecchi metri dietro di noi.

«Con chi pensi di aver a che fare?» urla Connor guardando nello specchietto e battendo le mani sul volante euforico. 

Io ho il cuore in gola e tremo.

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