33.

3.2K 204 23
                                    

Capitolo trentatre

Per tutto il tragitto dagli studio all'hotel tra me e Michele regnava il silenzio. Aveva insistito per allontanarsi il più possibile da Federica e da Andreas, ed in quel momento mi ero sentita come lui. Non sopportavo più la presenza di lei e l'assenza di lui. Quella situazione era diventata scomoda anche per me.

«Avanti parla.»Lo incitai,chiudendomi la porta alle spalle.

«Jen,ti ho baciato io.»Borbottò grattandosi la nuca,visibilmente paonazzo ed imbarazzato.

Non proferì parola, lo guardai diritto negli occhi e lo invitai a continuare,sapevo che dietro  questo gesto si celava una finta ricrescita e labbra rifatte.

«Federica ha detto ad Andreas che tra di noi c'è qualcosa e che ci vedevamo spesso di nascosto.» Mi spiegò a testa bassa.

«E tu perché cazzo non hai fatto o detto qualcosa Michele?» Urlai in preda all'angoscia.

«Jen non posso,l'avrebbe detto a Martina,e le cose tra noi già vanno male.»

«Ma io voglio capire tu perché cazzo mi hai baciato?»Gesticolai, colpendogli il petto con il pugno.

«Credo di provare qualcosa per te.»Mi urlò in faccia,bloccandomi i polsi e spingendomi contro il suo petto.«Era l'unico modo per tastare i miei sentimenti.»

«Hai distrutto i miei di sentimenti.»Mi allontanai, lasciando che una lacrima fugace mi rigasse la guancia.«Io non so che fare.»

Mi sedetti sul letto,portandomi le mani in faccia e lui,cautamente,si poggiò di fianco a me avvolgendomi le spalle con un braccio.«Tutto si risolverà.»

«No,niente si risolverà per me.Martina non sa niente di questa storia,Andreas invece ci ha sorpreso e mi detesta .»Gli dissi con la voce rotta dai singhiozzi.

«Se ha mollato così Jen,vuol dire che a lui non interessi davvero.»Mi fece notare, accarezzandomi il mento per farmi alzare la testa.«Meriti di più.»

Sospirai frustata e mi rintanai tra le sue braccia che mi avvolsero dolcemente. Portai le mani dietro il suo collo e iniziai a piangere contro il suo petto.Non sapevo cosa-forse l'amara verità dei fatti-mi portasse a pensare che Michele aveva ragione: 'In amore si cerca sempre di trovare una ragione in più per restare'

«Ora come mi comporto?» Gli chiesi, asciugandomi il mascara colato con le maniche della felpa.

«Tu fa finta di niente,questa è una cosa nostra Jen,d'accordo?»Mi chiese speranzoso,ed io annuì titubante.

«D'accordo.»Sussurrai,ad un centimetro dalle sue labbra.L'istinto prese il sopravvento e così poggiai delicatamente le mie labbra sulle sue in un bacio casto.

Mi allontanai subito dopo e Michele, ancora ad occhi chiusi,mi sorrise.Un sorriso rincuorante,che fece scioglie, per un breve momento,il ghiaccio che avvolgeva il mio cuore.

«Grazie.»Mi sussurrò,aprendo gli occhi.Non gli chiesi neanche il perché di quel ringraziamento ed andai via.
Non mi ero pentita di quel gesto,volevo solo che,almeno questo bacio, rimanesse nascosto nell'oscurità. Tra me e lui.

**
Guardai il mio corpo avvolto nell'asciugamano bianco e numerosi brividi mi solleticarono la pelle nuda.
Non mi piacevo più. Il mio corpo stava scomparendo, la mia pelle era più pallida del solito e quell'immagine riflessa mi apparve così sconosciuta che spostai lo sguardo riluttante.

«Dovresti vestirti,ti prenderai un accidente.» Mi richiamò una voce mascolina, facendomi sobbalzare.

«Andreas,cosa vuoi?»Chiesi, voltandomi verso di lui, appoggiato con un braccio vicino lo stipite della porta.

«Non riesco a starti lontano.»Parlò, alzando di poco la voce.

Non mi sciolsi alle sue parole e nessun tremolio mi attraversò il corpo. Ma la voglia di baciarlo mi sovrastò, era più forte di me, mi aggrappai a tutta la forza interiore che possedevo per sembrare impassibile.

«Fallo Andreas,io non voglio più saperne di te.»Gli dissi dandogli le spalle, le parole di Michele erano state peggio delle lame.

«Ti dispiacerebbe andare via?Dovrei vestirmi.»Gli chiesi,aprendo l'anta dell'armadio.

Sentì il suono della porta chiusa e mi voltai per controllare se realmente fosse andato via.E, per mia sorpresa, lui era lì: lo sguardo rivolto verso di me,la sigaretta tra le dita affilate e un cappello nero in testa che lasciava trasparire qualche ciocca ribelle del suo ciuffo.

«Io non vado via finché non mi dici che hai.»Borbottò,sedendosi sulla sedia girevole vicino la scrivania.

«Io non ho niente.»Dissi,senza aggiungere che non avendo lui,io non avevo letteralmente niente.

«Ti ho visto entrare in stanza con Michele oggi.»Parlò e mi sembrò quasi un rimprovero.

«Ah,ci hai seguito?»Gli chiesi con non-calanche,cercando di nascondere lo stupore.

«Mi sembrava il minimo,dopo la vostra scappatella della scorsa volta.»Ricordò amaramente e strinsi il vestito che avevo tra le mani.

«Non sapevo che fosse lui fino ad oggi.» Gli ricordai,ancora,pur sapendo che non mi avrebbe creduto.«Ma tu giustamente credi a Federica.»

Lo lasciai lì solo nella stanza e mi diressi in bagno,dove velocemente infilai l'intimo in pizzo nero ed un jeans chiaro con la felpa bianca della Coco Chanel.Usci fuori e vidi che era nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato poco prima:la schiena retta e le braccia contro i braccioli in pelle.

«Credo che dovremmo andare,ci staranno cercando.» Proposi, infilandomi le Stan Smith.

I ragazzi avevano deciso di organizzare una cena tutti insieme, prorpio come ai vecchi tempi. Mi spruzzai un po' di profumo, presi la borsetta e le sigarette e mi avvicina alla porta.

.«Per me lui non è niente, semplicemente lui non è te.» Sibilai, voltandomi verso di lui.

«Mi stai forse adulando?»Scherzò, avvicinandosi a me.

«Sei lunatico» Dissi, lasciandomi scappare un sorriso.

Le sue mani mi cinsero il bacino e mi attirarono al suo petto.Ci ritrovammo a pochi centimetri di distanza e il mio cuore, inevitabilmente,accelerò i battiti. Non sarei mai riuscita a spiegargli a parole l'effetto che mi provocano le sue mani su di me, il batticuore che mi devasta ogni volta che lo vedo passare da lontano. Non sarei mai stata capace di spiegargli il fremito nell'anima che mi prende ogni volta che lui è accanto a me.

«Tutto ciò che ho ti ho detto quella sera all'Operà era vero.Io sono totalmente ed incondizionatamente innamorato di te,Jen.»Dichiarò, poggiando la testa tra l'incavo del mio collo.

«Non ti credo»Parlai ad occhi lucidi, allontanandomi dalla sua presa.

Lui mi guardò afflitto e parlò incerto.«Ho sbagliato, lo ammetto. Ho sbagliato a credere a lei, ma io Jen sono dannatamente geloso. Non sopporto l'idea che qualcuno ti possa toccare ma non voglio che sulla tua pelle ci siano cicatrici col mio nome,al massimo carezze.
Cercherò di riconquistare la tua fiducia, io non voglio perderti.»

Una lacrima rigò la mia guancia. Succede così. Quando salvi qualcuno una volta, cominci a pensare che potresti salvarlo sempre. Pensi che magari sei tu la persona che lui stava cercando e pensi che lui sia la tua missione, lo scopo della tua vita. Avevo bisogno di sapere come sarebbe andata a finire.

Romeo •Andreas Muller•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora