5.

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Capitolo cinque

Scostai riluttante le coperte dal mio corpo,e mi alzai stiracchiandomi. Corsi ad aprire la tendina, permettendo l'accesso ai raggi del sole. Senti mugolare in segno di disapprovazione Chiara, e sgattaiolai velocemente fuori per fumarmi una sigaretta.
La prima sigaretta della giornata era una sensazione di appagamento.

Sul balcone opposto notai Lele discutere animatamente al cellulare.Mi sedetti sul muretto, e appena ebbe staccato il cellulare ne approfittai per salutarlo:

«Buongiorno Lele.» Dissi sorridendo.

«Giorno riccioli d'oro.»Mi sorrise,con quell'aria da bravo ragazzo che tanto adoravo.

«Successo qualcosa?» Domandai, buttando fuori lentamente il fumo.

«È così frustante non riuscire a provare più nulla per una persona che fino a poco tempo fa era il centro del tuo vivere.»Sputò fuori, passandosi una mano tra i capelli non pettinati.

«Lele,alle volte ti trovi davanti situazioni spiacevoli che di certo non ti sei creato tu,ma che sicuramente cambieranno la tua vita.»

«Ho la tendenza a mettere gli altri prima di me.» Mi disse,sconcertato.

Abbozzai un sorriso, annuendo, era la stessa cosa che facevo anche io.«Non quando riguarda l'amore,in quel caso devi essere egoista e pensare a te e a ciò che provi.»

«Ci proverò,ora va a vestirti,altrimenti tarderai.»Mi sorrise dolcemente.

Gettai la sigaretta ed entrai dentro, notando Chiara e Benedetta già in piedi.Diedi il buongiorno ad entrambe e mi fiondai sotto la doccia.Uscì poco dopo, avvolgendo il mio corpo in un asciugamano pulito.Andai in camera e dopo essermi asciugata infilai il leggins e la canotta bordeaux-la mia divisa-e una felpa lunga e larga grigia dell'Obey.Infilai le all star bianche a collo basso e preparai tutto l'occorrente per le lezioni.

Impiegai i restanti minuti per legare i miei capelli in una lunga treccia a spiga di pesce e passai al trucco: eye-liner e mascara. Mi assicurai di aver con me il caricabatterie e le cuffie e subito dopo corsi giù.

«Buongiorno a tutti.»Dissi ai ragazzi, addentando frettolosamente una brioche ai mirtilli.

Ricambiarono tutti il mio buongiorno e poi proseguirono con la loro colazione.
Andreas si soffermò a guardarmi, e io ricambiai quel contatto visivo.Aveva un volto complice,un volto amico, mi trasmetteva terrore e fiducia nello stesso tempo.

Distolsi lo sguardo e lo vidi abbassare il capo.Chiesi ad Alessio di mettermi un po' di caffè,e lo sentì borbottare: «Devo darle il decaffeinato?»

«Credo proprio di sì.»Disse Cristiano, divertito.

Portai le braccia al petto, imbronciandomi, quando sentì una mano scompigliarmi i capelli, mi voltai e vidi Muller raggiante e fresco di dopobarba.«Buongiorno piccolina.»Sussurrò al mio orecchio,avvolgendomi con un braccio il bacino.

«A te Muller.»Bisbigliai, lasciando un tenero bacio sulla sua guancia.

Rimanemmo così per pochi secondi: lui avvinghiato a me e io contro il suo petto, sotto gli occhi dei ragazzi a tavola.
Ero accaldata, con due guanciotte rosse e innumerevoli brividi mi solleticavano la pelle.
Ci staccammo appena Alessio mi porse il decaffeinato,gli accarezzai la mano che mi stringeva, lasciandolo andare.Chiara e Lele mi rivolsero un occhiata maliziosa, e dovetti reprimere l'istinto di mandarli a quel paese.

Bevvi tutto d'un sorso, semplicemente perché non mi piaceva essere oggetto di discussioni,mi sentivo troppi occhi addosso. Annunciai che sarei andata a riscaldarmi salutando tutti, però prima di andare scompigliai il ciuffo ordinato di Andreas.

**

Infilai le cuffie,dalle quali partì Take your time, mi posizionai alla sbarra, iniziando a fare degli esercizi basilari.
C'eravamo io e Arianna in quella stanza, ma mi sembrò di esser sola, una parte di me voleva capire perché gli ero così antipatica, mi conosceva neanche, l'altra invece mi urlava di fregarmene e continuare a a ballare. Non era mica scritto su carta che chi intraprende questo percorso deve piacersi per forza.

Decisi di non pensarci,di non rimuginarci su ancora, e avanzai verso il centro, dove iniziai ad eseguire gli stessi esercizi della sbarra, aggiungendo però qualche piroette e cambré, per stiracchiare bene la schiena.
Un tonfo distrasse i miei pensieri, tolsi le cuffie e vidi Arianna a terra, intenta a massaggiarsi un ginocchio.

«Stai bene?» Chiesi,dubbiosa, inginocchiandomi accanto a lei.

«Come se ti importasse.» Mi rispose scorbutica, lasciandomi allibita.Si alzò,sbattendomi quasi contro lo specchio e corse via, come una pazza scalmanata.

I ragazzi erano sul ciglio della porta che seguivano con lo sguardo Arianna in lacrime, quando poi i loro occhi si posarono su di me alzai le spalle, rialzandomi dal pavimento freddo.

«Ma che le hai fatto,perché piange?» Domandò furioso Emanuele, scagliandosi verso di me.

Gabriele lo bloccò per un braccio, rivolgendogli un occhiata minatoria.«manu.»

«Niente,l'ho trovata già a terra.» Mi difesi, poi il suo sguardo iniziò a darmi fastidio, a intimorirmi.«E calma i toni.»

«Altrimenti che fai?»Si avvicinò a me, spavaldamente.

Stavo per controbattere quando piombarono in sala Marcello e Stefano.

«Cosa succede qui?»Sbraitò Marcello, posando lo sguardo su me e Emanuele, che aveva assunto un aria da cane bastonato. Vigliacco.

«Succede che dovreste inserire nel menù della colazione la camomilla.» Sbraitai arrabbiata, maledicendomi per ver provato ad aiutarla.

«O forse dovreste evitare di far entrare mezze-donne che non sanno neanche com'è fatta la vita.» Disse a sua volta lui.

Strinsi i pugni, ma cosa ne sapeva lui di tutto ciò che avevo vissuto?. Di tutte le volte in cui avevo immaginato di non farcela ed avevo preparato la valigia, se solo sapesse della malattia,degli ospedali,delle tac.I miei occhi si riempirono di lacrime, ma tacqui.Non volevo essere di nuovo vista in quelle vesti,ero qui per studiare.

«Calmatevi entrambi.»Urlò Stefano, facendo segno di sederci.«Siamo qui per le assegnazioni.» Disse,iniziando a sfogliare le scartoffie che avevano in mano.

Mi sedetti tra Benedetta e Michele, che sorridevano giusto per non indurmi a piangere. Non sopportavo l'idea di dover dare spiegazioni sulla mia vita per non essere vista come una figlia di papà solo perché mi ero presa un posto che avevo guadagnato con le mie forze.

Stefano blaterava sulle assegnazioni di Gabriele quando Andreas si avvicinò a me,poggiando testa sulla mia spalla. Mi chiesi il perché di tutto quell'affetto. Sta di fatto che non lo spostai,né tanto meno replicai, e mi chiesi come facesse il cuore a stare così comodo.

«Profumi di vaniglia.»Sussurrò ad un centimetro dal mio collo.

Sorrisi,accarezzandogli la guancia.«Anche tu hai un buon profumo.»

Alzò il capo e mi strizzò l'occhio, facendomi scappare un gridolino di approvazione. Quando Andreas mi era vicino, indipendentemente dal clima, era sempre una bella giornata. Aveva già ricevuto le sue assegnazioni, così uscì, lasciandomi li sola a contemplarlo mentre, distratto, raggiungeva l'uscita.

«Jen.»Mi richiamò Stefano, in modo che lo guardassi.«Tu avrai un assolo del maestro Kledi, un passo a quattro della Peparini e una comparata con Benedetta del maestro Garrison.» Sorrise.

Annuì estasiata,e rivolsi subito uno sguardo a Benedetta, che fingeva di essere superiore.«Non ci sono paragoni.» Urlò,quando fummo soli. Scoppiai a ridere,seguendola nella sala quattro per la lezione con la Titova.

Romeo •Andreas Muller•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora