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Capitolo quarantotto

Jenny quella mattina si era alzata alla buon ora, aveva preparato le sue quattro cose e gli aveva scritto un messaggio, come da promesso, del buongiorno. Nessuna grande citazione, nessun grande pensiero, voleva solo fargli capire che, comunque sarebbe andata a finire, lei le sue promesse se le sarebbe portate nella tomba.

Era un tipo cosi, un pò cocciuta, un pò lunatica, responsabile. Credeva in tutto cio che faceva,diceva, ballava o cantava sotto la doccia.Era stata la danza a formarla cosi, a non mollare, a rispettare il 'Mi fermo dopo dieci flessioni'; Era stato questo a darle grinta, forza, capacità, tenacia. Questo (insieme alla malattia), le aveva dato il privilegio di concedere sempre un domani, una seconda opportunità.

Dopo essersi vestita aveva scritto anche un messaggio al suo tassista personale , Fabrizio il marito di Veronica, ed aveva lasciato il cellulare in carica, per non arrivare impreparata, perché a) Non aveva idea di dove vivesse b) doveva pur sfogarsi con qualcuno nell'ora di viaggio. Aveva dormito poco, se non niente e le borse sotto agli occhi, se pur coperti dal suo immancabile correttore, erano ben evidenti.

Stava per scendere giu, e partire, quando la porta bussò, un tonfo pesante, che la fece sussultare.«Jen, sono io, apri ti prego.»

Quella voce l'avrebbe riconosciuta tra mille, diecimila. Era quella di Andreas, inconfondibile, penetrate. Si diresse a piccoli passi contro la porta, poggiò la mano contro e tentennò prima di aprirla: girò la maniglia e si bloccò, non era certa di volerlo vedere, anche se moriva dalla voglia di toccarlo, stringerlo, baciarlo.
Ma il suo unico discorso per convincerlo a tornare si era dissolto nell'aria, e con esso ogni forma di approccio. Così non aprì,e scivolò lungo lo stipite della porta, pensierosa, tormentata da tutto.

«Sono un coglione, lo so.»Iniziò a dire Andreas, sicuro che dall'altra parte della porta lei ci fosse. «Ho abbandonato tutto cosi, senza neanche chiderti un consiglio, senza neanche domandarti tu al posto mio che avresti fatto. Dovevo dargli la soddisfazione di non cadere, e vedere come avrebbero reagito. Ma sono stato troppo egoista ed ho pensato solo a me. Non riuscivo a capacitarmi del perché quello di mira dovevo essere sempre io, perché la salita piu difficile doveva essere sempre la mia.»

Jenny ascoltò, ma non parlò, anche se i suoi occhi iniziavano gia a bruciargli e minacciare di scoppiare.Si chiese se fosse mai riuscita a fingere che la bravata della caviglia fosse stato frutto della sua immaginazione, e che lui non fosse mai realmente andato via.

«So cosa hai fatto per me, o per lo meno ho scoperto ora la verità. Ieri mi si è crollato un mondo, non sapevo come capacitarmi, mi sentivo colpevole di tutto. Ho preso il primo treno e sono corso da te, non alla registrazione, Jenny da te. Mi sento un fallito, un perdente solo perché non ho saputo tenerti al mio fianco.» Parlò tutto d'un fiato, lui.

Andreas a momenti avrebbe sbattuto la porta a terra, pur di sentirla, di sapere se avesse mai potuto perdonarlo. Al suo arrivo Alessio e Michele lo avevano aspettato alla stazione e gli avevano raccontato tutto, di come fosse riuscita a rovinare la registrazione, di come Veronica abbia convinto il medico a falsificare il certificato. Gli avevano elencato tutto, tranne cosa lei pensasse di lui, anche se in cuor suo ci era gia arrivato.

«Mi avevi detto che in caso di male avresti costruito una casa di lego, e insieme l'avremmo buttata giu.»Raccontò lei, ricordandosi di quando avevano ascoltato insieme Lego House, quella sera.

«Era complicato questa volta.»

«No, non lo era.Hai pensato a scrivermi una lettera, piuttosto che correre qui dopo la registrazione per raccontarmi tutto.Tu eri il mio punto di riferimento, ma hai saputo solo andare via in questi mesi, dopo la questione bacio o non bacio di Michele, ed ora.Tu ci godi nell'andare via.» Parlò piano, anche se era in procinto di urlare a squarciagola.«Tu per me non vali niente più.»

Quelle parole erano stato come un pugno in petto per Andreas, peggio di una rissa al bar ed una costola rotta.«Ne sei sicura?.» Non era sicuro che lo pensasse davvero, la conosceva troppo bene.

"No,non lo sono. Solo che mi hai fatto tanto male,troppo male per poterlo conservare in cassaforte.Ma ho apprezzato il fatto che dopo ogni andata ci sia stato sempre un ritorno, credimi, più per te che per noi.Hai dimostrato quanto ci tieni a ciò che fai, ma quanto meno ci tieni a me." Avrebbe voluto dire, ma si ritrasse, voleva che lui continuasse la sua corsa, la sua vita, senza pesi sulle spalle.«Ne sono sicura, puoi andare ora.»

«Io non me ne vado da qui, finché non apri questa cazzo di porta, Jenny.»Urlò, battendo contro, più e più volte.«Ho sbagliato,ti sto chiedendo scusa.Se ci fosse un altro modo per farmi perdonare,credimi lo userei. Non mi vuoi più vedere, lo capisco, ma dimmelo guardandomi negli occhi.»

«Andreas tra qualche ora c'è la registrazione, vai li.»Disse, mantenedosi calma, per non rischiare di piangere e buttare giù tutto l'orgoglio che si era messo da parte.« Io non apro la porta, non decidi tu per me.»

«Tu non ci sarai alla registrazione?» Chiese titubante, calmo per quanto la rabbia glielo permettesse.

«No, non ci sarò.» Non potrà esserci, e anche se ne avrebbe avuto l'occasione, non ci sarebbe andata ugualmente.

«Jen tu devi esserci, nella lista dei pezzi che mi dovranno chiedere, se me li chiederanno,ci sarà i nostro passo a due.»Supplicò, anche se della coreografia al momento non gli fregava niente, assolutamente niente.

«Mi dispiace Andreas, cambia la scaletta, io non vengo. E ti consiglio di andare, di non perdere altro tempo, tanto qui non concluderai niente.» Quelle parole fecero più male a lei che a lui, ad essere sinceri.

Andreas sospirò, un respiro profondo per non impazzire.« Se finisce oggi bene, se vado avanti bene, se finisce quando alzo la coppa bene, io voglio solo sapere com finisce. Per me non  è stato solo quest'anno, é stato anche lo scorso anno e sarà anche quello successivo se oggi abbandono così»

«Perché mi stai dicendo questo?» Chiese lei confusa.

Ma Andreas era troppo occupato a scrivere qualcosa su un biglietto per poterla rispondere subito.« Per giustificarmi, farti capire che se adesso mollo con te, non è per la popolarità. Che poi mollare no, ti sto solo lasciando vivere e decidere la tua vita.»

«Anche io.» Sussurrò lei, ma Andreas era già lontano, ed un foglietto era scivolato dalla porta:

"Non so a te ma a me capita spesso, di sentirmi malinconico e vulnerabile senza un motivo esatto.
Seguo l'istinto ma non ho il coraggio, di venirti a dire ciò che penso:Che se noi non stiamo insieme è solo colpa mia!"

Romeo •Andreas Muller•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora