41 pt.one

2.7K 202 21
                                    

Capitolo quarantuno-Parte uno

Ero appena uscita sfinita dalla lezione con Kledi,la coreografia assegnata a Gabriele era molto toccante,magari dovuta alla canzone-Hurt Christina Aguilera-o semplicemente alla trama:lui e Marcello rappresentavo un padre ed un figlio che,per disguidi famigliari,non si rivolgevano più la parola.Dopo un po' il padre muore ed io personificavo i suoi sentimenti,che,opponendosi alla ragione,lo spingevano dal padre.Questa era,più che un misera coreografia,un modo per insegnare una grande lezione: "goditi i tuoi cari finché a dividervi ci sono solo dei kilometri."

Infilai la felpa dei Nirvana ed uscì fuori,con il pacchetto di sigarette ed il cellulare tra le mani.Mi soffermai sull'uscio della porta e mi portai alla bocca la nicotina,i miei lunghi capelli erano smossi dalla leggera brezza pomeridiana.Controllai l'ora e come sempre venni distratta dalle innumerevoli notifiche che imponevano sul mio blocco-schermo: la maggioranza erano tutte su Instagram,alcune su Facebook ed un'altra che mi avvisava di un messaggio.Lo apri,credendo fosse di uno dei ragazzi,ma lessi una notizia che mi gelò il sangue nelle vene:

Christian è a Roma,cercalo.
XAmy

Mi portai una mano sulla bocca per lo stupore e frettolosamente digitai il numero di Amy.Lui dov'era?Perché era qui?

«Jenny.»Biascicò,con la voce impastata di sonno,mi dispiacque non aver badato al fuso orario.

Le chiesi il perché del suo arrivo e lei, dopo avermi mandato con molta classe a quel paese,mi spiegò che era qui per uno stage di una settimana da Vogue a Milano,ma che era sceso a Roma per potermi vedere.La salutai dopo poco tempo e mi portai sconcertata una mano sulla nuca,non potevo lasciarlo solo stasera,era qui per me.

Cristian vieni fuori l'Hotel OC,
io sono lì.
XJen

Gettai via la cicca ed entrai dentro, afferrando saldamente il borsone.
Avevo pochi minuti per elaborare una scusa plausibile affinché Andreas non scoprisse della sua presenza.Trattenni le lacrime,mi sentivo una traditrice.

Ancora lui era qui:nella mia testa,nei miei pensieri,nella mia città.Christian era qui,e con lui aveva portato un vento cattivo e malinconico,mi sentivo oppressa ancora.La cosa più dura di tutta questa bugia è che,se ne fosse venuto a conoscenza,Andreas non mi avrebbe più rivolto la parola.

«Ale.»Urlai,per fermare il ragazzo prima che entrasse in sala relax.«Vieni qui.»Abbassai di poco il tono di voce, facendogli segno con la mano di avvicinarsi.

Ale aveva conosciuto Christian,e tra tutti,nonostante l'amicizia che mi legava ad Alessio,era quello di cui mi fidavo di più.Sapevo che mi avrebbe aiutato.

«Jenny,che succede?»Mi chiese, visibilmente preoccupato dal mio volto pallido.«Stai male?»

«Forse!Ale ho bisogno di un favore,ti prego devi aiutarmi.»Lo pregai, lasciando che una lacrima mi rigasse la guancia,facendo fallire il mio misero piano di mostrarmi forte.

«Cazzo Jenny William,parla.»

«Christian è qui,solo per stasera.Devi inventarti una scusa con Andreas,cerca di non far trapelare niente.Devi aiutarmi.»

«Che casino,madonna,non fare cazzate Jen.Voglio bene a Christian,ma ancor di più sto imparando a voler bene ad Andreas.»Mi disse seriamente,ed io annuì.«Ti copro le spalle,ora vai.»

**
Erano ormai le sette di sera e dopo due Cosmopolitan e altrettante sigarette,mi sentivo ancor più in colpa.Andreas mi aveva appena mandato un messaggio:
'Ale mi ha detto della febbre,vorrei essere lì con te :/'

Sorrisi debolmente e poi bloccai il cellulare.Il mio corpo era avvolto in un adorabile vestitino,stretto dal petto all'ombelico e morbido sui fianchi.Mi trovavo in uno dei ristoranti più lussuosi di Roma,e sotto richiesta di Christian ero vestita elegantemente.

I capelli ricadevano ondulati sulla mia schiena e sentivo il ferro del frontino nero torturami le tempie.Mi portai alla bocca l'oliva e,stando attenta a non far scomparire anche il rossetto rosso,la mangiai.Non sapevo perché un lato del mio subconscio desiderasse vederlo, magari dovuto al fatto che fino a pochi mesi fa la sua assenza mi stava uccidendo,magari dovuto al fatto che quando tutto andava male,io avevo lui.

«Pronto?»Dissi,quando il mio cellulare suonò.

«Jenny,sono Ale.»Mi disse,ed io sospirai rilassata,temevo fosse uno dei ragazzi.«Come procede?»

«Ale non ancora arriva.»Borbottai, guardandomi intorno,finché i miei occhi azzurri non si posarono su una figura che sostava sul ciglio della porta con un mazzo di rose tra le mani.

Lui era lì.
La camicia bianca aderente metteva in risalto i suoi pettorali scolpiti,ed i suoi occhi azzurri non erano mai stati più lucenti di così.Aveva i capelli biondi rialzati in un ciuffo ordinato,e al collo la sua immancabile catenina a forma di aeroplano,era quello il suo suo simbolo identificativo.

La comprammo insieme,quel caldo pomeriggio a New York,quando mi disse che desiderava andar via.Entrai nella gioielleria e dopo avere scelta gli scrissi un biglietto: Il passaporto dei tuoi sogni.
Sorrisi nel ricordare il suo volto sprizzante di gioia,non era mai stato amante delle altezze,mai stato amante dei voli ad alta quota;così avevo cercato di regalargli un piccolo viaggio,fatto di certezze,fatto di noi.

«Devo andare.»Biascicai,staccando il telefono.Mi alzai stando attenta a non cadere-per colpa dei miei tacchi vertiginosi-e avanzai verso di lui sorridendo.

Vederlo mi stava portando alla mente ogni attimo,ogni sguardo fugace,ogni colpo al cuore.Lui era ancora un po' qui.Mi bloccai davanti a lui e valutai bene la sua espressione totalmente rilassata.Era un po diverso da Andreas: leggermente più vecchio,con qualche cicatrice incastrata tra il suo immancabile sorriso.

«Christian ciao.»Mi sporsi verso di lui, baciandogli la guancia.

Mi strinse la vita con un braccio e poi ricambiò il bacio.«Jenny,ciao.»

Era inevitabile l'imbarazzo tra noi, ma nonostante tutto cercai di sciogliere quella tensione.«Sono per me?»Chiesi, riferendomi ai fiori.

«Per te.»Me li porse,e ci fu un tocco quasi impercettibile tra le nostre mani.
«Lui è qui?»

«No,siamo soli.»Gli risposi ad occhi bassi,non sopportavo quella situazione.

«Mangiamo?»Mi chiese ancora,ed io annuì,seguendolo fino al tavolo.

Romeo •Andreas Muller•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora