Capitolo 5

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Lenny aveva cinque anni quando accadde il fatto.

Ogni venerdì, i signori Miller andavano a teatro e chiamavano Maggie Doyle come babysitter.

Quella primavera, Maggie voleva andare a Miami per lo spring break con le sue migliori amiche. Suo padre, dapprima contrario, aveva ceduto dicendole che, se proprio ci teneva, avrebbe dovuto guadagnarsi i soldi con qualche lavoretto. Le mancavano soltanto trenta dollari per raggiungere la somma pattuita.

Non fu mai chiaro cosa accadde esattamente quella notte.

Quando i Miller rincasarono, trovarono la casa sottosopra e il piccolo Lenny ferito e privo di conoscenza.

Di Maggie non c'era nessuna traccia.

Fu subito dopo aver chiamato un'ambulanza e la polizia che Joe Miller notò la porta del seminterrato socchiusa ed era lì che giaceva, senza vita, la babysitter.


«È stata accoltellata.» raccontò A.J., «Non hanno mai scoperto chi l'ha uccisa.»

«Lenny non ha visto chi è stato?» domandò Rachel massaggiandosi il collo.

«Sembra che abbia rimosso completamente quello che è successo quella sera. I medici capirono subito che non sarebbe stato più lo stesso. O meglio, sarebbe sempre rimasto così, un bambino di cinque anni.»

«Anche se il suo cervello è rimasto quello di un bambino, Lenny è alto un metro e novanta e peserà più di cento chili.» gli fece notare lei, «Poteva finire male.»

«Ti avevo detto di restare in casa.» ribatté A.J..

Rachel lo fissò stupita, «Non è colpa mia se il tuo amico ha cercato di strangolarmi!»

«Tu l'hai rincorso nel bosco, l'hai spaventato!»

«Non posso credere che tu lo stia difendendo!» alzò la voce, «Credevo che fosse...»

La persona che mi perseguita da tredici anni.

«Un maniaco.» terminò la frase, «Mi dispiace, per tua sorella e per Lenny, ma ora devo andare.» s'incamminò verso l'uscita, «Ci vediamo lunedì.»

«Rachel, aspetta...» ma se n'era già andata.


Fingersi malata non era mai stato così difficile come in quella settimana.

Aveva pulito casa da cima a fondo, letto tre libri, praticato yoga con Yvonne che, da buona amica, aveva rispettato i suoi silenzi.

A.J. le aveva lasciato diversi messaggi in segreteria, ma lei non l'aveva richiamato. Non voleva parlare di quello che era successo né affrontare i ricordi che la vicenda aveva fatto riaffiorare.

Non era mai uscita da casa, nemmeno per andare a correre.

Domenica sera lei e Yvonne avevano ordinato take away indiano. I lividi intorno al collo erano spariti quasi del tutto, l'indomani Rachel sarebbe tornata al lavoro, pronta a fingere che non fosse successo nulla.

«So che è un po' presto per dirlo, in fondo ci conosciamo da poco, ma... John è l'uomo perfetto.» sospirò Yvonne con gli occhi sognanti.

«Nessuno è perfetto.» replicò Rachel, «Anzi, ti consiglio di scoprire subito i suoi peggiori difetti, in modo da capire se vale la pena investire in questa storia oppure no.»

«Okay, ma è solo una piccola cosa.» confessò la coinquilina abbassando il tono di voce, «Ho scoperto che non è davvero vegetariano, però è così carino che potrei anche passarci sopra. In fondo, a chi importa cosa mangia?»

«A te.» obiettò la poliziotta, «Si tratta di fiducia. Ti ha mentito una volta e nessuno ti garantisce che non lo faccia di nuovo.»

«Non ti sembra un po' ipocrita da parte nostra pretendere completa sincerità dagli altri?» le fece notare Yvonne sorseggiando la sua tisana, «Tu sei troppo dura, soprattutto con A

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«Non ti sembra un po' ipocrita da parte nostra pretendere completa sincerità dagli altri?» le fece notare Yvonne sorseggiando la sua tisana, «Tu sei troppo dura, soprattutto con A.J.. Dici di non fidarti di lui ma la verità è che tu non ti fidi di nessuno. Potresti anche abbassare la guardia ogni tanto.»

«Sai cos'è successo l'ultima volta che mi sono fidata ciecamente di un ragazzo. E anche tu dovresti tenerlo bene a mente.»

«Non farlo. Non coinvolgermi nelle tue paranoie.» l'avverti Yvonne, «Gli uomini non sono tutti come Oliver... o come Rob. Sono passati tanti anni, per tutte e due. È ora di guardare avanti.»

Quella notte, Rachel sognò profondi occhi neri che la guardavano colmi d'amore, poi, quegli stessi occhi, che diventavano spietati.


«Buongiorno, raggio di sole.» la salutò Richard quel lunedì mattina.

«Buongiorno.» rispose Rachel non troppo convinta.

«Stai meglio? Se vuoi parlare con qualcuno di quello che è successo con Lenny...»

«Ho solo bisogno di concentrarmi sul lavoro.» lo interruppe lei, «Sull'omicidio di Chloe Horowitz.»

«E allora perché non sei in ospedale?»

«In ospedale?»

«A.J. non te l'ha detto? Il nostro uomo... ha colpito ancora.»

Rachel si maledisse per aver ignorato le sue chiamate, «Ha ucciso un'altra ragazza?»

«Diciamo che l'intenzione era quella, ma, per fortuna, lei è sopravvissuta.» spiegò il detective, «È ancora sotto shock in questo momento, però ci sono buone probabilità che abbia visto chi la ha aggredita. Sto andando lì anch'io, vuoi venire?»

«Certo.»

Mentre si recavano in ospedale, Rachel guardava fuori dal finestrino, forse avrebbe ottenuto finalmente qualche risposta, ma non riusciva a liberarsi della terribile sensazione che qualcuno la stesse osservando. Là fuori, da qualche parte, nell'ombra.

La ragazza dagli occhi di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora