Capitolo LXIII - Bisogno

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Doveva sapere. Doveva parlargli. Doveva scoprire la verità.
Sarebbe stato rischioso. Nuovamente.
Sarebbe stato stupido. Ancora.
Ma non riusciva a credere a ciò che aveva visto.
Lei lo aveva difeso.
Il suo cuore le impediva di credere ad una cosa del genere. Per quanto stupido, impietoso ed infantile Alex era indubbiamente stato, ciò non concerneva affatto la vicenda del blog e nulla giustificava quella violenza a cui Sofia non voleva cedere.
Doveva parlargli.
Benedisse l'evoluzione tecnologica quando prese in prestito il cellulare di Elena. Troppo pericoloso chiamarlo con il suo e rischiare di apparire sullo schermo.
Due suoni poi rispose.
<< Pronto?>>
<< Leo! Sono io! Ti sto chiamando con il telefono della mia compagna di stanza! >>
<< Ma certo professore! Non si preoccupi... >>
<< Leo ma che dici? >>
<< Va bene! Va bene! La chiamerò io tra poco. Non c'è problema... si figuri!>>
<< Ho capito! Non puoi parlare! Ci sentiamo dopo! >>
<< Si! A questo numero! Arrivederci! >>
Circa un quarto d'ora più tardi, l'orrenda suoneria pop anni novanta di Elena si mise a trillare echeggiando per tutto il salotto.
<< Leo! >>
<< Scusami, ero di fronte al rettore! >>
<< Scusami tu! Ho pensato di chiamarti con un numero che non conoscevi! >>
<< Hai fatto benissimo! Sarebbe stato un po' complicato da spiegare la scritta "Amore" sotto la tua foto! >>
<< Io ti amo! >>
<< Ti amo anch'io piccola! >>
<< Senti volevo chiederti una cosa: hai per caso incontrato Alex ieri? >>
<< N... no! Perché? >>
<< Mi è giunta voce abbia avuto un incidente. Ne sai qualcosa? >>
<< Ti giuro sul nostro amore di no! >>
<< Okay. Sono molto più sollevata. Tu come stai? >>
<< Sto come posso stare senza vederti da una settimana! >>
<< Lo so... è difficile per tutti e due! >>
<< Lasciamo passare ancora qualche settimana! >>
<< Si! Va bene! >>
<< Sofy ora scappo! >>
<< Ciao! >>
Aveva giurato. Ora era più tranquilla. Il dubbio che fosse stato lui ad aggredire Alex alle spalle era infamante e gettava serie ombre su Leo.
Ma ora la sua speranza respirava di nuovo. Al punto tale da non contenere più la voglia di vederlo.
Scelse dall'armadio i vestiti più scuri che avesse.
La sera sarebbe presto scesa e l'ultimo spicchio di sole avrebbe smesso di illuminare le cime dei palazzi di Firenze.
Il piano era questo.
Attendere le tenebre. Prendere il primo autobus per Oltrarno e scendere due fermate prima di casa sua. Per sviare i possibili blogger avrebbe fatto un percorso più lungo del normale. Avrebbe citofonato ad un inquilino con la scusa della pubblicità. Lo avrebbe atteso davanti la sua porta, con la trepidante voglia di percepire il suo profumo, pregustando il sapore dei suoi baci e la sicurezza del suo abbraccio.
Ciò che avvenne fu esattamente come prestabilito. L'unica parte complicata fu farsi aprire il portone, conseguenza della diffusa diffidenza insita nelle città a cui non era ancora abituata. Attese finché un'anziana coppia entrò nel medesimo portone dopodiché si sedette sui gradini prospicienti l'appartamento.
Quasi un'ora di snervante attesa. Tempo utile però a discernere tutti i vari elementi della trama.
Soprattutto un punto non tornava: Alex era colui che aveva più diritto, se vogliamo, di vendicarsi di un torto. Perché allora scrivere dettagli tanto imbarazzanti perfino per lui? Che fosse una tecnica di depistaggio? Difficile a dirsi. Si accorse di iniziare a giustificarlo ma le sue parole, di qualche ora prima, erano ferme, convinte e convincenti. Ma allora chi?
<< Ti giuro! >>
Una voce. Apparentemente molto simile a Leo. Sofia si sporse oltre la ringhiera per vedere il fondo alla tromba delle scale.
<< Cioè tu... >>
Non è solo!
Una voce femminile. Entrarono entrambi nell'ascensore.
Forse qualcuno dell'università!
Sofia salì i gradini per fermarsi a metà della rampa di scale successiva. Si accovacciò dietro la ringhiera. Da quel punto riusciva a scorgere solo il battente d'ingresso di casa di Leo.
L'ascensore saliva. Le voci all'interno si facevano sempre più chiare. Una risata. Decisamente femminile.
Le porte scorrevoli si aprirono. Era lui.
<< Come sta? >> chiese Leo ad una donna dai capelli rosso scuro.
<< Lo sai, lui sta sempre bene! >>
Leo cercava nervosamente qualcosa nel gigantesco borsone a tracolla che trasportava. Probabilmente le chiavi.
Lei era alta poco meno di lui ed indossava un elegante tailleur grigio con tacchi bassi.
<< Leo! Ma che ti sei fatto alle nocche?>> disse la donna afferrandogli gentilmente la mano ed accarezzandone il dorso. << Non avrai fatto una rissa?>>
<< È una storia lunga Lara! >>
<< Guarda come ti sei ridotto! Come quella volta in Messico!>>
<< Dovresti vedere i lividi di quell'altro! Comunque, hai portato tutto per la notte? >>
<< Mi dovresti conoscer...>>
La pesante porta blindata si richiuse frantumando le speranze di Sofia sul marmo di quei freddi gradini.

© G.

Angolo dell'autore:
Commentate, se vi va, consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

(Non) il solito amore | Prima StesuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora