Capitolo XXXVIII - Sbornia

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Quella notte Sofia capì il significato dell'espressione "bere per dimenticare". Il suo senso di colpa, sulle prime, le aveva proibito di bere anche solo una goccia di un qualsiasi liquido sperando di morire di stenti e risvegliarsi un quarto d'ora prima quando la sua vita aveva un nome che non era quello urlato.
Ma Elena continuava a spingerle quel bicchiere, mutuato dal contenitore di vetro della crema di nocciole, sotto al naso, facendola rinvenire mano a mano che l'odore le penetrava le narici.
Alla fine, tra un singhiozzo ed un pianto, cedette e si convinse, erroneamente, che non sarebbe più esistita situazione migliore per cercare di dimenticare.
La sapidità delle lacrime si mescolava all'amarezza dei tannini, colte solo impercettibilmente dalle papille gustative sulla punta della lingua.

La mattina seguente, quando i postumi erano massimi e la dignità minima, Sofia comprese sulla sua pelle quanto l'alcol fosse un mero pagliativo di breve durata.
Il suoi ultimi ricordi erano le risate dell'amica quando, in preda ai conati di vomito, Sofia era corsa in bagno per poi, evidentemente, addormentarsi.
La sua guancia aveva assunto la forma dello spigolo della doccia. Distesa sulle mattonelle, tra il water ed il bidè, ora osservava Elena dare di stomaco rumorosamente, suono che l'aveva destata da quel sonno fatto di incubi ed emicrania.
<< Ciao Sofia! >> fece una smorfia Elena pulendosi la bocca. Sofia lo interpretò come un sorriso.
L'orologio da polso segnava le cinque di mattina. Fuori la prima tiepida luce del sole filtrava l'atmosfera colorandola di un lilla pastello. Il cuore di Sofia, al contrario, assumeva tonalità tendenti al piombo.
Barcollò fino al letto, passando nel punto esatto dove, poche ore prima, le sue speranze di felicità erano miseramente naufragate.
Il cellulare non mostrava notifiche. Neppure un segno di pietà.
La vista, annebbiata dalle lacrime, seguì il suo amor proprio nel baratro della vergogna.
Prese il cellulare. Sulla destra dello schermo un'icona permetteva l'invio di un messaggio vocale.
<< Alex... ti supplico... sto piangendo! Ho vomitato tutta la notte! Ti prego... torna da me! Ti voglio spiegare tutto... dammi solo una possibilità! Ti giuro che esisti solo tu! Non voglio nessun altro! Non mi abbandonare! >> supplicò tra i singhiozzi.
Il messaggio partì.
Chissà dov'è...
Si convinse che sarebbe andato tutto bene, che lui sarebbe tornato. Crollò sul letto mentre il sangue che affluiva alle tempie era nuova linfa per il suo mal di testa.
Forse ho sbagliato... dovrei andare da lui!
Si alzò per cercare i vestiti.
<< Non ci pensare neppure! Dovrai passare sul mio cadavere! Anche se a pensarci bene sarebbe molto facile...>> urlò Elena aggrappandosi alla maniglia della porta per non cadere preda dei postumi quanto mai presenti. << Non mi dire che gli hai mandato un messaggio post-sbornia! Dio! Si può essere più stupidi? >>
<< Elena, tu non capisci! Lui è tutto per me! >>
<< Rifletti un secondo: se davvero fosse stato tutto per te, ti sarebbe sfuggito il nome di un altro? Se davvero tutto il tuo mondo è un immenso "Alex" come è possibile che esista un "Leonardo"? Forse è solo metà della tua vita... o anche meno! >>
<< No! Non è così! Devo parlargli! Devo fare qualcosa! Non posso perderlo! >>
<< Fidati di me Sofia... è meglio così! >>

© G.

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