Capitolo XLII - Legámi

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<< Piccola mia, lo sai: qualunque cosa accada noi siamo lì in un batter d'occhio! Siamo così fieri di te. E non parlo dell'università ma della donna che sei diventata. La mamma ed io ci siamo sempre. >>
<< Grazie papà sei cosi...>>
<< Si! Ora glielo chiedo! Mamma vuole sapere se mangi o se hai bisogno di soldi... sai com'è fatta!>> disse con tono ironico dalla parte opposta del telefono.
<< Si e no. Mangio e non ho bisogno di soldi. Avete già fatto cosi tanto!>>
<< Mai abbastanza piccola mia! Ma è successo qualcosa? Hai una voce strana! Colpa di qualche ragazzo?>>
<< No papà! Ma che dici? Tutto bene! Solo che mi mancate! >> mentì.
<< Anche tu ci manchi! Si! Ora glielo chiedo! Mamma chiede come va l'università? >>
<< Cosi cosi... >>
<< Ha detto che va bene! Non preoccuparti! Il primo anno è complicato per tutti>> rispose abbassando il tono della voce durante la seconda parte della frase.
<< Grazie papà!>>
<< Mi raccomando divertiti. Non c'è bisogno che ti dica di stare attenta... so che farai attenzione. >>
<< Certo! Me la saluti te la mamma? >>
<< Sicuro! Tanto stasera ti telefonerà come ogni giorno! Abbi pazienza. La fa stare tranquilla.>>
<< Lo so. Lo so. A dopo allora.>>
<< Ciao piccola!>>
Il padre era sempre stato l'elemento più malleabile della coppia. Forse anche per contrastare a rigidezza della moglie. A pensarci bene erano l'emblema della frase "gli opposti si attraggono".
Ogni oggetto della sua infanzia era un dono del padre. La madre era addetta a tutto ciò che non fosse strettamente ludico. Indispensabile, per carità, ma fondamentalmente noiosa e severa. Insomma la rappresentazione del poliziotto buono e di quello cattivo.

Puntuale come sempre, Francine la attendeva appoggiata poco oltre l'uscita della facoltà. Sofia era entusiasta di quella nuova socia di vita e le sensazioni che le trasmetteva erano delicate carezze a fior di pelle.
Neanche un saluto ed iniziarono a correre come ossesse verso la fermata del bus più vicina. il trentatre stava per ripartire. Salirono appena in tempo, evitando per un soffio la chiusura delle porte.
Potevano rilassarsi e godersi il tragitto sotto un cupo cielo che, lentamente iniziava a liberare il suo umido carico. Ben presto i finestrini furono inutilizzabili, coperti di acqua che scivolava sulla superficie creando magnifici muri d'acqua simili a piccole cascate.
Parlarono e parlarono ancora. Quella ragazza possedeva qualcosa di magnetico. La voce piccola ed aggraziata, un aspetto rassicurante ed infantile, nel senso positivo del termine. Era fiducia allo stato puro.
Un ragazzo in fondo al bus continuava a fissarla. Come dargli torto.
*E' tutto ciò che vorrei essere...*
In quell'istante Sofia si accorse che invidiava fin troppe persone per il loro aspetto, savoir faire, o qualunque altra cosa si notasse.
Era stanca di dover rincorrere. Stanca di invidiare. Stanca di domande del tipo: "Dove sbaglio? Forse?".
Stanca di desiderare senza mai ottenere.
Aveva fatto grandi sacrifici con l'unico fine di "assomigliare". Perso peso, cambiato guardaroba, lanciata in una relazione. Era arrivato il momento di prendere una decisione e portarla fino in fondo. Era ora di raccogliere i frutti di quelle esperienze.
Scesero di corsa dal bus. La pioggia le colpiva come lamette gettate dal cielo. Si infilarono velocemente dentro il primo portone disponibile.
Una rampa di scale più tardi una porta si spalancò.
<< Sofia! Benvenuta a casa mia!>>

© G.

Angolo dell'autore:
Commentate, se vi va, consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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