Capitolo 24

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La vita qui in ospedale passa molto lenta.
I miei mi sono venuti a trovarmi ieri e si sono molto preoccupati.
Mi ricordo ancora la faccia di mamma, era pietrificata.
Papà invece senza preoccuparsi troppo firma il documento per la mia visita che si terrà oggi pomeriggio.
Dicono che mi dimetteranno tra poco ma a me questo "poco" sembra una marea di tempo.
Non faccio altro che stare sdraiata a guardare la televisione appesa alla parete di fronte e di leggere i libri che mi hanno portato i miei l'altro giorno.
Me ne hanno comprati a centinaia, che basterebbero per una vita intera.
Prendo il primo libro della pila che mi hanno portato e leggo "Sfoghi di una vita complicata"
Non ne avevo mai sentito parlare.
Il secondo è "il grande Gatsby" che è il mio libro preferito, l'avrò letto più di dieci volte come si può ben capire dalla copertina rovinata.
Poi spuntano nomi come:  "After", "il vecchio e il mare", "Shadowhunter" e "braccialetti rossi".
Sembrano tutti bei libri.
Però dopo molto tempo decido di leggere il libro che mi accompagna dappertutto, quello dalla copertina rovinata.
Sto leggendo il terzo capitolo quando un' infermiera molto giovane entra in stanza.
"Buongiorno" disse lei impacciata.
"Buongiorno" ripeto io.
"Come stai oggi?" Mi chiede gentilmente. Era la quinta volta che me lo chiedevano oggi.
"Bene" dico alzando le spalle.
"Devi fare il secondo controllo, ti va?"
"Poi mi farete tornare a casa?"
Chiesi scocciata di rimanere chiusa qui dentro.
"Guarda, noi siamo un ospedale che preferisce tenere i pazienti in ospedale un giorno in più che un giorno in meno.
Comunque se risulterà tutto apposto dopo domani te ne andrai sennò dovremo operarti e non c'è una data già decisa da oggi."
"Capisco" dico sbuffando "andiamo" così lasciai sul letto il libro che avevo ancora in mano aperto e l'infermiera mi aiuta ad alzarmi per poi mettermi sulla sedia a rotelle.
Le gambe comunque mi facevano male anche se non da rotte.
Ripenso all'ultima cosa che ho fatto. Mi ricordo poco e nulla.
Poi chiudo gli occhi stringo la mano in un pugno e mi preparo al controllo.
Questa volta durò più dell'altra ma non mi aveva fatto male come mi avevano fatto credere.
Però mi viene sonno, aspetto che l'infermiera mi riporti in camera e mi aiuti a sdraiarmi nuovamente sul letto.
Poi ritorno a leggere e non smetto fino a quando non finisco il mio libro preferito.
Non a caso mi chiamano "divoratrice di libri".
E così sulle ultime parole di Gatsby mi addormento.

"E mentre ero seduto là a meditare sul vecchio, sconosciuto mon- do, pensai alla meraviglia di Gatsby quando per la prima volta aveva scorto la luce verde all'estremità del pontile di Daisy. Aveva percor- so una lunga strada fino a quel prato blu e il suo sogno gli doveva essere sembrato così vicino che difficilmente avrebbe potuto fallire nell'afferrarlo. Non sapeva che era già alle sue spalle, da qualche parte nelle immense tenebre oltre la città, dove i campi oscuri della repubblica si estendono nella notte.
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Ci elude poi, ma non importa – do- mani correremo più veloci, stenderemo le braccia ancora di più... E un bel mattino...
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, costantemente risospinti nel passato."

Scusatemi per il capitolo corto ma vi prometto che il prossimo sarà pieno di sorprese 😋❤️

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