Un brutto svenimento

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Sono a casa, nel distretto 12. Mi sveglio presto, proprio come facevo tutte le mattine. A casa non c'è nessuno; forse sono usciti per fare qualche commissione o comprare qualcosa. Rimango un po' a letto, con i raggi del sole che scaldano il mio corpo, facendomi risalire lungo la schiena alcuni brividi di piacere. Mi alzo. Vado in cucina e come al solito, la tavola è coperta da un telo bianco, leggermente sporco di farina, con vari rialzi di qua e di là. Lo scopro e ci trovo una decina di panetti di impasto per il pane. C'è un odore di lievito. Comincio a far scaldare la fornace, mentre faccio colazione. Mi servo un bicchiere di latte con dei biscotti glassati da me. Mi alzo e comincio a impastare i panetti per dargli la forma delle pagnotte buone e morbide che la gente viene sempre a comprare a mezzogiorno. L'impasto è soffice: è venuto molto bene.
Ad un tratto, mentre metto a cuocere due pagnotte, si sente un rumore assordante venire da fuori. Sembra che tutti gli abitanti del distretto si siano messi sotto la finestra della cucina e si siano messi a gridare a squarciagola. Il trambusto è inimmaginabile.
Non faccio nemmeno in tempo a posare il canovaccio per pulire le mani che un fracasso proviene da dietro le mie spalle.
Sbatto le palpebre febbrilmente, perché non posso credere ai miei occhi.
La finestra non c'è più. Al suo posto rimane un rettangolo di legno con qualche spuntone aguzzo vitreo lungo il bordo. Il lavandino è completamente cosparso di pezzi di vetro, grandi e piccoli. Per terra, proprio davanti ai miei piedi, c'è una pietra delle dimensioni di un mio pugno.
Faccio un passo verso quella che era la finestra che ci permetteva di vedere fuori, sul nostro cortile, dove ci sono i maiali.
Appena riesco a scorgere qualche figura umana cado all'indietro.
Ma non perchè sono scivolato.
Sono steso per terra. Quando stavo per cadere, ho appoggiato una mano sul tavolo e cosí sono caduti una decina di panetti.
Per terra, vicino alla mia testa, sento un qualcosa di caldo. Mi porto una mano alla fronte e poi me la metto davanti agli occhi.
Tutta rossa. La mia mano è rossa, completamente. Delle gocce di sangue cadono dal palmo, imbrattando il vecchio pavimento in legno rovinato.
Non riesco ad alzarmi. La folla fuori continua a tirare oggetti dalla finestra rotta.
Cosa vogliono da me? Cosa vogliono fare a casa mia? Perché stanno tirando di tutto dentro la cucina?
Vicino a me cadono altre pietre, pezzi di vetro, padelle, parti metalliche.
Lo sgomento mi fa ritrovare la forza per alzarmi.
Ciò che vedo mi lascia a bocca aperta.
Fuori, nel cortile, davanti a tutti gli altri, c'è la mia famiglia insieme a Katniss.
Katniss continua a lanciarmi delle pietre.
La mia famiglia non riesco a vedere cosa getta dentro casa poiché qualsiasi cosa sia comincia a produrre un fumo pazzesco, fino a quando non riesco a vedere nulla. Non vedo perfino il tavolo che, a occhio e croce, dovrebbe essere dietro di me.
Dal fumo viene del calore. All'inizio, aria tiepida fino a quando non diventa ustionante.
Mi giro verso la mia famiglia.
Mio padre mi dice un'ultima frase prima che Katniss mi lanci un masso addosso.
"Ora fai la stessa fine che hai fatto fare alla tua famiglia"
Cado a terra. Il masso mi ha colpito in pieno petto, facendomi sbattere la testa sopra lo spigolo vivo del tavolo.
La mia testa sanguina ormai da due parti: dalla fronte e dalla nuca.
Intorno a me il pavimento è diventato scivoloso per il sangue, che ha circondato la zona sotto la testa. La mia maglietta comincia a inzupparsi, tra il sudore per il calore e per il sangue.
L'incendio sta divampando. Il tavolo ha preso fuoco,consumando anche le vecchie sedie che erano intorno ad esso.
Sento i miei capelli strinarsi. La mia pelle bruciare. I miei vestiti diventare pezzi di stoffa bucherellati e anneriti. Mi sembra che gli occhi stiano scappando fuori dalle orbite. Sto diventando una torcia umana.
" Ora fai la stessa fine che hai fatto fare alla tua famiglia"
Piango. Piango e fa ancora più male. Male sia fisicamente che psicologicamente. Le lacrime sfrigolano sulle mie guancie per il calore. Mio padre che mi dice le ultime parole che ascolterò. La mia famiglia che mi uccide. Katniss che partecipa alla congiura. Gli abitanti del distretto che li incitavano.
Mio padre che mi voleva veramente bene. La mia famiglia che nonostante tutto apprezzavo. Katniss che pensavo mi amasse, o che almeno ci tenesse a me. Gli abitanti che apprezzavano il nostro pane.
Cosí è morta la mia famiglia.
Cosí ho ucciso la mia famiglia.
La famiglia con cui vivevo.
La famiglia con cui ero cresciuto.

Non è rimasto nulla. La casa intera è diventata una fornace.
" Addio, mondo" penso, mentre le fiamme inglobano il mio corpo.

Il mio corpo non c'è più. Non è rimasto che una figura indeforme completamente bruciata.

Tutto bianco. Vedo tutto bianco. Con un'ombra davanti. Qualcuno sta parlando ma sento tutto ovattato quindi non capisco se si sta riferendo a me, chiunque sia.
Vengo colpito in faccia.
Poco a poco, gli occhi mettono a fuoco.
Capelli neri e corti. Corporatura alta, slanciata e muscolosa. Sorriso perfido e maligno. Gradis.
" Forza, tributello. Dobbiamo andare. Devi essere decente per questa sera. " Poi mi benda.
Sono sdraiato, ma Gradis mi prende per un braccio e comincia a trascinarmi
Provo a parlare ma senza risultati.
Alla fine emetto un suono e lui si gira.
" Che c'è?"
"Do....ve....dove....stiamo....anda....ndo?" Come sei impaziente tributello! Però te lo dico lo stesso dato che tutto dipende da te. Stasera avrai un'altra intervista. Sai quello che devi fare vero?"
Un brivido mi percorre il corpo.
Le visioni. Gli incubi. Gli svenimenti. La fame. I pensieri.
Sto crollando.
L'ultima cosa che sento prima che Gradis chiuda una porta, è Johanna che mi chiama e qualcuno che la mena.

Hunger Games: Il Canto della Rivolta visto da Peeta. #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora