Il ritorno al distretto

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Sono sul treno; si, su quel treno, quello che mi porta nel distretto 12, a casa, verso Katniss. E' passato un mese dal processo, e solo ora riesco ad abbandonare per sempre Capitol City. Anzi no; solo ora mi hanno permesso di abbandonarla, dato che, fosse stato per me, io sarei partito insieme a Katniss. Mi hanno tenuto quattro settimane "sotto osservazione" dopo quello che è successo con la guardia poco prima del funerale. Volevano chiudermi in un' ospedale per pazzi, per psicopatici, ma alla fine hanno capito che il vero problema era la lontananza da Katniss; così, alla fine, mi hanno lasciato andare. 
" Faccia quel che vuole lui" aveva asserito un medico, dopo che erano giorni che mi rifiutavo di mangiare. 
" Fatelo tornare al distretto e come va, va. E' inutile che continuiamo a tenerlo qui, se rifiuta qualsiasi cosa. Andasse da quell'altra pazza." aveva detto un'altro.
Quando aveva dato della pazza a Katniss, dentro di me era salita la rabbia ma avevo stretto i denti, perchè un altro gesto sconsiderato e avrei dovuto riniziare da capo. Ormai ero vicino. 
E infatti, due giorni dopo mi avevano dimesso con l'approvazione di Aurelius, con una borsa di vestiti, una raccomandazione per Katniss e un biglietto del treno per il distretto 12. 

Così ora sono qui sopra, con il naso che sfiora leggermente il finestrino, con il vetro appannato dal respiro, mentre i distretti sfrecciano dietro di me. Ormai è un giorno e mezzo che ho lasciato quella maledetta capitale e questo significa che manca poco alla mia destinazione. Comincio ad avere dei tic nervosi, impaziente. Tremo dalla felicità. Cosa dirà Katniss appena mi vedrà? Anzi, cosa farò io appena la vedrò?! Devo assolutamente abbracciarla, ne ho bisogno. Quelle spalle magre ma forti, perfette per arrampicarsi sugli alberi, si incastreranno alla perfezione con le mie, forgiate da anni di lavoro alla panetteria con i sacchi di farina. Quei capelli scuri, lisci, intrecciati in una semplice treccia. Quegl' occhi grigi e tempestosi. Quelle labbra sempre serrate. Le dita segnate da anni di frecce scoccate. Mi è mancato tutto. Ed è ora che sto per rivederla che me ne accorgo di quanto ho sofferto la sua mancanza. 
Comincio a vedere all'orizzonte il muro di filo spinato. 
Un fremito di eccitazione parte dalla schiena. 
Mi guardo intorno. Il treno è vuoto, ci sono solo io; gli altri sono scesi tutti negli altri distretti. 
Mi sistemo meglio il cappotto anche se fuori la primavera comincia a portare via gli ultimi spruzzi di neve. Il cielo è velato.
Fuori si vedono i primi gruppi di case.
I negozi, la miniera, le case. Tutto è rimasto com'era se non fosse per le macerie, il fuoco che ha annerito qualsiasi cosa e le ossa umane che ingombrano le vie. 
Il treno manda un fischio acuto. 
Sono tornato.
Alla stazione non c'è nessuno. Il vento porta con sè un odore di fumo, non voci. L'aria è tiepida, scaldata da uno dei primi soli. Mi incammino verso casa, cercando di evitare di pistare femori, tibie, teschi. Dei fiorellini viola spuntano dalle orbite vuote di un cranio una volta ricoperto di carne. Rabbrividisco e vado avanti. Le vie sono semideserte, le persone mi fissano; alcune alzano una mano in segno di saluto, altre continuano con le loro faccende; un ragazzo della mia età si porta le tre dita centrali della mano sinistra alla bocca e poi le alza. 

Arrivo in piazza. Ci sono ancora tutti i patiboli e gli strumenti di tortura che aveva fatto mettere Thread, il nuovo capo dei pacificatori; in alcuni ci sono addirittura ancora delle minuscole tracce di sangue.
Un riflesso dorato mi abbaia gli occhi. Mi giro e soffoco un singhiozzo; vado nella direzione del raggio. E' li. Proprio lì, all'angolo con la piazza. Durante l'esplosione delle bombe, per l'urto, la fornace si è staccata dalla parete.
Le lacrime straripano, inondandomi la faccia. Lì c'è la mia infanzia andata distrutta. E anche la mia famiglia, probabilmente. 
Sento un fischio. 
" Hey!" grida qualcuno. 
" Si?" 
" Conoscevi qualcuno che aveva la panetteria? Ah, ma aspetta! Tu sei il figlio del fornaio! Guarda, lì c'è Thom con un carretto, ha recuperato da quelle macerie quattro corpi giusto qualche ore fa. Probabilmente è la tua famiglia. " dice avvicinandosi.
Capelli scuri, pelle olivastra ed occhi tempestosi. Un abitante del Giacimento. Ha un'aria così familiare...
" Ma tu eri il compagno di miniera di Gale, Gale Hawthorne! Ci siamo visti quando lo avevano fustigato e vi ho aiutato a portarlo a casa di Katniss." esclamo mentre tiro su con il naso.
" Ah, si! Ora ricordo. Se vuoi ti faccio strada fino al villaggio dei vincitori, tanto per oggi abbiamo finito di scavare. " dice con un sorriso.
" Sei molto gentile, però preferisco stare un po' da solo... e poi vorrei vedere i cadaveri della mia famiglia, se possibile." sussurro. 
" Si, certo. Nessun problema. Vieni, ti accompagno da Thom." fa un cenno con la testa verso l'amico. 
Arriviamo di fronte ad una vecchia bottega. Lì c'è Thom con un carro trainato da due cavalli. I due si scambiano qualche battuta sottovoce e poi si allontanano, in segno di rispetto.
La prima che riconosco, nonostante in testa non abbia più i capelli, ad eccezione di qualche ciuffo strinato, è mia madre. La odiavo, lo ammetto solo ora che la vedo morta. La odiavo. Desideravo sempre avere un'altra mamma. Litigavamo sempre. Mi picchiava, come quella volta che diedi il pane a Katniss. Ma solo ora mi rendo conto di quanto in fondo gli volessi bene. Era sempre mia madre, dopotutto. Le do una carezza sulla guancia, cercando di ignorare il pallore della sua pelle. Una lacrima cade dal mio mento e cade sul suo naso. La asciugo con la mia manica, facendola sporcare di cenere.
Vicino a lei, c'è papà. Il mio grande, forte, buono papà. Lo adoravo. Era la persona che amavo di più insieme a Katniss. Mi difendeva sempre. Mi faceva giocare con la pasta del pane insieme a Delly. Mi prometteva di portarmi sulle spalle in giro per il distretto se avessi fatto il bravo a scuola. Mi scompigliava i capelli con le mani, spolverandoli di farina. Le sue braccia forti, che mi avrebbero difeso da tutto. Ma io non sono riuscito a difendere lui. Altre lacrime.
Per ultimo, c'è mio fratello. Ha le sopracciglia aggrottate, come succedeva sempre quando era spaventato. Con la mano comincio a massaggiargli la fronte, fino a rilassargli i muscoli anche se non è facile poichè è straordinariamente rigido; non ottengo un gran risultato. A differenza di mamma e papà, lui ce li ha ancora i capelli. Glieli arruffo dolcemente, anche se dei nodi ostacolano il mio movimento. Quanti pomeriggi passati a  litigare, quanto tempo abbiamo sprecato per contenderci un pallone, un pezzetto di pasta o semplicemente il posto vicino a papà a cena. Lui era più benvoluto da mamma e lo invidiavo. Quanto tempo sprecato. Al collo ha ancora il ciondolo che gli aveva regalato nonna per il quindicesimo compleanno. Do un'ultima carezza anche a lui. 
Chiamo Thom. 
" Dove li porterete? " chiedo singhiozzando. 
" Al Prato. Hanno fatto una fossa comune. O te li vuoi tenere?" 
" No, no. Prendeteli voi. Mi ricorderebbero soltanto momenti felici che non posso riavere indietro. Prendeteli voi. " 
E me ne vado, senza mai voltarmi. 

Il villaggio dei vincitori è silenzioso. La case sono tutte buie. Domani andrò da Katniss; ormai è tardi e la vista della mia famiglia mi ha turbato. Non voglio avere qualcosa che disturba il mio momento con lei. 
Entro dentro casa e tutto è buio. Non tocco niente.
 Mi sdraio sul divano e mi addormento.

Spazio autrice🌼
Grazie per le 2.96K visualizzazioni!
Volevo avvisarvi che il concorso di SaraDeMonte99 è ancora aperto, mancano 4 posti!
Inoltre, qualcuno è disposto a fai una copertina, o conosce qualcuno che me la può fare? In tal caso, ricambierò i crediti in un capitolo e nella descrizione della storia.
Spero stiate tutti bene, a causa delle continue scosse di terremoto.
Grazie e a presto :)
-Azzurra

Hunger Games: Il Canto della Rivolta visto da Peeta. #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora