<< Ritorno al passato. >>

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Durante il viaggio insieme ad Ariane non spiaccico parola. Sono troppo scosso per l'incontro con la mia famiglia. Nel profondo di me stesso speravo che quando ci saremmo rivisti, sarebbe stato un giorno felice e che avremmo dimenticato questi ultimi tre anni.

Invece ho capito che sperare non serve ad un cazzo. La realtà è ben diversa dai sogni e che non serve a niente lottare se dall'altra parte non ricevi nulla.

Ariane rispetta il mio silenzio e non tenta di chiedermi il motivo del mio cattivo umore. Le sono grato per questo. Ho bisogno prima di capire e dopo forse riuscirò a parlargliene.

Stringo le dita attorno al volante e provo come un senso di frustrazione. Non dovremmo avere segreti fra di noi, eppure io sono il primo a tenermi tutto dentro quando lei ha sempre detto che mi avrebbe ascoltato.

"Prima mi sono venuti a trovare mia madre e i miei fratelli. Non me l'aspettavo e quindi non è andata benissimo.", la mia voce è atona. Non lascio trapelare nessuna emozione.

"Avevo notato che c'era qualcosa che non andava.", ammette facendomi un piccolo sorriso.

"Justin, sono passati tre anni dall'ultima volta che li ha visti. Che pretendevi?", le sue parole mi spiazzano completamente. Pensavo che mi dicesse altro.

"Sei stato anche bravo a farli entrare in casa. Al tuo posto io sarei stata più cattiva.", gesticola e vedo che comincia ad incazzarsi. Questa ragazza non finirà mai di sorprendermi.

"Non credevo fossi così...spietata.", sussurro l'ultima parola facendola ridere. La sua risata riempie la macchina e rallegra la mia giornata che finora era stata buia.

"Mentre eri in..in coma.", sento l'ansia crescere in lei. Da quando mi sono svegliato abbiamo parlato poco di quella settimana. Ryan e i miei amici mi hanno raccontato alcune cose, ma Ariane invece ha sempre deviato il discorso. Non capivo il motivo, ma forse in fondo tutta quella storia l'aveva colpita nell'anima e non era ancora pronta a parlarne.

"Tua mamma e i tuoi fratelli sono venuti a trovarti un paio di volte. Tua madre era molto scossa per questa cosa e mi ricordo che un giorno diede la colpa di tutto questo a Jason. Disse che era tutta colpa sua se ti trovavi con una pallottola sul fianco.", mi guarda e abbassa gli occhi.

Dopo essermi fermato ad una stazione di rifornimento, scendo per fare benzina. Ariane mi segue e si mette contro la portiera stiracchiandosi.

"Era Jason il capo di una vecchia banda che adesso non esiste più. Io lo ammiravo anche se non capivo un cazzo di quello che faceva. Mai una volta l'ho visto crollare e mi sono ripromesso che lo avrei imitato.", mormoro sistemandomi il capellino sui capelli. Ricordare il mio passato mi rende ogni volta nervoso. Ariane posa una mano sulla mia guancia e mi fa un sorriso rassicurante.

"Mia madre non aveva tutti i torti quando gli diede la colpa. Ma sono anche stato io che ho voluto. Ho commesso molti errori in passato, ma non posso tornare indietro e sistemare tutto quanto."

"Che cosa fece il fratello di Stefan che ti portò ad ucciderlo?", al suono di quelle parole sospiro stringendo i pugni e mi tornano in mente quei momenti. Come posso raccontarle quell'orribile storia? Dove posso trovare il coraggio?

"Devi sapere che la prima regola di una banda è «occhio per occhio, dente per dente». Gabriel faceva la corte alla ragazza di Adrian che faceva parte della mia banda. In realtà lui non provava niente per quella ragazza, era solo un coglione che pur di dare fastidio avrebbe fatto qualsiasi cosa.", mi fermo e poso le mani ai lati delle sue spalle. "Una notte cominciò ad importunare questa ragazza. Adrian intervenne e cominciò una rissa fra loro due, ma Gabriel tirò fuori un coltello e colpì Adrian al cuore.", comincio a tremare al ricordo del suo corpo a terra. Ariane avvolge le braccia attorno ai miei fianchi.

"Presi la pistola che Jason aveva lasciato a casa e che ormai non usava da tempo. Andai sotto casa di Gabriel e gli sparai al cuore."

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