Capitolo 31. Mi sei scoppiato dentro al cuore

1.2K 66 77
                                    


Penelope

Queste giornate passano tutte nello stesso modo, lavoro, uscite coi ragazzi, rientro e incubi notturni sedati dalle leccatine di Lucifero.

In sala questo pomeriggio regna il silenzio, avevo troppo mal di testa per andare a lavoro. Ultimamente questa nevralgia mi sta togliendo anche la poca voglia di vivere che avevo. Sto correggendo degli articoli che dovranno essere pubblicati nella prossima uscita di Vogue ma sono un disastro peggio dell'altro.

Mentre sono concentrata a sbarrare quasi per intero un articolo sento lo scatto della porta di casa, il mio cuore balza un paio di volte. Quanto tempo era che non sentivo questo rumore .

Mi volto appena verso la porta e vedo Irene rientrare, seguita da una valigia e un borsone. E' rifiorita, tonica ed è abbronzata veramente tanto, non come me smagrita con la pelle attaccata quasi alle ossa e bianchiccia.

"Sei tornata."
Dico alzandomi, vorrei abbracciarla e dirle che mi è mancata da morire in questo periodo.

"Sì."
Mi risponde lei dura e impacciata mentre stringe forte il manico del trolley.

"Vuoi una mano?"
Le chiedo insicura, guardandola.

"No grazie!"
Continua lei rigida mentre guarda un po' la casa.

Vedendola così rigida ed impostata non so più come comportarmi.

"Bene... Ehm..."
Inizio a balbettare insicura non sapendo cosa dire, sentendo di nuovo quel mal di testa fastidioso.

"Poso la valigia e se non ti disturba mi faccio un caffè."
Mi dice Irene mentre va in camera seguita dal suo trolley

"Non mi disturbi. È casa tua. La dispensa è piena."
Dico restando impalata all'angolo del divano, perché tutto quello a cui tengo prima o poi va via?

"Mia? Quindi te ne vai?"
Dice lei raggiungendomi in sala con gli occhi sbarrati mentre mi fissa come se fossi un extraterrestre.

Io non la capisco, prima è indifferente, poi reagisce così.

"No.. O meglio non vorrei... Ma se devo...."
Dico sempre nella mia idiota balbuzie. Ho qualche monolocale in agenda che potrei prendere, ma non vorrei lasciare questa casa, un monolocale significa ritornare alla vecchia vita romana, zero amici, solo persone che entrano ed escono dal mio letto senza conoscermi e tanta solitudine una volta finita la scopata giornaliera.

"Senti Pen è il caso che noi parliamo."
Mi dice Irene legando i capelli in una coda alta e andando verso la cucina.

La seguo, prende la moka e la riempie con il caffè, questo il gesto di ogni nostra colazione, la guardo sconsolata, non ci saranno più neanche i caffè del pomeriggio o i pranzi a ridere così tanto da non riuscire a finire la pasta che si ha nel piatto.

Devo ricacciare queste stupide lacrime, ma non ci riesco, spingono e bruciano nei miei occhi.

"Se non mi vuoi più in casa, ti capisco. Cerco un nuovo appartamento."
Dico sedendomi al solito posto, tiro su le gambe e riesco ad entrare tutta nella sedia, rinchiusa come un riccio, mentre fisso tutto quello che c'è da ricordare in cucina.

"Non ho detto questo. Io ho pensato tanto in questo periodo."
Mi risponde Irene.

"Anche io."
Le dico io fissandola, notando nei suoi occhi una tristezza che la logora.

"A cosa hai pensato?"
Mi chiede lei controllando la moka sul fornello.

"Al mio comportamento. Io volevo spiegarti tutto."
Le dico, ma non sono tanto forte da dirle che mi è mancato il coraggio e che per non farmi del male me ne sono fatta il doppio.

Ad una stella darò il tuo nome |Il Volo| COMPLETATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora