Capitolo 51. Mi illudo ancora di non averti perso...

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Penelope

E' una settimana che siamo a Milano.
Sono giorni che rimugino sopra la mia situazione, giorni difficili, appena riesco ad addormentarmi la sera mi sveglio presa da incubi, e neanche Lucifero riesce a calmarmi coi suoi miagolii, non riesce proprio a farmi stare tranquilla.
E' quasi un mese che so della gravidanza e ho preso la mia decisione. . .

Irene :

Siamo nuovamente a Milano, finalmente casa. Perché ormai questa è casa mia. Qui ho trovato la sorella che non ho mai avuto e l'amore della mia vita, Ignazio.
Con lui le cose vanno a gonfie vele, l'amore e l'intesa fisica, sono tornati più forti di prima.

Pen continua a chiudersi in sé stessa, vedo che spesso si tocca delicatamente la pancia e so per certo che già ama quel piccolo esserino che cresce dentro di lei.

Adesso siamo in salotto e appena lei si avvicina, Iago, stranamente, inizia a ringhiarle contro.
"Iago che hai? È Pen!"dico accarezzandogli la testa.

Lui continua a ringhiare contro Pen e non le si avvicina neanche.

"Non so perché fa così"dico stranita a Pen.

"Tesoro, dopo questa notizia anche tu mi odierai."mi dice Pen con il viso in una smorfia e le lacrime agli occhi.

"Che notizia?"chiedo non capendo.

"Io... Io non ce la faccio. Piero mi detesta e non me la sento di portare suo figlio. Io, non ce la faccio."mi dice con la voce spezzata per poi scoppiare a piangere.

"Cosa? No...no..."dico sconvolta scattando in piedi.
Come può solo pensare di ammazzare il suo bambino?

"Ire ti prego. Prova a capirmi."mi chiede Pen tra le lacrime.

"Non posso capirti. Non è una cosa...è tuo figlio..."le dico scioccata.

"Si e non può crescere senza un padre. Nella migliore delle ipotesi farà il pacco postale e crescerà con un padre che odia la madre. Pensa che vita di merda avrà."dice Pen che sa cosa significa crescere con genitori separati che si odiano.

"Il bambino non ha colpe. Non è giusto...Piero ha il diritto di sapere." dico con le lacrime agli occhi.

"Tu... Tu non sai quanto è frustrante vedere tutti i bambini con mamma e papà e tu solo con un genitore e non capire perché. Perchè devo fargli passare l'inferno che ho già vissuto io?"mi chiede Pen disperata.

"Se solo tu gli parlassi!Metti da parte l'orgoglio. Come puoi pensare di uccidere tuo figlio?"chiedo cercando di farla ragionare.

"Ti prego Irene. Lui, hai visto come mi tratta. Non voglio fargli pena perché ho un figlio suo."singhiozza Pen.

"Se fai una cosa di queste ti porterai la ferita dentro per tutta la vita " le dico fissandola.
Mamma, prima di avere Dany, ha perso un bambino naturalmente, eppure non passa giorno che non versi lacrime per lui.

Penny alza le spalle."Ferita più, ferita meno..."mi dice sospirando.

"Come puoi parlare così? Non lo senti già dentro di te?"le chiedo arrabbiandomi.
Lo vedo che sta una pezza e che dice così solo per autoconvincersi.

"Io... Volevo solo avvertirti. Domani non torno. Mi tengono in degenza."mi dice alzandosi e scappando in camera a piangere.

Mi accoccolo a Iago e piango silenziosamente anche io. Devo impedire tutto questo, lo devo impedire.

Penelope

Sapevo già che Irene non mi avrebbe capita, non può capirlo, non ha vissuto in una famiglia in cui regnava l'odio, ha sempre vissuto in una famiglia armonica e felice, non sa che significa fare il pacco, due giorni qua, uno la, genitori che litigano per 5 minuti di ritardo; confrontarsi con compagni dei genitori diversi, avere in casa uomini che non sono tuo padre che ti odiano, uomini che menano tua madre davanti ai tuoi occhi e poi menano anche te allo stesso modo, con la stessa forza e la stessa brutalità. Uomini che ti rubano la verginità a 10 anni quando ancora non sei formata, quando ancora non sei donna, quando il ciclo mestruale è ancora un mito nel tuo cervello.
Non sa cosa significa avere due genitori che si odiano, e poi l'odio aumenta dopo il tuo arrivo, e aumentano le liti e le sentenze e gli assistenti sociali.
Io non voglio dare l'inferno a questo bambino, non voglio che viva questo inferno.
Mi siedo sul letto, ho le gambe che mi cedono per la debolezza, devo stendermi un minuto.
Il mal di testa svanisce, preparo la valigia, un pigiama, qualche mutanda, ne metto alcune più alte, semplici di cotone e due ricambi semplici, da perfetta persona che va in ospedale.
Mi stendo a letto e in testa mi girano un sacco di cose, la prima cena con Piero, il suo sguardo curioso, quel primo bacio, lo sapevo che mi avrebbe fottuta, dentro me lo sapevo. Accarezzo piano la pancia mentre delle lacrime mi solcano le guance.
Le diverse liti, a Bologna e a casa di mio padre, quel bacio ristoratore a Catania che mi ha costretto Dany a dargli e la sfiorata anoressia, la sua cura mentre stavo male da ubriaca e il bacio sul prato a Montevarchi.
"Perdonami piccolino, meglio non scoprire proprio la sofferenza"
Sussurro mentre accarezzo la mia pancia piangendo.
I ricordi e le lacrime si fondono fino alle 7 di mattina.
Instabile sulle mie gambe mi vesto e predendo il trolley e la borsa esco di casa dove c'è un taxi che mi aspetta.
Mentre cammino verso il taxi un foglio di carta bianca richiama la mia attenzione, mi fermo a leggerlo. Non ci credo, la storia che sto vivendo in versi, scritta su un muro. (Vedi foto Media) Vorrei urlare per la disperazione che mi assale. Dopo questo non sarò più la stessa, sarà la mia quarta vita, ma qua ogni volta va peggiorando. . .

Ad una stella darò il tuo nome |Il Volo| COMPLETATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora