• Capitolo 8 •

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Gli accoppiamenti per le camere sono state fatte.
Piero ha chiesto di stare in camera con me e Igna.
Sono simpatici questi due ragazzi. Anche se è solo da qualche giorno che ci conosciamo, siamo molto in sintonia, in fondo siamo tre semplici adoloscenti con i piedi per terra e le stesse idee.
Ci dirigiamo nella nostra camera e, una volta entrato, mi butto sul letto a peso morto. Metto le braccia dietro alla testa e mi fermo a guardare il soffitto.

<< Certo che prima, in pullman, tu e Beatrice vi siete dati proprio un bel bacio >>ridacchia Piero, mentre si mette nella mia stessa posizione.

<< Guarda Piè, lascia perdere perfavore. Non la sopporto. Rende tutto più difficile >> sbuffo rumorosamente.

<< Beh, ovvio capisco, se lei non fosse così stareste bene insieme >> tenta ancora lui.

<< Ma anche no, grazie >> cerco di dirlo in modo da farla risultare un'assurdità, ma fallisco miseramente. In fondo, ma proprio in fondo non mi dispiacerebbe.

<< Cotto vero? >> mi dice di sottecchi.

<< No che dici. Scherzi? Io innamorato di una cosi? Ahah... no >> dico con voce stridula.

<< Ok confermo. Sei andato >> mi punzecchia Piero.

<< No ti sbagli. Ne ho gia passate troppe con gente come lei, e a volte ci soffro ancora, quindi evito. Può non sembrare così, ma sono timido e sensibile, me la prendo per tutto e ci rimango male, ma molto, quando scopro di essere usato o ingannato >> dico cupo.

<< Cos'è tutta questa tristezza. Dai Gian >> mi dice mentre mi mette una mano sulla spalla e mi scrolla leggermente. Seguono attimi di silenzio, io fermo a guardare il soffitto ripensando alle parole del mio amico.

<< É mia cugina >> dice Ignazio tutto d'un tratto, interrompendo il silenzio tagliato, solo, dai nostri respiri. Mi tiro su, lentamente, con la fronte aggrottata, senza capire. Fisso Ignazio che ha lo sguardo basso.

<< Credo di non aver capito... >> dico incredulo sentendo il cuore perdere un battito.

<< Beatrice è mia cugina >> ripete lui.

<< No Igna non è possibile. Siete cosi diversi. Due persone completamente agli antipodi >> affermo cercando ancora di connettere quanto mi é stato detto.

<< Sua madre è la sorella di mio padre >>

<< Scusami se... se ho detto qualcosa di brutto... su di lei, che possa averti ferito in qualche modo >>

<< No, non ti preoccupare. Come hai potuto notare non ci parliamo nemmeno, lei sa benissimo che odio tutto quello che sta facendo; secondo me, si può aiutare solo chi vuole essere aiutato per davvero >> dice lasciando in sospeso la frase.

<< In che senso? >> scrolla la testa e si corica sul letto. Non replico più. Prendo il pigiama dalla mia valigia e mentre vado in bagno a cambiarmi passo accanto al mio amico e gli lascio una pacca sulla spalla.

Sua cugina. Non è possibile. Ora così mi ritrovo tra due fuochi: uno dei miei più cari amici e la ragazza di cui sono innamorato, seppur acida, facile e stronza. Che poi, questa storia dell'aiutare non la capisco molto bene, cosa ha che non va?
Appoggio le mani sul bordo del lavandino e, guardandomi allo specchio, sospiro riflettendo ancora sulla situazione.

*
Prendo il telefono dal comodino che ho accanto al letto e guardo che ore sono.
Le 02:15.
Non ho ancora chiuso occhio, mille pensieri invadono la mia mente.
Senza far rumore infilo le scarpe da ginnastica, la felpa e poi esco dalla stanza senza farmi accorgere.
Attraverso tutto il lungo corridoio ed esco sulla terrazza.
Mi appoggio con le braccia alla ringhiera, chiudo gli occhi e mi lascio attraversare dalla leggera aria che domina la notte.
Pace e tranquillità mi fanno rilassare. Prendo qualche bel respiro e poi riapro gli occhi godendomi la stellata di questa notte.

<< Nemmeno tu riesci a dormire? >> una voce mi fa risvegliare e mi giro di scatto.

<< Sara? . . . >>

<< Posso restare un po' qua con te? >> annuisco sorridente. Allargo il braccio e le circondo le spalle. Allunghiamo lo sguardo nuovamente al cielo; << Una stella cadente >> dice indicando l'infinito, lassù.

<< Esprimi un desiderio >> ridiamo per averlo detto insieme.

<< Vieni >> la prendo per mano. Mi siedo a terra, appoggiando la schiena al muro dell'edificio. Faccio accomodare Sara tra le mie gambe e poi la circondo con le braccia; << Sai, da quando mi sono trasferito qua è la prima volta che sto bene con me stesso >> dico con un piccolo sorriso stampato sulle labbra.

<< Come mai vi siete trasferiti qua? >>

<< Mio padre per lavoro. Non voglio dire niente di sbagliato, ma io a casa mia stavo bene. Avevo i miei due migliori amici con cui tutte le sere uscivo. C'era un locale sulla passeggiata dove passavano la maggior parte del tempo. Era il mio mondo. Al pomeriggio giocavamo sempre a calcio al campetto, tornavamo a casa tutti sudati e insabbiati >> rido per non far sopraggiungere la malinconia e per non far notare il nodo alla gola.

<< Capisco. . . >> la sento che non ha il coraggio di dire altro o, forse, di non chiedermi altro. Tutti i miei ricordi stanno appesantendo l'aria, rendendola impossibile.

<< Cosa hai espresso prima? Se posso saperlo ovviamente...>> mi schiarisco la voce.

<< Ecco io... ho desiderato questo... >> gira il volto verso il mio. Appoggia le sue labbra sulle mie e mi lascia un bacio a stampo.
Sorrido debolmente e mi riavvicino, lasciandole un altro bacio come il suo.
Lega le sue braccia dietro al mio collo, inginocchiandosi in mezzo alle mie gambe. Appoggio le mani sui suoi fianchi e ci baciamo di nuovo.

Questo momento è tutto diverso da quello che è successo in pullman con Beatrice.
Quello era un gioco, un bacio pieno di malizia e di furbizia.
Tra me e Sara c'è ingenuità, dolcezza, una punta di amore.
È quello di cui ho bisogno, sono sicuro che è la scelta giusta.

Amabilmente odiosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora