• Capitolo 14 •

493 50 13
                                    

Il pendolo del cucù appeso al muro che picchietta rompe il silenzio diffuso attorno a me. Seduto sul divano, resto a fissare le fiamme che giocano tra di loro nel caminetto.
Sto male, molto. Mi sento ferito dentro. Un dolore si propaga per il mio petto facendomi sentire in colpa, come delle pugnalate al cuore. Non pensavo che una cosa del genere potesse farmi soffrire così tanto; mi sento uno schifo.
Il telefono suona ancora, e per l'ennesima volta è Sara che mi cerca. Ha ragione: non mi sono più fatto sentire, sono sparito nel nulla da un momento all'altro.

Subito ripenso al momento in discoteca quando Beatrice mi si è avvicinata e poi mi ha condotto nella stanza: una sensazione di rabbia e ansia si mischiano insieme e a me viene solo da piangere. Non mi trattengo più, lascio che le lacrime escano e scorrano sulle mie guance.
Sono solo in casa; i miei genitori sono in giro con Ernesto, quindi cerco di esternare ogni cosa negativa; ma più vado avanti a piangere e più mi rendo conto della mia disperazione.

Ho bisogno di qualcuno.

Mi dirigo in camera mia, e senza cura, mi vesto con le prime cose che trovo sparse per la stanza: pantaloni neri della tuta, maglietta blu dalle maniche lunghe. Infilo le scarpe da ginnastica, la giacca ed esco di casa.
Sta piovendo, ma non mi interessa. Tiro su il cappuccio e lascio che l'acqua mi scorra addosso. Finalmente, dopo circa venti minuti, arrivo davanti casa di Piero. Suono al campanello e aspetto che mi apra.

<< Gian cosa ci fai qua? Ma poi guardati, sei tutto zuppo. Un ombrello no eh? >> sollevo lo sguardo. Gli occhi mi bruciano dalle troppe lacrime e in questo momento mi sento a pezzi. Vedo il mio amico squadrarmi senza capire. Mi fa segno di entrare e io rimango fermo immobile nel salotto; <<  Gian, vieni che ti do una tuta e poi ci racconti tutto, che di la c'è anche Ignazio >>  faccio come dice; lo seguo in camera e dieci minuti dopo mi ritrovo a sedermi sul divano con vestiti asciutti.

<< Ehy Gianlù che succede? Hai una faccia sconvolta... >> affondo il viso tra le mani e mi lascio andare ad un pianto disperato, perchè è così che sono. Più ci penso e più sento delle fitte al petto.

<< Ehi ehi, cosa è successo? >> viene a sedersi accanto a me e mi lascia qualche pacca di incoraggiamento sulla schiena.

<< Ho fatto un casino... >> noto i miei due amici scambiarsi un'occhiata confusa e poi mi chiedono spiegazioni; << Ragazzi non farò un giro di parole, vado dritto al punto: sono andato a letto con Beatrice >> Piero attacca a tossire e lo guardo ammonendolo.

<< No Gianluca, credo di non aver capito. Ti prego dimmi che non è cosi >> scrollo la testa in segno di negazione in modo sconsolato.

<< Ma come è successo? >> e qui arriva il bello. Io nemmeno sapevo che era lei. Ogni colpa ricade su di me.

<< Ieri sera alla festa. Sono andato al bancone a prendere da bere, forse qualche cocktail di troppo. Questa ragazza mi si avvicina; io ubriaco la seguo e finiamo a letto. Poi stamattina mi sono svegliato a casa, senza sapere come ci sono finito. E' venuta Beatrice dicendomi che stanotte si è divertita >> cerco di farla breve evitando tutti i dettagli. 

<< Magari non era lei stanotte. Potrebbe essersi inventata tutto. Magari ti ha visto andare nella stanza con una ragazza e approfitta della situazione >> lo guardo con una punta di speranza;     <<  No Gian, non lo so eh. È solo un'idea questa >> susseguono attimi di silenzio con qualche nostro sospiro. Sento i miei occhi di nuovo pieni di lacrime, non so perchè, ma questa situazione mi fa stare davvero male, mi rende debole, indifeso.

<< Ti ricordi come era vestita la ragazza? >> lo guardo come se fosse pazzo;  << Dai Gianlù è una domanda normalissima >> annuisco e chiudo un attimo gli occhi per poter ricordare meglio.

<< Si... >> strizzo ancora una volta gli occhi per cercare di ricordare; << Aveva un vestito, a tubino, e il colore... >> appoggio la fronte sul palmo della mano;  << Il colore... >> 

<< Rosso? >> lo guardo e annuisco sorridendo. Si, era rosso il vestito. Ma lui come fa a saperlo? Improvvisamente mi prende una botta di caldo.

<< Come fai a sapere che... che era rosso il vestito? >> deglutisco pesantemente. Ogni minima speranza, ogni piccola falsa illusione che mi aveva dato Piero crollano in un milionesimo di secondo.

<< Gian... >> mette una sua mano sulla mia schiena; << Ieri siamo andati insieme in discoteca. E ormai non possiamo più negare che era lei >> 

Perchè? Perchè è tutto così dannatamente complicato, schifosamente vero? Vorrei sparire in questo momento, fare un buco nel terreno e non uscire più. E io stupido che mi sono pure innamorato di lei; risulterò come un ragazzotto semplice, e facile da ingannare. Non so cosa fare, sono disperato. La testa è pesante, mi prendono botte di caldo e gli occhi bruciano ancora per le lacrime versate.

<< Gian, ci siamo noi. Io ti capisco; anche io ci sono passato, è brava ad ingannare e farti passare per un cretino. Però ora, rilassati un attimo >> appoggio la testa sul bordo del divano e mi incanto a guardare il soffitto.

<< Sono un coglione. E io che mi sono pure innamorato... >> 

E alla fine l'ho ammesso definitivamente anche a loro. 

Amabilmente odiosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora