Capitolo inendito #1- Butch Norrison

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Piccola premessa: questi capitoli mi sono stati consigliati da uno di voi, che ringrazio moltissimo e a cui dedico queste parti :)

Butch:
Sono le sette e mezza, tutto è tranquillo. L'altalena mossa dal vento conferisce al paesaggio illuminato di rosso un'atmosfera cupa, quasi inquietante. Mi trovo al parco del quartiere, con me solo Steve, Sterek e Bill, il resto è deserto. Neanche Armstrong è presente ad infastidirci, oggi.
Sterek mi porge la canna e me l'accende, concedendo a me il primo tiro. È sempre stato così da quando ci siamo conosciuti. Spettava a me la prima volta, il primo turno, come un leone che si nutre della preda prima del branco. È così che funziona, d'altronde. In natura come nella società.
Faccio due tiri, ma per ora mi bastano. Devo essere abbastanza sveglio per pensare, ma non troppo da distrarmi troppo facilmente. La verità, è che solo le sostanze che mi auto induco possono distogliermi dai miei miei chiodi fissi.
Preso dall'attimo, afferro il telefono e chiamo il biondo. È così che lo chiamo, così l'ho sempre chiamato. Non l'ho mai ammesso in pubblico, di solito gli affibbio nomi come idiota, sfigato, imbecille, femminuccia, sempre per restare sul poco offensivo. A volte gli do anche del finocchio, e purtroppo sta succedendo troppo spesso ultimamente. Lui sembra non infastidirsi, e non vorrei che a forza di ripeterglielo lo diventasse davvero. In fondo ci tengo a lui, perché ha saputo sottomettersi senza mai contraddirmi, senza che gli facessi pesare il mio titolo da leader e da superiore. Potrebbe quasi diventare un amico.
Il biondo risponde dopo appena due squilli, doveva avere il telefono sotto mano, per essere così veloce. I miei tre compagni presenti mi guardano in attesa di una risposta, ma io li liquido con uno sguardo e mi volto dall'altra parte. Odio gli occhi fissi su di me nei momenti di silenzio. Mi mettono ansia. Li adoro, invece, quando sono di spettatori, di codardi che ammirano la mia spavalderia, la mia forza. Mi piacciono molto anche le facce sconvolte delle mie care vittime che mi osservano terrorizzate dopo un paio di pugni, neanche troppo forti. Mi mettono sicurezza, così come quei tre imbecilli che normalmente mi ammirano. Ma adesso no. Ora nei loro confronti provo solo fastidio, accompagnato da un pizzico di rabbia.
La voce di James sembra turbata, spezzata, quasi rotta dal pianto. Mi chiedo cosa abbia fatto, ma non credo me lo dirà. E poi, sarebbe meglio non rischiare davanti a testimoni che potrebbero trovare ridicola la situazione.

Intravedo da lontano il biondo che si incammina nella nostra direzione. Ha la testa bassa, le mani in tasca, e un'espressione afflitta. Con i piedi sta calciando un sassolino, portandolo con sé.
Ci raggiunge e ci saluta mesto, senza lasciare trasparire un minimo di gioia nella sua espressione. Lo saluto con una pacca sulla spalla, indossando una maschera di indifferenza che tutti sanno appartenermi; fingo di non vedere lo stato d'animo del ragazzo davanti a me, che si limita a salutarli con un sorriso e poi chinare di nuovo il capo, pensieroso.

Propongo ai ragazzi dal mio gruppo un programma per la sera, che nessuno osa contraddire. Mi piace il mio potere, mi consente di fare sempre quello che mi va.

Ci incamminiamo verso il centro commerciale, nella zona più bassa del quartiere, dove è meno probabile che gli sbirri possano intercettarci. Non è molto lontano da qui, dista giusto un paio di fermate della metro dal centro di Bayswater.
Steve mi fa notare che non abbiamo i soldi per pagare il biglietto, ma a me non importa, e lascio che qualcuno di loro mi offra il viaggio. Evidentemente nessuno di loro ha il denaro necessario, quindi decido che, per una volta, si può fare anche a meno.
Saliamo sul vagone e ci appropriamo dei posti in fondo, quattro sedili a due a due e uno singolo. James si siede da solo, dalla parte opposta dello stretto corridoio.
Gli lancio un'occhiata e mi giro verso i miei compagni: non c'è nient'altro che io possa fare.

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

Un colpo basso, poi uno alto. Il ragazzo si piega in due dal dolore, senza dire più niente. Sto cercando di urlare, lo vedo dalla sua impressione. Bravo, Ethan, mostrami le tua debolezza.
Con un pugno sullo zigomo sinistro si accascia a terra, mentre mi guarda terrorizzato. Mi piace la scintilla nei suoi occhi, mi fa stare bene.
Come ti permetti di attaccare ai miei amici le tue malattie?
Ti odio Ethan, ti odio come non ho mai odiato nessuno. Mi hai preso il mio unico vero amico, l'hai trasformato, non te lo perdonerò mai.
Il castano geme sotto la suola delle mie scarpe, mentre un rivolo di sangue gli attraversa il viso, partendo dalla tempia. È ricoperto di graffi ovunque, ma non è abbastanza: almeno in questo momento voglio divertirmi come si deve.
Un lampo mi attraversa la mente: un'immagine di James mi appare d'improvviso, e per un attimo mi chiedo se quello che sto facendo sia la cosa giusta. Poi, la rabbia mi assale, ricordando che è lui la causa del mio nervosismo. È lui ad essere sbagliato, è lui ad essere nel torto. E ad una persona sbagliata la vita non può essere tutta rose e fiori, esattamente come ed successo a me.
Il ragazzo sotto di me è già in condizioni pietose, non voglio immaginare quali danni potrebbe causargli un altro mio pugno. Un'emorragia interna? È probabile, ma non ho intenzione di ucciderlo. Non ho intenzione di finire nei guai, né tanto meno di deludere James.
Ethan si tiene lo stomaco mentre tossisce; si sta trattenendo, non vuole darmi la soddisfazione di vederlo soffrire. Ma a me non basta, deve urlare, deve trasmettermi la sua sofferenza, perché è la cosa che più mi fa stare bene. Mi ricorda di non essere solo, mi ricorda che ci sono persone più disperate di me. Non sentirmi l'ultimo del mondo mi rende felice.
Il ragazzo cerca di pulirsi il sangue dal viso con la manica della felpa, ormai sporca e impolverata. Spero gli si infetti quel graffio, e che gli resti la cicatrice.

Lo prendo per la maglietta e lo tiro su con la forza, guardandolo con ira negli occhi. Vorrei che la mia banda fosse qui per vedere la scena, perché è davvero epica. Non so quanto godrebbero nell'osservarlo a terra in queste condizioni.
«Mi fa schifo il tuo solo pensiero. E ormai anche James hai contagiato. Al solo pensiero di voi due mi vengono i brividi. Ma come fate?» non è una risposta quel che voglio, e lui pare comprenderlo. Non fiata, ma deglutisce a vuoto. Avvicina incerto le mani tremanti alla mia presa salda sulla sua felpa ormai sformata, tentando invano di liberarsi. Non transigo, lo sbatto a terra con violenza e sputo la saliva in eccesso che mi si è formata in bocca.

Lascio la presa e raddrizzo la schiena, per sgranchirmi da quella posizione china sul corpo del ragazzo.

Bastano dieci secondi di distrazione e la situazione si capovolge.

«

Mi pare di averti già avvertito di stare lontano dal mio ragazzo.» esordisce con una rabbia nella voce che so non appartenergli. James mi spintona via da Ethan, riuscendoci solo perché sono troppo sbalordito per contrattaccare. «Ti conviene farlo, Norrison. Perché, al contrario di Ethan, io e te siamo sullo stesso livello. Non sono debole come ho sempre finto di essere. So difendermi, e so farlo anche per il mio ragazzo.» Continua a ripetere le cose come stanno. Ethan McCollough è il ragazzo di James Armstrong. E non si può negare l'evidenza. Non posso smentire la triste realtà, non posso non ammettere che James sia un... un finocchio.

Urlo dalla tensione, mentre scaravento il mio pugno chiuso contro lo zigomo di James. Il biondo lo schiva e mi attacca dal basso, prendendomi un fianco, ma non facendomi molto male.
Lo spingo via, mentre me ne vado sfinito e deluso. Oggi è il giorno in cui ho ufficialmente perso il mio migliore amico.

Ethan, io...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora