Capitolo 19

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Un rumore assordante mi riscuote dal sonno. Stordita mi guardo attorno e allarmata controllo che non ci sia stato un terremoto. Aggrotto la fronte e passo una mano sul viso. Qualcuno sta bussando pesantemente alla porta. Lancio uno sguardo all'orologio e spalanco gli occhi. Merda, merda, merda. Ho dormito per 24 ore di fila. Come è possibile?
Scendo dal letto inciampando e corro subito ad aprire. «Arrivo!» strillo più di una volta.
Spalanco la porta e vengo avvolta da un paio di braccia. Tento di allontanarmi ma la presa è ferrea. «Bentornata tesoro!»
«Ehi», fisso la mia amica ancora intontita. Odio svegliarmi di soprassalto.
Lexa si incammina verso la cucina e poggia sul ripiano delle buste. Deduco mi abbia portato qualcosa da mettere sotto i denti. Probabilmente la cena. Non ho molta fame, sono solo ancora stanca e ho bisogno di dormire.
«'Giorno», brontolo sbadigliando.
Lexa si volta e rimane sospesa con un piatto in mano. Fa una smorfia e morde nervosa il labbro. «Dormivi? Oddio, scusami. Non rispondevi e mi sono preoccupata. Scusa, scusa, scusa! Torna a dormire.» Mi abbraccia e si avvia verso la porta. «Ci vediamo domani», sorride lasciandomi sola.
Intontita sistemo la cena dentro il frigo e ritorno sotto le coperte. Fa davvero freddo e indosso come una stupida solo una maglia larga. Non è il massimo ma non ho voglia di scegliere cosa indossare. Dovrei comprare un pigiama e delle ciabatte comode invernali. Appunto mentalmente l'ordine. Chiederò a Lexa di accompagnarmi a fare shopping. Sono certa che non rifiuterà. Abbiamo entrambe bisogno di svago.
Sto per appisolarmi nuovamente quando qualcuno bussa ancora una volta alla porta. Ad occhi chiusi vado ad aprire ma non appena la spalanco rimango bloccata. Due occhi chiari mi stanno fissando. Parker se ne sta sulla soglia, una mano dentro la tasca del cappotto mentre con l'altra tiene un sacchetto. Non lo vedo da giorni eppure mi sembra di non vederlo da mesi. Vorrei tanto abbracciarlo ma proprio non ne ho le forze e poi non credo sia il caso.
Stropiccio gli occhi e quando fa cenno di avere portato la cena lo lascio passare. Mi rendo conto di essere impresentabile guardandomi. Corro in camera e infilo immediatamente un paio di shorts, sistemo i capelli e torno in cucina dove trovo Parker intento a sistemare nei piatti la cena. Ormai sa destreggiarsi nel mio appartamento e non mi è mai dispiaciuta la sua invadenza.
Siedo sullo sgabello e prendo una forchettata di pollo con salsa piccante. Capisco subito che lo ha preso nel mio locale preferito e se non fossi così orgogliosa è arrabbiata con lui, sorriderei. Prende posto accanto a me e ceniamo in silenzio.
Ad un certo punto, sento di esplodere. Poggio la forchetta sul piatto e apro bocca. «Senti Parker»
«Senti Emma»
Sorridiamo in imbarazzo. «Prima tu», abbasso lo sguardo e torno alla cena.
«Non hai risposto e sono passato. Mi dispiace essere opprimente, so che ti senti così quando ti controllo non è mia intenzione ma... Ti amo e non, non voglio rovinare tutto ancora una volta.»
«Dormivo. Prima è passata Lexa e sono tornata a letto quando è andata via. Ho dimenticato ad avvisare. Mi sento davvero stanca. Non era mia intenzione farti preoccupare.»
Parker alza lo sguardo e deglutisce. «Cosa stiamo facendo?» sospira con un gesto di frustrazione.
Bella domanda. Cosa stiamo facendo?
Ci stiamo incasinando la vita, ecco cosa stiamo facendo. Litighiamo molto quando prima trovavamo sempre una sorta di patto in grado di fare funzionare tutto al meglio. Da quando sua madre ci ha messo i bastoni tra le ruote e la sua gelosia si è insinuata nel nostro rapporto, le cose si sono lentamente sfaldate sotto i nostri stessi occhi. Ho anche io le mie colpe in tutto questo e mi sento un vero schifo perchè non so proprio come rimediare e se è possibile farlo.
Mi stringo nelle spalle e scuoto la testa. «Non lo so.» Metto il viso tra le mani. «So solo che mi dispiace! Per averti urlato contro, per essere scappata anzichè affrontare il problema, per tutto quanto. Non meriti di essere trattato in questo modo.»
«Sono io quello che deve scusarsi Emma. Me ne sono andato proprio quando avevi più bisogno e se sei scappata da un altro: è colpa mia. Non ne vado fiero. Sono stato uno stronzo insensibile a anche codardo. Non te ne faccio una colpa e so che lo ami però mi piacerebbe corteggiarti e farti capire che ti amo, che ti rivoglio nella mia vita, che sei speciale per me.» Stringe le mie mani. «Possiamo riprovare? So che una volta essersi rotto il vaso non può tornare come prima ma potremmo sostituirlo o provare a rendere il vado con quei cocci più resistente. Non so cosa sto dicendo sono nervoso in questo momento, non riesco a non pensarti. Mi hai cambiato e non mi dispiace affatto perché mi rendi felice e una persona migliore. Pensaci su Emma.» Lascia la presa sulle mie mani.
Non è abituato a chiedere scusa, a pregare qualcuno, ad abbassarsi. Capisco che parlarne è già un grosso passo avanti per lui. Prendo un sorso d'acqua. Ho la gola secca e i pensieri sconnessi. Ho il timore che se apro bocca le parole si accavalleranno senza senso. Faccio un grosso respiro per concentrarmi. «Ci proverò. Non sarà facile ma ci proverò.» Riesco a dire e mi sento subito una stupida insensibile.
Annuisce e poi mi aiuta a rimettere in ordine la cucina. Sto asciugando le mani quando mi accorgo che continua a guardarmi. Mi guardo dall'alto in basso per capire se ho qualcosa addosso.
«Grazie per il regalo», arrossisce e schiarendosi la voce per riacquistare la compostezza tipica del suo modo di essere cerca di non balbettare e sorride.
«Volevo che sapessi che ti penso, che tengo molto a te.» Fisso le punte dei piedi. «Spero di non avere riaperto vecchie ferite. Era solo un piccolo gesto.»
Alza il mio mento con le dita, sfiora le mie labbra e poi mi abbraccia. Per un paio di secondi rimango rigida sul posto. Dopo avere sentito il suo profumo, il suo calore avvolgente e il suo cuore, ricambio l'abbraccio.
«Mi è piaciuto tantissimo. Soprattutto le foto.»
Le mie guance si imporporano. «Scommetto che vorresti vedermi da vicino con quella maglia addosso», scherzo per sciogliere un po' il ghiaccio e la brutta tensione.
«Troverò una scusa per fartela indossare», sorride.
Ci sediamo sul divano un po' più tranquilli. «Hai trovato lavoro?»
«Ho mandato dei curriculum e fatto dei colloqui online. Aspetto che mi diano una risposta. Per il momento lavoro per Lexa.»
Le sue dita sfiorano le mie. Non ho mai visto Parker così insicuro. Decido di agire al posto suo e poso la mano sulla sua. Per fortuna la stringe e se la porta in grembo. Adoro quando gioca con le mie dita.
«È colpa mia se sei andata via e ora devi aspettare. Se hai bisogno di aiuto non esitare, permettimi di aiutarti e rimediare.»
Nego con la testa e un sorriso timido. «Non preoccuparti. So cavarmela.»
«Lo so. È questo che mi preoccupa.»
Lo guardo stordita e si affretta a precisare. «Vorrei che avessi bisogno di me.»
Mordo il labbro e appoggio la testa sulla sua spalla con il cuore a mille. Il problema è che non riesco proprio a chiedere aiuto perchè da quando sono rimasta sola, ho dovuto contare principalmente sulle mie sole forze. Sospira e si adagia sul divano un po' più rilassato. Il suo petto si alza e si abbassa lentamente. Chiudo gli occhi. Sono davvero stanca. Il get lag si fa sentire.
«Vuoi che me ne vada?»
«No»
«Vuoi che ti metta a letto e ti rimbocchi le coperte?»
«Sto bene qui». Sorrido e lascio che il suo braccio avvolga le mie spalle.
«Posso rivelarti un segreto? Anch'io ora sto bene qui.» Stampa un bacio sulla mia testa.

N/A:
~ Ok, non odiatemi ma a me Parker piace un casino. Non sto dicendo che Emma ed Ethan non stanno bene insieme ma Emma ha un rapporto diverso con Parker. Sono complici, non hanno bisogno di farsi del male per vivere quell'attimo tranquillo. (Ok, vi sembrerò pazza Ahaha)
Inoltre Ethan sta ancora nascondendo qualcosa ad Emma. Cosa sarà???
Cosa succederà ancora???
Spero che questo doppio aggiornamento vi sia piaciuto! Come sempre vi ringrazio per la pazienza. Scusate per gli errori.
Buona serata :* ~

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