Capitolo 33

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~ Ethan's POV:

«Sei pronto?» domanda papà sbucando con la testa in camera.
Sono pronto?
Certo che no! Che domande. Sono giorni che evito come la peste tutto e tutti mentre oggi non sono riuscito a sottrarmi all'uscita di gruppo per mia sfortuna. Anya e Mark hanno insistito tanto così alla fine ho ceduto. Infilo il berretto e raggiungo mio padre.
Carichiamo la sua carrozzina in auto e partiamo verso il centro commerciale dove ci incontreremo con Lexa e lei... Emma.
Serro la presa sul volante e stringo i denti. Ogni notte sono riuscito a trattenere le lacrime. Ogni notte ho scritto poche righe per poi strapparle con rabbia. Ogni notte sono uscito per andare a correre e ho sfogato il dolore, la rabbia e la frustrazione in questo modo. Mi si è anche chiuso lo stomaco e ho sempre mangiato peggio di un bufalo in determinate circostante.
Adesso capisco come si è sentita. Sto provando sulla mia stessa pelle ogni sensazione dolorosa. Questo sarà il karma per chi ci crede. Sto pagando per quello che ho fatto e so di meritarlo. So di avere sbagliato e anche tanto nei suoi confronti.
«Ti senti bene?» domanda allarmata mia sorella dal sedile posteriore.
Mark si gira di scatto mentre mio padre guarda fuori dal finestrino quasi assorto.
Sto stringendo troppo forte il volante del suv e le nocche sono bianche. Ho le spalle tese e i muscoli in tensione.
«A meraviglia!» mento con un sorriso tutto denti. Ritornerò lo stronzo di prima se continuo in questo modo.
Mia sorella fa una smorfia. Lo vedo dallo specchietto retrovisore che trattiene ogni pensiero per evitare di fare polemica. Purtroppo anche lei si trova in bilico. Il fratello da una parte e la sua migliore amica dall'altra. Non deve essere semplice.
Per il resto del viaggio rimaniamo in silenzio ognuno perso nei propri pensieri.
Il fatto è che non voglio rivederla. Ho reagito male l'ultima volta e il dovermi ritrovare nello stesso posto senza potermi avvicinare a lei, mi fa ribollire solo il sangue.
Posteggio nell'enorme parcheggio interno del grande centro commerciale. C'è un gran via vai di gente. Ormai siamo quasi a Natale e chiunque riesce a scappare dal lavoro corre a fare gli ultimi acquisti prima delle feste. Aiuto mio padre a sistemarsi sulla sedia e poi lo seguo. Non ho intenzione di vederla. Farebbe doppiamente male e non sopporterei la vista di lei mano nella mano con lui mentre giocano alla coppia felice.
Lo so, è egoista da parte mia ma sto preservando me stesso dalla distruzione certa. Non voglio riprovare certe sensazioni perché so che non riuscirò ancora a lungo a trattenermi. Le sto dando il tempo che vuole per capire. Spero nel frattempo che non si cacci nei guai.
Cammino accanto a mio padre mentre sentiamo le ragazze strillare di gioia a poca distanza ma non mi volto. Entro nel primo negozio iniziando a passare in rassegna i vari capi di abbigliamento. Purtroppo qui a Vancouver non ne ho molti e mi serviranno per quando riuscirò a trasferirmi per passare qualche mese con la mia famiglia. Ho anche pensato di organizzare un viaggio per quanto avrò terminato il mandato ma non so ancora cosa farò. Spero solo che questi tre mesi passino velocemente.
Provo delle felpe e dei jeans aderenti, trovi anche i miei berretti preferiti. Mi dirigo alla cassa dove una commessa continua a farmi gli occhi dolci. Le sorrido come uno stronzo e poi esco dal negozio lasciandola con il viso in fiamme mentre mio padre scuote la testa. Non ho fatto niente. Non è colpa mia se faccio questo effetto alla gente.
Per svagarmi passo a prendere dei giochi per l'Xbox. A TJ farà piacere averne di nuovi con cui giocare durante le notti insonni e in bianco ma soprattutto senza di me. Mi ha già chiamato un paio di volte in questi giorni. Si sente solo ma andrà a trovare la sua famiglia a New York quindi si divertirà.
«La saluterai?»
«Penso proprio di no!» pago il resto degli acquisti.
«Perché?»
«Perché è giusto che io mi metta da parte», replico secco.
Papà contrae la mascella aggiustando la montatura sul naso. «Sai che così facendo la confondi? Un giorno le salti addosso e se pronto a mettere sottosopra il mondo mentre quello dopo sparisci e sei freddo o peggio non la calcoli di striscio», ci spostiamo in uno dei bar con le pareti colorate e i mobili in stile moderno. C'è una grande varietà di dolciumi dietro il bancone. Emma starebbe lì davanti, minuti interi a scegliere. Merda! Non, devo, pensare, a, lei!
«Le farai del male con questo comportamento e ne farai anche a te stesso. Tu lo sai ma ti ostini!»
«Cosa dovrei fare? Sorridere e continuare ad incassare i colpi come un coglione? Vederla tra le sue braccia mi manda in bestia e credimi, le sto facendo solo un favore!»
Papà beve un sorso di caffè. Picchietto le dita sul tavolo muovendo anche la gamba.
«Si le stai facendo un favore perché sei solo impaurito ecco perché! Da quando lei è venuta a Las Vegas e Dio solo sa cosa avete fatto insieme e spero tu sia stato attento questa volta, sei troppo attento e sulla difensiva!»
Passo la mano sul viso. «Non abbiamo fatto niente. Questa volta è diverso perché ho troppo da perdere! Ho già rischiato una volta, non lo farò di nuovo.» Ribatto frustrato. Guardo fuori dalla vetrina e la vedo. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata. Sorride come una ragazzina mostrando gli acquisti a Lexa e ad Anya. È parecchio emozionata per l'arrivo del Natale. Sarà la sua prima vera festa in famiglia. Io non voglio e non posso rovinargli il momento. Merita di passare serenamente le feste.
Papà schiocca le dita davanti e distolgo lo sguardo dalla visione della mia bellissima principessa. Mi manca ma devo starle lontano. Posso farcela.
«Non potrai mai lasciarla andare del tutto», mi sorride finendo il suo caffè quasi soddisfatto di avere ragione. Anche lui ama ancora mamma ma più di me si ostina a non darla a bere a chi lo circonda. Mi piacerebbe vederli di nuovo insieme un giorno, quella squadra che erano e che mi manca tanto.
«Non lo farò mai!» quasi rabbrividisco al pensiero. Non riuscirei mai a lasciarla andare. Manterrò sempre la mia promessa di proteggerla. Lei sarà sempre e solo mia. Prima o poi sarà lei a tornare da me perché tornerà.
Papà sorride ancora poi usciamo dal bar. Trovo alcuni regali per la mia nipotina. Non vedo proprio l'ora che arrivi. Sono emozionantissimo e ogni occasione è buona per prendere qualcosa ad Anya che potrà usare tra qualche mese.
Mark ci raggiunge. Posa una mano sulla mia spalla. «Tutto ok?» domanda stanco. Le ragazze avranno esagerato con gli acquisti.
Faccio una smorfia per non ridere. Non ho intenzione di continuare a rispondere a questa fottuta domanda. «Questa sera ho intenzione di andare al locale, tu vieni?»
Mark sembra deluso. «Ho promesso a tua sorella di portarla a cena. I suoi sbalzi d'umore fanno impazzire anche me», gratta la tempia.
Sorrido. «Buona fortuna!» replico con una pacca sulla sua spalla.
Papà ride poi insieme continuiamo a girare per il resto dei negozi.
La mia attenzione viene richiamata dalla sua voce. Alzo lo sguardo e la vedo nell'altro reparto. Parla con mia sorella e sembra indecisa e insicura. Mi si stringe il cuore quando penso al suo passato, a quello che ha dovuto sopportare e vivere. New York doveva essere la sua nuova casa e io ho distrutto il suo sogno.
Esco dal negozio e vado a sedermi da solo lontano dalla calca di gente. Vedo ancora il negozio e lei. Lei che continua a passare in rassegna ogni oggetto con occhi lucidi e sguardo curioso e dolce. Di punto in bianco una bambina le si avvicina, lei le sorride nel suo modo tranquillo e socievole poi la bambina corre da suo padre. Emma sembra irrigidirsi di colpo. Si blocca con una confezione natalizia tra le mani.
Non me ne rendo conto. Sono già a metà strada per raggiungerla quando Anya le si parla davanti riportandola al presente e io arresto la mia corsa. So a cosa stava pensando. So cosa stava vedendo ed è stato come un pugno al centro del petto.
Quando escono dal negozio, Emma sorride timida ma il suo sorriso non arriva al cuore. È un sorriso parecchio triste. Fissa le sue amiche con i ragazzi poi vedo le sue spalle irrigidirsi prima che lui, la circondi con le braccia facendola sorridere. Lei si volta quasi disperata baciandolo.
Distolgo lo sguardo colpito dalla scena. Potevo esserci io al suo posto. Stringo i pugni e mi rifugio dentro il cinema dove guardo come un bambino imbronciato "Alla ricerca di Dory". Non è male e mi distrae.
Quando esco dal cinema sono distratto. Di punto in bianco parte proprio quella canzone.

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