Capitolo 30

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Continuo a cercare prove sul caso che stiamo seguendo. Sono rannicchiata sul divano, in biancheria intima, il portatile davanti, dei fogli in grembo, una penna in bocca e un evidenziatore tra le dita. Ho già ritagliato gli articoli che non rivelano niente mentre altri, sono stati utili.
La luce del soggiorno si accende e mi volto di scatto. Da quanto mi sta fissando?
Cammina lentamente e poi si piega sulle ginocchia davanti a me abbassando lo schermo del portatile fino a chiuderlo. I suoi occhi sono attenti e i gesti misurati. Toglie i fogli dal mio grembo, l'evidenziatore dalle dita e poi la penna dalla mia bocca. «Che fai?», domanda con molta calma.
Abbasso le spalle e gli occhi. «Non riuscivo a dormire e mi sono messa a lavorare.»
Passa una mano sul viso. Un gesto che fa spesso quando non vuole perdere la pazienza. Sospira sedendosi accanto a me tenendo ferme le mie mani per i polsi. «Hai ancora gli incubi?»
«Si ma...»
«Potevi svegliarmi e parlare. Mi sono svegliato e non ti ho trovata nel letto e sono le tre del mattino. Dovresti dormire qualche ora Emma. Se non ci riesci perchè hai paura, veglio io su di te.»
«Dormivi tranquillo e non volevo svegliarti per lagnarmi. Sto bene, davvero.»
Parker si rialza scuotendo la testa. Stringe i pugni sulla vita e si sposta in cucina. Lo seguo con lo sguardo mentre apre lo sportello e preleva due tazze. Inizia a preparare del caffè e del tè caldo. Accende anche il piccolo camino e poi ritorna accanto a me porgendomi la tazza fumante. «Non sono rimasto a dormire qui per rimanere da solo. Sono rimasto per te.» Manda giù un piccolo sorso di caffè. Sta trattenendo la furia ed è colpa mia.
Poso la tazza sul tavolo in legno e lo abbraccio. «Mi dispiace. Non dormo più in camera e avevo paura di avere un incubo o di non riuscire a svegliarmi. Non, non volevo che tu assistessi a questo. Fai già tanto per me e meriti di riposare almeno la notte.»
Inspira prendendo il mio viso tra le mani. «Non devi pensare a me. Non puoi sempre stabilire ogni cosa. A me piace proteggerti ed esserci in ogni momento.» Si guarda attorno e dopo un momento propone: «Che ne dici se prendiamo un plaid e ci sdraiamo qui in soggiorno? Se hai un incubo lo affrontiamo insieme ok?»
Annuisco alzandomi con lui per prendere due plaid e dei cuscini. Apriamo il divano e ci stendiamo vicini. Poggio la guancia contro il suo petto e lascio che le sue dita massaggino la mia schiena e il suo cuore mi riscaldi.
«Vuoi parlare del caso? Dimmi cosa hai trovato su questo proprietario della caffetteria. C'è un collegamento con l'avvocato?»
«Il problema è che non ho trovato... niente sul suo passato. Aspetta un momento.» Mi alzo di scatto e prendo il portatile. Parker mi guarda come se fossi impazzita o in preda ad uno dei miei raptus. Inizio a scrivere sul motore di ricerca. Apro più pagine e controllo più volte di non avere sbagliato nella digitazione. «Bingo!», giro verso di lui lo schermo con le pagine aperte.
Parker fissa il tutto incredulo. «Come, come ci sei arrivata?»
«Cercavamo nel posto sbagliato. Te lo avevo detto no?»
Annuisce continuando a fissare incredulo la pagina aperta sul portatile. «Adesso sappiamo cosa fare», preme il tasto stampa e poi chiude il portatile mentre si sente il rumore della macchina fotocopiatrice in azione. Mi guarda e sulle sue labbra spunta un sorriso pieno di orgoglio. Passa solo un momento, solo uno. Sono tra le sue braccia e ci stiamo baciando come due ragazzini incapaci di trattenere l'entusiasmo. «Sapevo che mi avresti aiutato», preme il suo corpo contro il mio e senza fiato morde le mie labbra. «Sei fantastica».
Ci stacchiamo quando la situazione tende a degenerare. Sistemo il suo braccio attorno alla mia vita e distesa su di un fianco chiudo gli occhi sollevata. Parker mi stringe a sè dopo avermi dato un bacio sulla spalla. Mordo il labbro e muovo i fianchi. Trattiene il fiato e avvicina le labbra contro il mio orecchio sussurrando: «So che non dobbiamo spingerci oltre ma mi hai appena provocato e ho una voglia matta di sentire il tuo respiro caldo mentre ti ecciti.» Non mi lascia il tempo per prepararmi. La sua mano scivola sulla mia pelle iniziando a tormentarmi. Inarco la schiena e trattengo dei gemiti. Ho la pelle d'oca e il cuore a mille. Preme con più decisione con le dita sui punti deboli mordendo lievemente il mio collo. Perdo il contatto con la realtà. Affannata e ancora scossa dal piacere che mi ha procurato anche solo sfiorandomi, mi volto e stringendo le dita sul suo viso attiro la sua bocca alla mia. «So che non riesci a credermi in questo momento ma io ti amo, ti amo tanto e so che non riesco a dimostrarlo o a dirlo spesso a parole ma lo sento...», tappa la mia bocca con la sua per farmi smettere di balbettare.
Quando mi permette di respirare, passo la mano tra i suoi capelli. «Posso ricambiare il favore mister Johansson?»
Sorride appoggiando le labbra contro il mio orecchio. «Hai già ricambiato», sussurrando prendendo la mia mano e intrecciando le nostre dita. Capisco tutto quando arrossendo per il suo tono basso e sensuale abbasso lo sguardo sui suoi boxer. Spalanco gli occhi incredula e credo di arrossire maggiormente. Ridacchia. «Vedi che effetto mi fai? Non sono nemmeno riuscito a trattenermi e ti ho solo sfiorata.»
Lo abbraccio schiacchiando il mio corpo contro il suo. «Mi manchi»
Ride. «Anche tu mi manchi.»
Stretta nel suo abbraccio mi addormento in fretta.

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