Capitolo 38

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~Ethan's POV:

Avete presente quando una giornata inizia male e temete che questa possa andare così per tutto il giorno o anche peggio?
Ecco, oggi ho questa strana sensazione dentro. Ho un brutto presentimento e non riesco a specificare per cosa.
Me ne sto seduto al tavolo di lavoro con mio padre. Mi ha chiesto aiuto per finire delle protesi e sto impiegando il mio tempo libero in questo modo. Mi aiuta a non pensare anche se sono distratto e ho fatto più errori del solito.
Papà sospira prima di togliere il cacciavite dalle mie mani. «Ti sei svegliato con il piede sbagliato o cosa?» domanda tranquillo terminando quello che stavo facendo io con naturalezza e velocità. Mi rendo conto che non sono riuscito ad aiutarlo e mi sento un pessimo figlio.
«Non lo so. Sento che oggi qualcosa andrà storto. Mi è capitato poche volte nella vita eppure oggi sento proprio questa brutta sensazione e vorrei solo rintanarmi in casa anziché uscire con Mark!» ricomincio ad avvitare le protesi con una smorfia.
Mio padre non ha mai creduto a questo genere di sensazioni. È l'uomo più scettico di questo mondo. Infatti mi guarda da sopra la montatura nera. «Le cose accadono quando siamo noi a farle accadere!»
Ecco, lui è il classico uomo che dopo una sventura diventa saggio propinando le sue perle di saggezza. Il fatto è che ha ragione. Mio padre ha sempre ragione. Forse gli eventi della vita devono averlo temprato e cambiato perché prima lui non era affatto così. Era più uno spirito libero e intraprendente. Un uomo spericolato, senza regole. Purtroppo questo gli si è ritorto contro togliendogli qualcosa che lui amava:  la vita, il pericolo, l'amore e l'uso delle gambe.
«Ascolta tuo padre una volta tanto e non fare sempre quello testardo e impulsivo», va a recuperare delle cartelle iniziando a segnare le schede.
«Il problema sai qual è papà! Non posso obbligarla e non posso starle troppo addosso. Ha già avuto uno scatto e stavo quasi avendo un collasso quando l'ho vista in quello stato su quell'auto. Al di là delle parole che ha usato per difendersi, alcune erano vere. Si è sfogata perché ha accumulato troppo. Io l'ho distrutta ancora e ora non so più che cosa fare», sospiro abbassando lo sguardo.
Papà non parla per un paio di minuti. Minuti e silenzio interrotto dai rumori provenienti dall'esterno. Questa città non è caotica come New York o Las Vegas ma ha una sua caratteristica, questo è certo.
«Invece sai cosa devi fare. Devi solo trovare il coraggio per affrontarla!» sorride tranquillo.
Sento il sangue affluire sulle guance. Non credo di essere pronto a dirle la verità. Mi odierà e scapperà da lui. Coglierà l'occasione e pur rimanendo delusa si lancerà tra le sue braccia per farmi un dispetto o peggio: per costruire un futuro senza segreti e migliore.
Stringo la presa sul cacciavite. Le nocche sbiancano. Ho bisogno di sfogarmi. Mi rialzo e corro in camera. Indosso una tuta e dopo avere avvisato papà corro fuori.
Metto le cuffie nelle orecchie e inizio a sfogarmi, a scaricarmi, a non pensare troppo.
Glielo dico o no? Come reagirà? Si sentirà tradita? Mi guarderà con disprezzo? Si sentirà ferita e ancora una volta usata?
Scaccio ogni domanda continuando a correre. Arrivo al parco senza fiato ma continuo fino a quando non sento i polmoni incendiarsi e l'ossigeno mancare.
Mi fermo giusto due minuti per riprendermi prima di tornare indietro meno paranoico, pieno di dubbi ma sicuro di essere pronto a tutto. Ho deciso, devo dirle la verità.
Arrivo a casa e trovo mia sorella e Mark. Faccio una doccia e quando sono fresco e rilassato mi dirigo in cucina.
Aiuto apparecchiando la tavola e poi in cucina dove Anya come al solito sta facendo un gran casino. Mi stupisce che Mark sia ancora vivo. Anya è una bomba ad orologeria. Non sai mai quando scoppierà e nel suo stato interessante non puoi mai criticare i suoi piatti che spesso mancano di sale o spezie. Quando non se ne accorge assaggio il sugo all'italiana e aggiungo del pepe e del sale. Faccio finta di niente mentre torna per rigirare la pasta.
La sua pancia si vede più di prima. «Lascia continuo io!»
Non se lo fa ripetere e corre tra le braccia del suo uomo. Immagino me ed Emma al loro posto. Chissà come sarebbe stato se avessimo avuto quel bambino. Forse le cose sarebbero diverse ora.
Quando finalmente porto a tavola gli spaghetti, ringraziamo e poi si mangia.
«Hai una faccia oggi... Che ti è successo?» domanda Mark.
Faccio il finto tonto. «Niente! Va tutto a meraviglia!» finiamo di mangiare tra le chiacchiere e i battibecchi di papà e Anya.
Sono sul divano. Prendo il telefono e le chiamo. Uno, due, tre squilli e non risponde. Scatta la segreteria. Aggrotto la fronte.
Probabilmente sarà al lavoro e non può rispondere. Proverò dopo.
«Qualcosa ti turba?» domanda Mark prendendo posto accanto a me.
Finalmente questa sera usciamo come ai vecchi tempi. Andiamo a prendere qualcosa da bere al locale di David.
«Ho provato a chiamarle ma scatta la segreteria dopo tre squilli», ammetto come un ragazzino geloso.
Mark sorride. «Sai meglio di me com'è fatta!» replica tranquillo accendendo la PlayStation.
Giochiamo per un'ora poi provo di nuovo a chiamarla. Deve rispondere, devo parlarle.
Non è possibile che non mi risponde. Mi ha pure staccato la chiamata. Cosa diavolo sta succedendo? Perché ha rifiutato le chiamate?
Le ho lasciato il tempo per parlare con Parker e magari chiarire con lui capendo che non sono fatti per stare insieme perché sembrano due amici. Ma, non mi aspettavo che non mi avrebbe risposto. In parte inizio a preoccuparmi. Quando Emma non risponde, c'è qualcosa che non va.
Mi metto al computer per organizzare il viaggio di ritorno a Las Vegas. Continuo a non capire e più volte impreco in silenzio contro la compagnia che non riesce a mandarmi gli orari nel dettaglio.
Anya mi lancia strani sguardi di sbieco ma non fa nessuna domanda. Non saprei come rispondere. Mi sento come un ragazzino alla prima cotta. Sto per dare di matto.

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