Capitolo 57

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~ Ethan's POV:

Ore 6:00. La sveglia suona interrompendo il silenzio e il sonno. Allungo la mano sul comodino per spegnerla. Rimango sotto il lenzuolo ancora qualche minuto prima di sbadigliare e alzarmi a metà busto. Una nuova giornata è appena iniziata. Stendo le braccia e poi mi alzo andando in bagno. Faccio una doccia fredda per svegliarmi del tutto, mi vesto e vado in cucina.
Trovo TJ ai fornelli. Sta preparando del caffè e delle uova. Sistemo i piatti sul bancone e riempio la tazza di liquido caldo quasi fino all'orlo. L'aroma si diffonde in gran parte della cucina. A me non dispiace.
È strano mangiare a casa. Di solito ci fermiamo in caffetteria per delle ciambelle appena sfornate o facciamo colazione in centrale con i colleghi quando il capo ci vizia con qualche dolciume dall'aspetto goloso e dei casi da risolvere in fretta.
«A cosa devo questa colazione?» sorrido.
TJ rigira la frittata prima di dividerla e servirla. «Non abituarti! Non sono tua moglie!» mi strizza l'occhio.
Alzo gli occhi al cielo. Ormai non fa altro che stuzzicarmi. Da quando gli ho mostrato la foto di Emma con Stella, non ha fatto altro. Dice che ho ripreso colore e che sono più positivo del solito. Forse è vero. Sono disposto a stare accanto ad Emma come amico e a vederla felice. Non devo per forza tenerla legata con un foglio di carta. Devo fare per una volta qualcosa per lei: lasciarla libera di sbagliare da sola.
Nel profondo so che mi ama e che un giorno capirà di potersi fidare di me. Per ora è solo confusa e ha bisogno di tempo e di camminare con i suoi piedi.
Mangio rilassato mentre TJ mi guarda con quel sorriso da idiota sulle labbra. Mi irrita quando mi provoca in questo modo. Sa che posso reagire male ma ci prova lo stesso a farmi saltare i nervi già all'alba.
Riordino la cucina mentre lui va a prepararsi e poi recupero la pistola e il distintivo. Sarà una giornata piena oggi, me lo sento.
Ricevo un messaggio su WhatsApp. Sorrido quando lo apro. Anya mi ha mandato la foto della mia bellissima Stella con il buongiorno! Evidentemente non avrà dormito. Avrà fatto le ore piccole perché la bambina avrà pianto. Sorrido. È già una peste, la cosa mi diverte. Un giorno Mark le correrà dietro sbarazzandosi dei ragazzi che la corteggeranno. Il pensiero mi fa sorridere. Io sarò lo zio preferito, questo è certo.
Dissolvo la nuvola di pensieri che circolano dentro la mia testa ed esco di casa per andare a prendere l'auto dal parcheggio. TJ mi attende all'entrata. Sembra nervoso e controlla l'orologio di continuo.
«Che succede?»
Gratta la tempia. «Secondo te è sbagliato essere interessato ad una ragazza dopo sai... dopo sai cosa», balbetta
«Tu sei sempre interessato alle ragazze», rido.
«No, forse non hai capito. Mi spiego meglio: secondo te sono pronto per una relazione? Credo di avere fatto il danno!»
Per poco non freno di botto. «Che significa? Ti sei innamorato o hai messo incinta qualche ragazzina?» sorrido al mio amico ormai rosso in viso.
Mette gli occhiali da sole. «Non ne sono sicuro ma si, credo di essermi innamorato. Allora? Secondo te è giusto?»
Rifletto due secondi mentre scatta il verde e mi affretto a passare. Oggi c'è un certo traffico per strada. «Penso che al cuore non si comanda. Penso che a volte però siamo noi costretti a comandarlo per paura di soffrire. Se vuoi un consiglio da amico o da fratello, digli sempre la verità dall'inizio. Se ricambia il sentimento andrà tutto bene...» Avrei tanto voluto ricevere tempo fa questo consiglio. In realtà non ho mai apertamente detto di amare Emma, tranne nell'ultimo periodo. Il mio errore è stato proprio questo: non ammettere quello che provavo e provo tuttora. Non ho detto a Mark che aveva ragione quando stavamo da Anya nel loro appartamento. Non ho detto a mia sorella che aveva ragione quando mi chiedeva di decidermi e di non metterla in pericolo. Il mondo aveva ragione e io ho commesso tanti, troppi errori. Non so dove mi porterà tutto questo. Da una parte spero di liberarmi da questo peso opprimente mentre dall'altra spero ancora di ricevere la mia piccola dose di felicità.
Arriviamo in centrale, posteggio nella zona riservata e poi entro in ufficio. Trovo un gran caos come sempre. Gente ubriaca dietro le sbarre che ridendo chiama "sbirro" chi passa. Tossici in un angolo tremolanti e già in astinenza. Barboni in un altro. Ho visto davvero di tutto qui dentro e nella vita. Si, merito proprio una vacanza.
Il capo mi chiama subito nel suo ufficio. Saluto e attendo ordini. Non mi è mai piaciuta questa cosa ma ha tenuto a freno la mia indole anche se non sono riusciti a cambiarmi del tutto.
«Questa notte i tuoi colleghi hanno segnalato i posti possibili in cui si incontreranno. Te la senti di controllarli tutti?» mi punta addosso i suoi occhi scuri. Che domanda è? È il mio lavoro questo, devo!
«Si signore!»
Il capo soppesa il mio sguardo. «Qui dentro tutti credono che tu sia un robot, io invece dentro quegli occhi vedo che hai passato l'inferno e non ne sei ancora uscito del tutto illeso. Ti dirò una cosa come padre perché sai che ti considero come un figlio o come tuo capo: quando finisci, riprendi in mano la tua vita, riconquista la fiducia della persona che ami e va via da questo posto!»
Deglutisco. Il capo non mi ha mai parlato in questo modo. Sono quasi sconvolto dalle sue parole. Annuisco ringraziando e mi dirigo verso la porta.
«Ethan?»
«Si signore?»
«Oggi fa attenzione ok?»
Annuisco ancora tornando nel mio piccolo quadrato pieno di documenti. Accendo il computer, infilo le cuffie, digito la password e inizio il mio turno di lavoro.

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