Due luci intense si fondono insieme al rumore assordante del clacson. Le scorgo in tempo ma solo con la coda dell'occhio, prima che possa urlare o parare il colpo, picchio la testa contro il parabrezza e sento i vetri andare in mille pezzi così come le mie ossa. Alcuni frammenti volano fuori, altri mi cadono addosso conficcandosi nella carne, l'auto sbalza ruotando su se stessa prima di schiantarsi nel fosso dall'altra parte della strada. Il tempo si ferma per quelli che sembrano secondi. Sento i battiti del mio cuore da veloci farsi lenti. Qualcosa di caldo gocciola sul mio viso. Alla fine perdo conoscenza ad intermittenza perché il mondo, i lampeggianti, le voci, le luci, si fanno indistinte e tutto diviene nero come la pece.
Balzo in piedi affannata. Credo di avere anche urlato. Qualcuno mi sta scuotendo con cautela. Passo la mano sul viso sudato e con occhi sbarrati guardo Parker per capire cosa sta succedendo. Tiene il telefono appoggiato all'orecchio e ha lo sguardo serio.
«Ti ho detto che ha appena avuto un incubo. Come faccio a passarglielo?»
Il tono della sua voce mi preoccupa. Ancora scossa dall'incubo, appoggio la guancia contro il suo petto facendo cenno di passarmi il telefono mentre cerco di controllare l'affanno. Chiunque sia, dovrà avere un buon motivo per volere parlare con me in questo momento.
Parker sembra indeciso e anche nervoso. Trattiene il telefono ma non mi chiede nemmeno come sto. Dopo un momento sbuffa. «È David anzi ora è Ethan».
Mi sembra di essere appena stata colpita. Che cosa può mai volere da me a quest'ora? Mi ha evitata per giorni e ora vuole parlarmi? È successo qualcosa?
Afferro il telefono di Parker quasi agitata portandolo all'orecchio. «Pronto?» segue un momento di silenzio seguito da un rumore.
«Cazzo... Ti ho svegliata?»
È ubriaco. Lancio uno sguardo a Parker il quale sta fissando un punto lontano. Mordo il labbro. «Dormivo. Che succede?». Sono ancora intontita e si capisce dalla voce.
«Non vuoi parlare con me?», lo sento bisbigliare con David che credo sta tentando di togliergli il telefono dalle mani. Ethan sa essere testardo anche da ubriaco, non si lascerà abbattere tanto facilmente, lo conosco. Sa essere anche stronzo infatti impreca contro il mio amico. Istintivamente vorrei proprio dirgliene quattro ma dal tono della sua voce, so che non sta affatto bene.
«Non è un po' tardi per parlare?». Uso un tono piatto ma sono già in piedi e in cerca di vestiti puliti. Ho una strana sensazione ed è come se dovessi raggiungerlo prima che possa commettere qualche errore di cui potrebbe pentirsi.
«Non fare la stronza con me! È colpa tua... Lasciami testa di cazzo! Devo parlarle», urla contro David che gli ringhia a sua volta contro. «Ti ho visto con lui e non me lo merito. Non merito di stare così male. Così, ho bevuto.»
Ho una mano sulla testa e mi guardo attorno stordita. «Vuoi che ti venga a prendere?»
Vedo Parker scattare in piedi e recuperare i suoi indumenti. Si richiude in bagno sbattendo la porta con un tonfo e il mio cuore sprofonda per un momento nello sconforto. Che cazzo faccio ora?
«Emma sono David. Per favore so che è una situazione strana tra di voi ma non voglio fare spaventare sua sorella o suo padre. Ha fatto a pugni ed è in uno stato pietoso. Puoi venirlo a prendere?»
Il mio cuore batte all'impazzata. La porta del bagno si apre e Parker strappa il telefono dalle mie mani. «Sto venendo a prenderlo e gli conviene non emettere un fiato!», sbotta chiudendo la conversazione. Afferra la mia mano e usciamo di casa.
In macchina la tensione è palpabile. Inizio a sentire l'ansia addosso man mano che ci avviciniamo al locale. Cosa farò quando lo vedro? Come si sentirà? Come reagirà Parker?
Quando posteggia, stringe le dita sul volante e le sue nocche diventano bianche. Poggio le mani proprio su queste. «Chiamo suo padre...»
Scuote subito la testa. «Andiamo a recuperare quel fottuto bastardo e togliamoci il pensiero.» Risponde in tono freddo ed esce dall'auto senza aspettarmi. A grandi falcate apre la porta del locale. Sicuro di sé si fa strada tra la gente che lo affolla ed io lo seguo sempre più ansiosa e preoccupata. Non voglio che i due facciano a botte. Non voglio nemmeno che Ethan si ubriachi a causa mia. Mordo le guance così forte da sentire il sangue in bocca. Mi sento tremendamente in colpa. Busso alla porta dell'ufficio e David esce esasperato bloccando subito Parker. «Vuole solo lei...»
«Col cazzo!», risponde di getto Parker infuriato. Stringe i pugni sulla vita e contrae la mascella.
Faccio un grosso respiro. «Lo tiro fuori in pochi minuti.» Tesa entro in ufficio. Ethan se ne sta seduto in modo scomposto sulla poltrona. Non appena mi vede prova ad alzarsi in piedi ma barcolla pesantemente. Chiudo gli occhi e tappo le orecchie per non sentire il tonfo che fa quando cade a terra. Lo aiuto a rialzarsi ma è pesante e affaticata rinuncio rimanendo a terra con lui. Ha dei lividi sul viso e del sangue sulla felpa. Come diavolo si è ridotto?
«Torniamo a casa?»
«Non usare quel tono con me cazzo!»
Strabuzzo gli occhi e mi infurio. Me ne fotto che è ubriaco. Chi si crede di essere?
«Si che lo uso! Sei un bambino Ethan. Ti sei ubriacato e mi stai dando la colpa. Sul serio? Sono stata io a dirti di bere? Scommetto che usi sempre questa scusa per giustificare invece il fatto che ti sei rammollito!», strillo.
Spalanca gli occhi incredulo. «Non mi sono rammollito. Ti sto solo dando quello che vuoi!», sbraita e prova ad alzarsi. Per fortuna rimane in piedi. Passa la mano sul viso e mi fissa con i suoi occhi azzurri leggermente lucidi e arrossati.
«Non sai un cazzo di quello che voglio! Sei solo uno stronzo insensibile che si ubriaca e fa a pugni. Adesso se hai finito di sbattermi in faccia la verità possiamo andare?», la voce trema e trattengo le lacrime distogliendo lo sguardo. Mi rialzo avviandomi alla porta.
«Perché piangi?»
«Non sto piangendo», un singhiozzo mi tradisce.
Sento dei passi pesanti sul pavimento e poi il suo calore dietro. Mi fa girare e mi abbraccia. Mi stringe così forte da farmi male ma non mi lamento perché è da quando sono entrata qui dentro che mi manca il fiato. E' da quando sono entrata qui dentro che voglio abbracciarlo e rassicurarlo. Ethan sa di alcol, del suo profumo deciso, di sangue. «Mi dispiace. Sono un coglione. Non piangere, ti prego. Ti prego non piangere!», asciuga le mie lacrime. «Smetti di piangere.» I suoi occhi rossi mi fanno capire che sta tentando di aggrapparsi a qualcosa pur di rimanere in equilibrio.
Mi allontano di poco da lui ricomponendomi. «Adesso andiamo.»
Con il braccio di Ethan attorno alle spalle e il passo malfermo, usciamo dall'ufficio. In corridoio Parker e David stanno parlando ad alta voce e gesticolano nervosi. Quando ci vedono smettono di parlare. Parker si avvicina a grandi falcate ma Ethan drizza le spalle come se avesse appena visto un leone. Non faccio in tempo a trattenerli. Parker lo sbatte contro il muro tenendolo per la felpa. «Ti avevo avvertito. Ritieniti fortunato che ci sia lei con noi...», molla la presa e trascina Ethan fuori dall'uscita secondaria.
David mi blocca con la mano sulla spalla. «Tieniti a distanza da loro. Chiama se hai bisogno». Sento un brivido lungo la schiena. Annuisco, ringrazio David scusandomi per il comportamento di Ethan e poi esco nell'aria fredda della notte. Cammino a testa bassa verso l'auto e poi entro agganciando la cintura. Non guardo nessuno di loro e punto lo sguardo dritto. Ho i nervi a pezzi e le mie mani tremano. Non sopporto queste situazioni. Non sopporto il dovermi sempre ritrovare tra due fuochi.
Durante il viaggio Ethan si lamenta sdraiato sul sedile posteriore. Parker continua a guidare come un pazzo e trattiene a stendo la furia mentre io continuo ad implodere con la speranza che tutto questo sia ancora un brutto incubo.
Ricordo ancora quella volta in cui mi chiamò ridotto in quello stato. In quell'occasione picchiò Scott. Quando fummo a casa, lo aiutai a fare la doccia poi mi trattenne sul letto. Cosa è cambiato da allora?
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Unstoppable 3
RomanceQUESTO È IL TERZO LIBRO DI UNSTOPPABLE • Si consiglia la lettura della prima e seconda storia per capire questo terzo capitolo • TRAMA: È passato un mese da quando Emma è ritornata nella sua Vancouver, a casa. Il soggiorno a New York, non è andato...