Capitolo 32

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Passo in rassegna i vari reparti presenti nel negozio pieno di cianfrusaglie di Natale. Palline colorate, glitter ovunque, presepi di ogni tipo, alberelli finti e veri, slitte e addobbi vari. Sono un pò confusa perchè non festeggio il natale da anni ormai. Gratto la tempia e prendo una tovaglia natalizia rossa con i pupazzi di neve, delle palline argentate e quelle rosse per l'albero. Trovo anche dei fiocchetti e delle campanelle poi vado alla ricerca di una stella per l'albero. Davanti a me c'è una bambina dai capelli lunghi biondi e dagli occhi azzurri. Mi sorride ricordando me da bambina e poi corre in direzione di un uomo che si volta e la solleva con un grande sorriso. Mordo la guancia e distolgo lo sguardo quando questi le fa il solletico e le sussurra che le vuole bene. Ripenso subito a mio padre, faceva spesso la stessa cosa quando apatica come ero provava a spronarmi. Mi sono sempre sentita diversa ma lui riusciva sempre ad aiutarmi e a sostenermi ma soprattutto a farmi sentire normale.
«Emma?»
Anya mi si piazza davanti con le mani sui fianchi. Piega la testa e si accorge che sto avendo un flashback del passato. Non fa nessun commento e mettendosi a braccetto mi porta nel reparto successivo dove finalmente trovo una stella. Mi sento come una bambina appena entrata in un negozio di dolciumi. Sono entusiasta perchè questo sarà il mio primo vero natale. Sto già pensando ai regali e penso proprio che dovrò trovare delle scuse nei prossimi giorni per scappare di casa.
Sono solo passati alcuni giorni ma i miei amici, continuano a circondarmi. Come se avessero paura che da un momento all'altro io possa svanire dalla loro vista e dalla loro vita. Questo mi fa sentire tremendamente insicura. Non ho mai avuto così tanto bisogno di qualcuno in vita mia. Mi sono sempre adattata e sono andata avanti ma ora, è tutto così diverso.
Pago alla cassa e usciamo dal negozio piene di sacchetti. Mi domando il perchè si debba spendere così tanto per delle feste poi però mi rendo conto che queste feste servono per stare in compagnia e per divertirsi. E' quello che voglio fare. Voglio divertimi e sorridere, ridere di cuore e respirare a pieni polmoni.
«Ecco le mie ragazze». Mark mette un braccio attorno alle spalle di Anya toccandole la pancia mentre lei le sorride nel suo modo accattivante di sempre.
Lexa esce piena di sacchetti dal negozio di fronte e David mi fa cenno di impiccarsi. Ridacchio.
«Ti sei persa tra gli addobbi o volevano incartare anche te?»
Mi volto e getto le braccia al collo di Parker. «Ti sarebbe piaciuto eh?»
Non lo sa ma ho una bella sorpresina per lui per questa sera. Spero solo di potere rimanere da sola con lui per qualche ora nel mio appartamento che da giorni è invaso dalle mie amiche. Sono tutte e due contente di potermi aiutare con la storia del Natale. Non sono pratica e quando gliene ho parlato, non mi hanno giudicata.
«Se mi sarebbe piaciuto?», ride baciandomi.
«Piccioncini»
Ci stacchiamo e raggiungiamo gli altri. Ethan e Daniel non sono più con noi. Si sono separati dal gruppo quando siamo entrati nei primi negozi. Ethan non è più lo stesso. Da giorni sembra impegnato, distante, distratto. Più volte ha sviato i miei sguardi e più volte ha trovato delle scuse per svignarsela. Temo proprio che gli faccia ribollire il sangue il vedermi con un altro. Tempo fa me lo aveva accennato ma non è neanche facile per me tutto questo. Non è facile vederlo e non potermi avvicinare a lui per paura di peggiorare la situazione. Non è facile rimanere bloccata e incapace di decidere. Da una parte ho già deciso mentre quando lo vedo, la mia mente entra proprio in tilt. Ogni certezza si sgretola volando via come polvere in balia del vento.

Pranziamo in un piccolo posto tranquillo lontano dal centro commerciale e dalla città in fermento per le feste. C'è una calma piacevole e una di quelle atmosfere calde e accoglienti tipiche delle città di montagna. Il camino acceso, le pareti in legno e pietra. Questo mi fa ricordare molto i posti immaginari che abbiamo raggiunto nelle mie notti insonni io e Ethan. Anche lui credo stia pensando la stessa cosa perchè appena è arrivato, mi ha lanciato uno sguardo che diceva tutto.
«Emma?»
Ripiombo spiacevolmente nel presente. Lexa mi sta fissando così come la ragazza con il taccuino tra le mani e in attesa. Mi alzo dal tavolo. «Scusate un momento!» balbetto stordita e imbarazzata.
Esco rigida dal locale allontanandomi verso il vicolo dove c'è la legna. Mi appoggio ad una piccola staccionata e mando lentamente fuori l'aria che ho trattenuto. So che non appena rientrerò dovrò dare delle spiegazioni ma ora come ora, preferisco il freddo. Non so nemmeno io cosa mi sta prendendo. Sento una gran confusione dentro e sono scombussolata. Ho continui flash del passato e questo mi fa sentire male, mi toglie il respiro. E' come se avessi perso il mio punto di gravità o come se quel punto fermo che teneva in equilibrio la mia vita, si fosse leggermente inclinato. Passo la mano tra i capelli. Sto perdendo me stessa.
Sento dei passi sulla ghiaia e mi do una sistemata veloce. Mark si avvicina. «Stai bene?»
«Si, dovevo solo...»
«Con me non devi mentire. So che stai male. Per quanto tu tenti di nasconderlo dietro quel sorriso che ingannerà Anya o Lexa o il tuo ragazzo, con me non funziona e sai perchè?»
Scuoto la testa. «Perchè ho avuto modo di conoscerti e so che nascondi tutto dentro per non fare preoccupare o per non destare sospetti. Tu oggi stai sorridendo perchè vuoi vedere Anya serena. Stai scherzando perchè vuoi vedere Lexa allegra. Stai morendo dentro perchè non vuoi fare soffrire Parker o Ethan. Ti darò un consiglio e poi mi farò un sacco di cazzi miei. Sei una ragazza meravigliosa, non pensare troppo. Agisci e non pentirti di seguire il tuo cuore.» Mi abbraccia.
Rimango di stucco. Solitamente Mark non è così affettuoso ma l'ho sempre ritenuto un fratello maggiore. Ricambio l'abbraccio tentando di non annegare o peggio: piangere.
«Posso lasciarti ancora un pò qui o vuoi rientrare?»
«Ho bisogno di un altro minuto. Ordinate pure, arrivo subito.»
Mark annuisce e voltandosi si incammina. Lo richiamo e si volta. «Grazie», sussurro. Sorride e torna dentro.
Preparandomi psicologicamente all'interrogatorio, rientro sedendomi accanto a Parker. Ha ancora la mano con dei piccoli lividi ma mi ha assicurato più volte di stare bene. Forse mi preoccupo troppo e Mark ha ragione. Il fatto è che non riesco a liberarmi. Non riesco a non sentirmi in colpa.
Appoggia la mano sulla mia coscia e sorride tranquillo. Avvicina le labbra contro il mio orecchio. «Faceva freddo fuori?»
Annuisco e sorrido. «Cosa hai preso?»
«Il solito. Puoi sempre rubare le patatine dal mio piatto se vuoi.»
Mi stupisce che nessuno abbia ancora fatto domande. Forse Mark li ha minacciati? Penso proprio di si.
«Non mi hai preso le patatine?» lo minaccio con lo sguardo.
Trattiene una risata e avvicina il suo viso al mio. «No».
Gli mollo una spallata e quando arriva la sua ordinazione afferro il piatto sistemandolo davanti a me. «Se la montagna non va da Maometto...» Gli strizzo l'occhio e mordicchio una patatina.
Parker si blocca un momento. Piega la testa di lato e poi passa il dito sulle mie labbra per togliere la salsa. «Sei il solito rompiscatole», borbotto biascicando.
Ride forte facendo girare due ragazze al tavolo dietro che lo fissano ammaliate.
«Volete un autografo?».
Guardiamo Lexa increduli poi scoppiamo tutti a ridere perchè lei di solito non è così acida.
Dopo pranzo passiamo in rassegna altri negozi. Passeggio con le mie amiche tra i vari reparti di intimo sexy. Lexa ha già trovato dei completini niente male mentre io sono ancora indecisa su quello blu elettrico.
«Prendilo e anche quello nero. Con il tuo fisico puoi indossarlo eccome pupa!» Anya mi da una pacca sul sedere e mostra i denti prima di prendere una vestaglia e aggiungerla al cestino.
Trovo anch'io delle vestaglie da indossare sopra e passo alla cassa. Non ho bisogno di riprovare tutto a dire il vero non ne ho voglia.
«Questa sera cosa avete intenzione di fare voi due?»
Io e Lexa ci guardiamo complici. «Una sorpresa ai nostri ragazzi in astinenza?»
Anya ride e pure Lexa. «Parla per il tuo. Io e David ci diamo dentro.»
Arriccio il naso. «Ok. Non spiegarmi altre posizioni perchè ho ancora il pranzo sullo stomaco.»
Mentre osserviamo le vetrine, dalle casse esce una canzone che conosco.

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