Capitolo 46

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I giorni passano fin troppo veloci grazie ai preparativi per il viaggio. Ho spesso dei ripensamenti e continuo a darmi della stupida per aver accettato senza riflettere abbastanza, senza prima avere valutato i pro e i contro. Forse ho solo agito d'impulso per dare una lezione a quel bugiardo. Lo so, è un pessimo comportamento il mio ma cosa dovrei fare? Lexa sta tentando di farmi ragionare ricordandomi che sono grande e vaccinata e non più una ragazzina.
«E se...»
Tappa la mia bocca gettandomi un cuscino in faccia. «Ti ama Emma. Non farai nulla di sbagliato, non cadrai da un dirupo, non ti metterai in ridicolo e non girerai nuda. Se non vuoi fare qualcosa con lui, non la fare. Guarda il lato positivo...»
Inarco un sopracciglio. «Quale sarebbe?»
Lexa sospira prima di sedersi accanto a me sul divano e prendere la mia mano tra le sue. «Non avrai nessun rimpianto. Ci avrai provato davvero con lui e se tornerai delusa, io ci sarò!», sorride.
Ha ragione in parte, magari andrà bene questo viaggio. Magari ci divertiremo e consolideremo il nostro rapporto. Allora perché ho così paura?
«Quello è il programma?», indica l'opuscolo del resort. Un luogo fuori dal centro abitato dotato di ogni sorta di confort. Piscina coperta e riscaldata, centro benessere, sauna, vasca idromassaggio, ristorante a cinque stelle. Un vero paradiso dove rilassarsi. Un po' costoso ma non sono io a pagare e per questo mi sento parecchio in colpa.
Annuisco mostrandoglielo. Parker è entusiasta di questo viaggio. Lavorerà ma staremo insieme e proveremo a goderci qualche giorno tranquillo prima di affrontare la bufera e trovare una soluzione. Non manca molto alla partenza. Solo poche ore e partiremo.
Mi alzo esasperata e diretta in camera ricontrollo di avere messo tutto in valigia. Lexa mi segue divertita. Le piace proprio vedermi in questo stato.
«Il costume rosso ti sta bene non lo porti?» lo tiene tra le dita facendolo penzolare davanti ai miei occhi. Lo afferro impilandolo in mezzo agli indumenti.
«Intimo?»
«Preso!», mi sdraio sul letto con le mani sul viso.
«Stai facendo la cosa giusta Emma. Stai dando un'occasione al ragazzo che ti è rimasto accanto. Certo, avete avuto alti e bassi ma non ti ha mai mentito e ti ha sempre messo al primo posto. Ha subito pensato a te per questo viaggio meraviglioso...»
«Ok, ok ho capito.» Rispondo esasperata interrompendo il suo monologo.
«Anya? Hai parlato con lei?»
Scuoto la testa. «Non voglio parlarle proprio ora. Finirei con il dirle delle cose brutte e me ne pentirei. Voglio parlarle quando mi sentirò calma e quando non sarò ancora così arrabbiata.»
Lexa fa una smorfia. «Ti vuole bene. Non allontanarla ok?» mi abbraccia.
«Ok, grazie!»
Sentiamo la serratura scattare. Lexa si rialza subito dal letto con un piccolo salto. «Adesso vado. Fate buon viaggio. Chiama se hai bisogno di qualche consiglio, farò lo stesso.»
Abbraccio la mia amica mentre Parker entra in camera. Si ferma in un angolo e in modo discreto attende che siano terminati i saluti prima di salutarmi con un certo imbarazzo con un bacio sulla tempia. Prende le valigie e le porta al piano di sotto.
Partiamo dopo il tramonto e tutto avviene velocemente. Imbarco e aereo dove troviamo molti dei colleghi di Parker. Dopo l'atterraggio strepitoso sul jet privato, veniamo trasferiti con un'auto mandata dalla compagnia al resort. Sono molto efficienti devo ammettere.
Entro nella hall e rimango a bocca aperta per il lusso. Il luogo è davvero come nelle copertine e foto su internet. Si, ho passato del tempo in rete per valutare certe credenziali. Di sicuro, non potrò mai permettermi un posto del genere neanche per una notte. Inizio a sentirmi fuori posto ma tale sensazione passa non appena entro nella camera assegnatami.
Spaziosa, luminosa grazie ai faretti e alle lampade poste in punti strategici ma anche grazie alle grandi vetrate con vista mozzafiato. Una suite con i fiocchi dotata anche di un salottino dall'aspetto raffinato e comodo, un televisore a schermo piatto da chissà quanti pollici, un letto matrimoniale enorme nell'altra stanza, coperte color porpora e crema e mobili in legno. Per non parlare del bagno. Il bagno più grande che io abbia mai visto.
Sorrido come una ragazzina appena entrata a Disneyland e mi siedo subito sul letto per testarne la morbidezza. Non cigola nessuna e le coperte odorano di ammorbidente. Stendo le braccia e ricado indietro.
Parker entra in camera posando le valigie in un angolo e sorride nel vedermi a mio agio. Batto il palmo sul letto e si stende accanto a me.
«Ti piace?»
«È troppo lussuoso», rispondo con finta indifferenza.
Ride. «Ci staremo solo un paio di giorni, non affezionarti troppo». Si volta e porta una ciocca di capelli dietro il mio orecchio. «Per questa sera visto che è tardi che ne dici di cenare qui e riposarci?»
Accetto prendendo il beauty dalla valigia. «Vado a fare una doccia»
«Vuoi qualcosa in particolare da mangiare?»
«Qualcosa di raffinato», sorrido e mi richiudo nel bagno.
Apro la doccia spaziosa e ci metto un paio di minuti per capire come funzionano i comandi. Rischio di bruciarmi o di ricevere una doccia gelata. Disperata e con un asciugamano addosso esco la testa dal bagno, chiamo Parker. Mi raggiunge in fretta e quando spiego che essendo stupida non capisco come miscelare l'acqua ride ma non mi prende in giro e mi spiega subito come fare. «Goditi la doccia e per specificare, non sei stupida», schiocca un bacio sulla guancia e richiude la porta del bagno alle spalle. Rimango come un'ebete per il suo atteggiamento. Continua a prendere le distanze. Perché?
Riesco a fare la doccia e alzo il viso per accogliere la cascata di acqua calda. Esco dal bagno avvolta da un asciugamano morbido comprato in un negozio nella fase da shopping convulsivo di Lexa. Siedo sul bordo del letto e apro il beauty per mettere la crema sul corpo. Dall'altra stanza proviene il suono della tivù accesa. Mi rivesto infilando una felpa comoda e lunga fino alle cosce. Raggiungo il salottino e trovo Parker intento a prendere un carrello fuori dalla porta. Si volta e rimane impalato sulla soglia. Deglutisce e distoglie lo sguardo troppo in fretta. Fisso le mie gambe nude iniziando a domandarmi cosa c'è che non va.
Posa sul tavolo due piatti con le cloche d'argento. Mi siedo sulla comoda sedia e batto le mani contenta di dovere mangiare. Tolgo la cloche e scoppio a ridere. Non riesco proprio a trattenermi.
«È di suo gradimento?»
«Molto grazie», poso la mano sulla sua e continuo a ridere osservando la pizza fumante sul piatto.
Ceniamo con pizza e birra. «Non mi abituerei nemmeno dopo un mese a questo posto», biascico deglutendo. Il soffitto è pieno di fiori. Tutto è curato nei minimi dettagli. E' troppo confortevole, troppo ampolloso. Troppo perfetto.
«È un po' troppo... pomposo», ribatte.
«Vero. Sei venuto altre volte qui?» pulisco le mani e bevo un sorso della sua birra. «Anche la birra non sa di birra», ridacchio con la mano sulle labbra.
«Prendo sempre questa stanza. È la migliore.»
Inizio a domandarmi con chi sia venuto in questo posto e la mia lingua non riesce proprio a frenarsi. «Hai portato qualcuno con te?»
Beve negando con la testa. «Sei la prima persona che porto con me. I miei colleghi iniziavano a prendermi per gay prima che tu arrivassi nel mio ufficio», sorride e si rialza stiracchiandosi. «Vado a fare una doccia».
Lo guardo mentre sparisce dal salottino. Rimetto in ordine il tavolo per abitudine e poi accendo la tivù. Scelgo uno dei film nuovi usciti in sala e mi rilasso sul comodissimo divano. Le palpebre si abbassano lentamente e tento invano di rimanere sveglia. Il viaggio mi ha proprio scombussolata.
Vengo presa in braccio e sistemata su qualcosa di morbidissimo. Mi sento come un gatto e forse mugolo di piacere. Nel dormiveglia sento formicolare le guance. Apro le palpebre e sorrido afferrando la mano di Parker e tenendola sul mio viso. Se ne sta sdraiato su un fianco. Ha uno sguardo serio e gli occhi fissi sui suoi movimenti. Mi rannicchio tra le sue braccia e richiudo gli occhi. «Puoi abbracciarmi, non mordo», mugugno.

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