Il lunedì mattina è un giorno abbastanza frenetico e traumatico. Frenetico in ufficio e traumatico perché quando passi la domenica a divertirti e finisci con il fare tardi, ti ritrovi ad arrancare a metà giornata con il fiato corto e la voglia di scappare. Ho passato una domenica meravigliosa con Parker. Siamo andati in montagna e ci siamo divertiti. Abbiamo partecipato a molte delle attività presenti nel resort. Non è stata poi una cattiva idea ritornarci, insetti a parte. Abbiamo fatto corsa campestre, canottaggio, tiro con l'arco e ci siamo divertiti alla festa notturna in compagnia di turisti con la voglia di ubriacarsi e dormire sotto le stelle.
«Stanca per il weekend?», domanda Jessy sbucando nel mio ufficio mentre massaggio le tempie. Posa sulla scrivania altre fotocopie. Altro lavoro da svolgere.
«Pessima idea quella di partecipare ad una festa proprio di domenica», ribatto con un gran mal di testa.
«Ogni tanto ci vuole. Lavori troppo in questo periodo!»
«Continuate a ripetermi che lavoro troppo», borbotto. «Devo assolutamente finire con queste fottute pratiche e poi prenderò una vacanza meritata».
«Sto uscendo, vuoi che ti porti il pranzo?»
Annuisco rimettendomi a lavoro. Batto al computer alcune pratiche poi accolgo dei clienti per delle consulenze e gestisco le continue chiamate per mister Marshall che non è presente in questi giorni. È impegnato con una grossa causa assieme ad altri avvocati e non ha tempo per gestire l'ufficio. Ha affidato a me e a Jessy la gestione ma la mia collega quando può scappa lasciando a me il carico più consistenze. Non mi dispiace ma non ho più del tempo per me stessa. Lavoro davvero troppo e quando non riesco a finire qualcosa per i clienti porto il lavoro a casa. Parker non si lamenta visto che fa spesso la stessa cosa ma in questa ultima settimana ho notato un cambiamento nel suo umore. È geloso, fa dei commenti acidi quando sono troppo stanca per discutere, continua a starmi con il fiato sul collo. Preferirei che aprisse bocca ed esprimesse quello che pensa. Non so cosa sia ma sto provando davvero a farcela. Sto provando a trovare un equilibrio tra vita e lavoro. Non è sempre facile. Non sarà sempre così. Sto solo facendo del mio meglio.
Dopo pranzo continuo a raccogliere gli appuntamenti che si accavallano nell'agenda del capo. Quando non può lascia a me il compito di sostituirlo al lavoro o a Jessy quando lei non è troppo impegnata con le sue fughe. Questo non sembra dispiacere a mister Marshall e in un certo senso rimpiango i miei giorni come dipendente di Parker. Lui non avrebbe mai permesso niente del genere. Manca proprio quell'autorità qui dentro.
Chiudo l'ennesima chiamata di un cliente che disdice all'ultimo minuto e mi stiracchio ripensando alla strana serata passata da Anya.
Ormai non manca molto al parto e non vedo l'ora di vedere la bambina e di potere stare ancora accanto alla mia amica. Le cose tra di noi sono migliorate. Fino a quando nessuno parla di un argomento in particolare, va tutto bene.
Sto sorseggiando un po' di tè fresco quando in ufficio entra un ragazzo. Dice di avere un appuntamento con Jessy ma lei sembra essere sparita. Lo faccio accomodare e provo a contattarla ma lei mi supplica chiedendo di aiutare il cliente al posto suo perché tarderà ancora. Con professionalità chiamo il ragazzo e prendo le pratiche dalla scrivania disordinata di Jessy. Quella ragazza avrebbe bisogno di una bella strigliata.
Inizio a sentirmi nervosa e temo che da un momento all'altro perderò la pazienza. Sono stanca, in più dovrò andare all'ultima partita di beneficenza e temo proprio che Parker non me lo perdonerà se darò buca.
Inizio a chiacchierare con il ragazzo e prendo appunti quando è necessario per la sua richiesta. Cerco di consigliarlo e sembra avere parecchie domande a cui rispondo pronta e con efficienza. E' un tipo affabile e molto intelligente. Un piacione di prima categoria. Sotto il suo sorriso non so se c'è altro.
Si sente lo scampanellio della porta. Sbuca Parker e il suo viso si indurisce non appena nota il belloccio che siede davanti a me con un sorriso sulle labbra.
Mi alzo e raggiungo Parker prima che possa fare una scenata inutile. «Sto finendo, dammi due minuti», lo spingo fuori dalla stanza.
Il ragazzo si sta già rialzando e sorride. «Grazie, consiglierò questo posto ad alcuni dei miei amici e soci in affari. È stata molto utile signorina Emma ed efficiente. Sono grato di avere incontrato lei e non la sua collega», dice ad alta voce mentre esce dalla stanza. Lancia uno sguardo perfido a Parker che ricambia e poi stringendomi la mano mi saluta e va via con compostezza.
Credo di essere rossa in viso e accaldata. So già di dovere affrontare la furia che si sta avvicinando. Recupero le mie cose e sorrido per calmarlo. «Andiamo?»
«Tu non lavori più qui dentro!» sbraita.
Spalanco gli occhi e la bocca. «Cosa?»
«Mi hai sentito. Che razza di capo è uno che lascia incustodito l'ufficio e non sa gestire le proprie dipendenti? Eri sola, con uno che ti sbavava davanti prendendo tempo per continuare ad ammirarti. Sei ancora ingenua e nuova nel settore per capire ma mister Marshall mi starà a sentire», raggiunge la porta.
«Non puoi fare così!», urlo.
«Oh, si che posso!»
«No, non puoi! Non puoi piombare qui e trattare male i clienti. È il mio lavoro e tu non puoi decidere per me. Stai esagerando», richiudo la porta e cammino a passo spedito verso l'auto. Salgo sul sedile del passeggero sbattendo lo sportello.
Parker prende posto al volante. È una maschera di furia. «Non lavorerai più per quell'imbecille. Non te lo permetterò», preme sull'acceleratore e fissa la strada.
«Non sei mio marito!», urlo. Mi rendo conto troppo tardi della cazzata appena commessa. Merda, che cosa ho fatto? Ho gettato benzina sul fuoco ecco cosa.
«No, non lo sono e sai perché? Perché sei già sposata con una testa di cazzo che guarda caso è sparito e non ti ha concesso nemmeno il divorzio. Non hai nemmeno fatto tanto storie. Devo pensare che tu non voglia divorziare da lui?»
«No, non lo sei e anche quanto non ti avrei permesso di comandarmi. Decido io dove lavorare. Stai dando di matto senza motivo», gesticolo nervosa.
«Ti rendi conto dell'effetto che fai ai ragazzi? Ti rendi conto che quel cretino poteva metterti le mani addosso e non avresti avuto nessuno a difenderti?»
«Non ho bisogno di una guardia del corpo. So difendermi da sola.»
Scuote la testa. Ha il viso rosso dalla rabbia, le vene in evidenza, i pugni stretti al volante e gli occhi vitrei. «No, non sai difenderti da sola. Dico sul serio. Questa sera scriverai le tue cazzo di dimissioni». Posteggia, spegne il motore e punta i suoi occhi chiari addosso, «parlo seriamente», esce dall'auto.
Non mi muovo. Lo guardo mentre si allontana. Sbuffo nervosa e vado a sedermi sugli spalti, il più lontano possibile dalla gente. Mister Marshall arriva in ritardo e noto che Parker parla con lui adirato gesticolando animatamente. Immagino il suo tono autoritario, le parole giuste per intimidire anche un uomo più grande. Usa armi impari. Che stronzo!
Non seguo molto la partita e prima che possa finire con la vittoria della sua squadra, mi dileguo. Prendo un taxi. Non ho nessuna intenzione di festeggiare. Parker ha deciso per me e non doveva. Questa cosa mi fa davvero infuriare. Forse ha ragione sul fatto della mia inesperienza e su come si dovrebbe gestire un ufficio ma devo proprio ricordargli che ha iniziato lui? Devo proprio ricordargli che mi ha mandato in un altro ufficio come un pacco postale?
Se ho cambiato ufficio e capo, l'ho fatto per essere indipendente e per fare le mie esperienze senza prima essere etichettata come la "cocca del capo".
Non mi fermo a casa, cambio idea in fretta e vado dalla mia amica. Quando mi vede non fa domande. Entro in casa e per fortuna non trovo nessuno. David e sua madre sono andati a scegliere non so cosa. Sono distratta e non ascolto molto le lamentele della mia amica. Più volte mi richiama e mi scuso prima di scoppiare. Butto fuori tutto quanto e inizio anche a piangere. Sono proprio sfinita. Lexa mi abbraccia provando a calmarmi. Sono un fascio di nervi. Ho accumulato troppo stress in questi giorni.
«Sono senza un lavoro, ho litigato con il mio ragazzo/convivente, non so se tornare a casa o rompere ancora alla mia amica che ha i suoi problemi grossi da risolvere e mi sento un completo disastro!»
Lexa mi sorride. «Ammettere quello che non va è positivo. Andiamo da Luke? Ho bisogno di una sbronza, mia suocera è uno stress!»
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Unstoppable 3
RomanceQUESTO È IL TERZO LIBRO DI UNSTOPPABLE • Si consiglia la lettura della prima e seconda storia per capire questo terzo capitolo • TRAMA: È passato un mese da quando Emma è ritornata nella sua Vancouver, a casa. Il soggiorno a New York, non è andato...