Le 05:15 segna la sveglia sul comodino. Continuo a fissare il soffitto, la pelle leggermente imperlata di sudore, la mente scossa dall'incubo.
Barcollo diretta in cucina, verso un bicchiere d'acqua e appoggiata al bancone dell'isola lancio uno sguardo verso la finestra. Fuori è ancora buio e la città sembra apparentemente addormentata. Torno in camera, indosso una canottiera e un paio di pantaloncini della tuta, infilo le scarpe da ginnastica e con le cuffie nelle orecchie e la musica sparata al massimo, vado a correre.
Sono le 7:00 quando torno a casa con il fiato corto. Mi infilo dentro la doccia e sciolgo un po' i muscoli delle gambe massaggiandoli. Sistemo la borsa, lego i capelli, infilo i tacchi ed esco di casa.
Arrivo in ufficio in perfetto orario. Tea mi sorride passandomi subito un paio di fotocopie e mi richiudo nel mio quadratino. Lavoro per gran parte della mattinata senza concedermi un momento di sosta. Ho parecchio lavoro in arretrato da portare avanti ma riesco a gestire tutto grazie alla mia organizzazione.
«Pausa pranzo? Vieni con me e George?», domanda Tea facendo capolino dalla porta.
«Per oggi passo. Divertitevi!», continuo a scrivere al computer. Tea fa una smorfia, indugia un momento di troppo sulla soglia e poi sparisce.
Mi stiracchio e approfittando della pausa pranzo vado a fare una passeggiata. Fuori fa caldo e per fortuna ho indossato qualcosa di leggero anche se in ufficio con l'aria condizionata c'è sempre il rischio di beccarsi il raffreddore. Passo dal locale dei cibi da asporto e prendo un'insalata. Oggi non ho molta fame e qualcosa di leggero mi aiuterà a mantenermi concentrata. Mi siedo al parco e sotto il sole mi godo il pranzo, la tranquillità e l'aria aperta.
«Ehi donna d'affari!»
«Ehi modella!»
«Come va?»
«Bene. Sono al parco, pausa pranzo».
Sgranocchio l'insalata e guardo una coppia di anziani seduta davanti. Stanno mangiando un gelato e chiacchierano animatamente e si sorridono.
«Anch'io sono in pausa pranzo. Sabato vieni in ufficio per quel servizio?»
«Non ho di meglio da fare. Ti aiuterò», mi rialzo gettando il contenitore vuoto nell'apposito cestino. Con il telefono tra la spalla e l'orecchio pulisco le mani e poi mi incammino verso l'ufficio.
«Non hai impegni con Parker?»
«Lexa, ne abbiamo parlato! Si comporta in modo strano da quando siamo tornati ed è già passato un mese. Non credo voglia trascorrere con me del tempo. Ci sarò. Devo tornare al lavoro. Ti voglio bene!»
Sospiro ed entro in ufficio.
Tea mi lancia uno dei suoi sguardi poi torna ai suoi articoli. Non capisco cosa abbia in mente. Entro nel mio quadratino asettico bloccandomi sulla soglia. Parker se ne sta seduto sulla mia sedia, i gomiti sulla scrivania e i palmi uniti sotto il mento. Sistemo la borsa sull'appendiabiti e incrocio le braccia in attesa.
«Mi servono quelle fotocopie!» Usa un tono freddo e distaccato. Troppo professionale per i miei gusti ma se è quello che vuole va bene, adotterò anch'io un comportamento professionale nei suoi confronti. Apro il cassetto e gliele porgo senza neanche guardarlo. Ormai questa storia va avanti da giorni. Non riesco a capire e quando provo a chiedere, svia la domanda. Non ci vediamo spesso e non lo ritrovo più davanti la porta con una bottiglia di vino e un sorriso rassicurante. Ci abituiamo troppo in fretta a dipendere da qualcuno.
«Le serve altro signore?», domando irritata dal suo comportamento.
«Si, dove eri a pranzo?», inarca un sopracciglio.
«Non credo sia importante signore. Se non le dispiace dovrei lavorare.» Vedendo che non se ne va, afferro un paio di carte a caso ed esco dal mio quadratino irritata. Mi incammino a grandi falcate verso la saletta e sedendomi trascrivo gli appuntamenti sull'agenda. Infilo le cuffie e continuo a lavorare tranquilla. Canticchio rilassata mentre faccio delle fotocopie. La sala è molto luminosa, l'enorme tavolo sgombro e la lavagna è spenta. Ho assistito a parecchie riunioni in questo posto. Riesco a sentirmi come a casa.
Ascolto Summertime Sadness di Lana del Rey e sorseggio un po' di te' freddo mentre me ne sto appoggiata alla macchina fotocopiatrice. Passo una mano sulla fronte e inspiro. Mi guardo attorno e sobbalzo con la mano sul petto. Parker mi guarda a braccia incrociate e a sguardo cupo. Mi si rizzano i peli sul collo. Stacco una cuffia dell'orecchio e schiarendo la voce prendo le fotocopie e torno a sedermi facendo finta di niente. Vuole che mi comporti come facevo i primi tempi? Lo accontenterò.
A grandi passi si siede accanto a me e toglie la penna dalla mia mano con forza lanciandola contro la parete così come i fogli e tutto quello che trova sul tavolo. E' una maschera di furia.
Spalanco gli occhi incredula ma non batto ciglio. Cerca di farmi intimorire ma non ho paura di lui. Ho solo paura di avere rovinato il nostro rapporto ma non riesco a capire proprio come. Sono sempre stata sincera nei suoi confronti forse è questo che ha incasinato sempre tutto.
«Mi spieghi che cazzo ti prende?», sbraita.
«Sei serio?», sbuffo rialzandomi. Afferro un paio di fogli e glieli lancio addosso. «È quasi un mese che continui a comportarti così! Cosa ti ho fatto? Spiegamelo perché non capisco! Non capisco proprio! Se non mi vuoi più basta dirlo, basta parlare...» scoppio a piangere per la prima volta dopo un mese. Tutto quello che ho trattenuto dentro, rischia di uscire fuori. Asciugo subito le guance e me ne vado dalla sala lasciandolo interdetto. Recupero la borsa e senza rispondere alle domande di Tea preoccupata della mia improvvisa reazione, prendo le scale e raggiungo il pian terreno. Supero la fila di persone e cammino senza riflettere.
Chiamo Lexa e ci incontriamo a casa sua. Apre la porta con un bicchiere di vino tra le mani pronta ad aiutarmi a combattere la frustrazione. Lo mando giù immediatamente e vado a sedermi sul divano con i piedi sotto il sedere e un cuscino in grembo.
«Hai pianto?»
«Sono quasi scoppiata», porgo il bicchiere per farmelo riempire di nuovo.
«Stai bene?»
«Richiedilo tra un paio di questi!», indico il bicchiere.
Lexa sembra rifletterci su un momento. Manda giù un lungo sorso e poi va a prendere un pacco di patatine e del gelato. Accende la tivù poi mi passa una coppetta e un cucchiaio. «Avete fatto qualcosa quella notte?»
Scuoto la testa. «Abbiamo parlato, ci siamo detti addio. Gli ho chiesto di portarmi nei due posti che non avrei mai più rivisto e ci siamo baciati. Non è successo nient'altro!», metto in bocca un cucchiaio abbandonante di gelato. Con il vino ha un gusto terribile.
«Non ti ha fatto domande su questo?»
«No! Quando siamo arrivati qui improvvisamente è cambiato tutto! Sono stata sincera con lui, gli ho detto di mia volontà cosa è successo. Penso mi stia punendo più di quanto non lo faccia già io con me stessa. È così arrabbiato, riesco a percepirlo dal modo in cui mi guarda», rigiro frustrata il cucchiaio sul gelato.
«È la prima volta che non so proprio cosa dire o come consolarti Emma. Penso che la cosa migliore da fare sia sedervi e chiarire. Sono sicura però del fatto che questo sia solo un malinteso tra di voi».
Trascorriamo le due ore successive a coccolarci andando in un centro estetico per una pedicure e un massaggio rilassante. Chiacchieriamo e facciamo del gossip assieme a delle ragazze.
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Unstoppable 3
Roman d'amourQUESTO È IL TERZO LIBRO DI UNSTOPPABLE • Si consiglia la lettura della prima e seconda storia per capire questo terzo capitolo • TRAMA: È passato un mese da quando Emma è ritornata nella sua Vancouver, a casa. Il soggiorno a New York, non è andato...