Capitolo 48

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Fuori, nell'aria fresca del primo mattino, mi incammino verso l'ufficio per iniziare una giornata lavorativa che si prevede piena. Sono stata assente per due settimane. Una per il Natale, una per il viaggio con Parker. Fortunatamente abbiamo risolto. Viviamo ancora insieme e non sembra affatto volere lasciarmi sola un momento. Aveva organizzato tutto per questa mia giornata ma sono riuscita a farlo ragionare spiegandogli che ho bisogno di questo lavoro, ho bisogno di crescere dal punto di vista lavorativo e non posso permettermi altre distrazioni o altri drammi. Soprattutto ho bisogno di scegliere da sola.
Alla fine ha accettato e dopo avermi salutato con un bacio veloce è uscito di casa.
Ho come l'impressione che abbia in mente qualcosa e cammino in allerta.
Non ho preso l'auto. Fa freddo è vero ma avevo bisogno di camminare e respirare aria fresca e frizzante per svegliarmi del tutto.
Con le cuffie alle orecchie percorro a piedi il tratto di strada più caotico della città. Sto cercando di non dare spazio ai pensieri, di non cadere a fondo e la musica sparata nelle orecchie, mi aiuta infatti a rimandare quei pensieri distruttivi.
Arrivo in ufficio infreddolita. Jessy mi abbraccia felice di rivedermi e si incammina subito in sala ristoro. Poco dopo spunta con un vassoio pieno di ciambelle colorate dall'aspetto invitante e goloso e due tazze fumanti. Tolgo il cappotto appendendolo dietro la porta del mio ufficio e accetto la bevanda calda ricordando di non avere fatto colazione a causa della contrattazione con Parker. È sempre stato un tipo difficile da convincere ma alla fine basta prenderlo per il verso giusto. Sorrido sotto i baffi e Jessy domanda se sono di buon umore. Le spiego che ho avuto un buon risveglio e lei tutta felice per i piani settimanali che prevedono poco lavoro e uscite continue con la sua nuova fiamma, si siede alla sua scrivania accendendo il portatile. So che scambia messaggi con il soggetto in questione ma non faccio domande, non sono poi così curiosa tanto hanno sempre vita breve le sue relazioni. Non posso abituarmi ad un nome perché è imprevedibile.
Accendo il portatile e inizio la mia giornata piena di appuntamenti e lavoro. Di mister Marshall non c'è nessuna traccia.
Durante il pranzo, l'ufficio si riempie dell'odore del pollo in salsa piccante e verdure grigliate ordinato al ristorante vicino. Sono sola e non mi dispiace. Ho modo di rilassarmi e godermi il pasto caldo. Fuori il tempo è grigio e mette tristezza. Non vedo l'ora che arrivi la primavera. Mentre mangio decido di chiamare la mia amica. Devo vederla e passare del tempo da sola con lei. Mi mancano le nostre giornate e serate alcoliche. Risponde al secondo squillo con una strana allegria. «Tesoro stavo giusto pensando di chiamarti e chiederti se ti va di venire a cena da noi. Mi manchi!»
«Dio, si!», quasi esulto. «Ho bisogno di vederti e chiacchierare. Mi sei mancata anche tu in questi giorni», sento un rumore di sottofondo e aggrotto la fronte. «Cosa stai facendo?»
«Demolisco la stanza e ristrutturo. In realtà è stato David»
Rido. «Ristrutturi con un bicchiere di vino in mano e lo sguardo da arpia?»
«Come cavolo fai?», ride incredula.
«Conosco i miei polli», lancio uno sguardo verso la porta che si sta aprendo. «Devo portare qualcosa per la cena?», domando mentre si sente il tintinnio.
«L'invito è anche per Parker. Porta quello che vuoi. Mi serve la tua presenza per sentirmi meglio»
Sorrido e il sorriso mi muore sulle labbra quando vedo TJ ed Ethan sulla soglia. «Ti richiamo dopo», sussurro balbettando. Sistemo la maglietta e rigida mi avvicino ai due. Guardo subito TJ con un sorriso di cortesia e ignoro, provando una fitta al cuore, il ragazzo che mi ha tradito e mentito ma che continuo ad amare come una stupida nonostante tutto. «Mister Marshall oggi non c'è», esordisco per togliermeli di torno. Inizio a sentirmi a disagio e a guardarmi attorno. Dove diavolo è quando serve Jessy? Perché oggi nessuno sembra volere lavorare?
Sento quegli occhi azzurri puntati addosso. Fanno male, come le bruciature delle sigarette.
«Puoi sempre aiutarmi tu», TJ mi porge una pratica. La apro dando una lettura veloce. Mi sposto in ufficio e i due mi seguono sedendosi sulle poltrone. Continuano a guardarsi attorno come se da un momento all'altro potesse sbucare qualcuno e rovinargli la giornata. Sono sempre guardinghi anche mentre svolgo il mio lavoro. Vorrei dirgli di andare e tornare quando sarà presente il mio capo ma non so dove sia finito e non so proprio come uscire da questa assurda situazione. Inizio a sistemare la pratica sul portatile.
Si sente lo scampanellio della porta e poi due voci maschili. Sbircio dallo schermo ma i miei occhi vengono attratti da quelli meravigliosi di Ethan. Come è possibile? Non può farmi questo! Perché non ha ancora aperto bocca? Distolgo subito lo sguardo come se mi fossi appena scottata. «Sono da voi a breve», alzo il tono per farmi sentire con i clienti.
«Non c'è bisogno Emma, sono tornato. Scusa se non ho avvisato ma avevo una riunione snervante. Ti ho anche portato una sorpresa». La voce di mister Marshall si fa sempre più vicina.
TJ e Ethan si voltano e io invece mi immobilizzo chiedendomi se sto avendo un incubo o se sto vivendo uno scherzo di pessimo gusto. Sulla soglia, Parker. Immobile, sguardo fisso e duro, muscoli contratti. Deglutisco a disagio e torno con gli occhi sullo schermo. Stampo la pratica e alzandomi con gambe tremanti impilo il foglio nella cartella. Avvicino il fascicolo al mio capo. «Questa è per te capo!» Mi volto verso TJ. «Il signor Marshall provvederà immediatamente a soddisfare la tua richiesta», sorrido in modo tirato e mentre i due si alzano seguendo il capo nel suo ufficio, guardo Parker. Getto le braccia attorno al suo collo. «Ciao», sussurro.
«Ehi», risponde rigido. «Sai cosa sto per chiederti quindi parla!»
Sospiro. «Sono arrivati qualche minuto fa e il capo non c'era. A quanto pare era con te. Ero sola e TJ mi ha mostrato subito la cartella. Ho solo fatto il mio lavoro».
«Scusa ma ho l'istinto di correre lì dentro e staccargli la testa. Non voglio vederlo con te. Lo avrà fatto apposta ad accompagnare il suo amico.» Sbuffa stringendo la mia schiena.
Mi alzo sulle punte e lo bacio spingendolo contro la parete. «Siamo invitati a cena da Lexa. Mi aiuti a scegliere il vino e il dolce da portare?»
«Stai cambiando argomento?»
«Si. Non voglio rovinarmi la giornata per questo. Non è colpa mia e non potevo prevederlo. Quindi?»
Batte le palpebre perplesso. «Ora?»
«Capo se non le servo esco per un paio di minuti con il mio ragazzo», urlo indossando il cappotto e afferrando Parker per la mano lo trascino fuori.
«Ok ferma Emma», si piazza davanti. «Che cosa ti succede?»
Sorrido nervosa. Non posso crollare. Non dopo avere visto "mio marito" dopo giorni da quel brutto evento e non dopo essermi sentita colta in flagrante senza avere commesso nessun errore. «Succede che stiamo andando a comprare una bottiglia di vino e un dolce per la cena di questa sera dalla mia amica che non vedo da giorni e mi manca.» Passo i palmi sulla sua giacca e poi avvicino la mia bocca alla sua. Non mi respinge, mi bacia con ardore. Sento ogni fibra del mio corpo formicolare e riscaldarsi ma anche rilassarsi.

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