Capitolo 20

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Apro gli occhi riposata ma accanto a me non c'è nessuno. Sono avvolta da un plaid morbido. Mi guardo attorno stordita, la casa è silenziosa. Sul tavolo c'è un bicchiere di succo e un cornetto. Quando sollevo il piatto, trovo un post-it scritto con una calligrafia ordinata che conosco perfettamente.

"Non volevo svegliarti così ti ho lasciata tranquilla. Sono dovuto andare al lavoro ma sarei rimasto ancora ore e ore a guardarti mentre dormivi tra le mie braccia. Ti auguro un buon risveglio principessa. -Parker"

Addento il cornetto al cioccolato mentre accendo la tivù e finisco la colazione. In realtà sarebbe il pranzo visto che mi sono svegliata a mezzogiorno inoltrato. Quando mi sento rilassata e rifocillata, stendo le braccia e indolenzita do una ripulita a tutto l'appartamento poi faccio una doccia, mi vesto e decido di uscire. Vado a trovare Lexa in ufficio.
Il tempo fuori è grigio, preannuncia pioggia. Per fortuna in borsa porto sempre dietro un ombrello perché non si sa mai. Potrei anche usare l'auto ma da sola non credo sia ancora possibile. Non sono poi così pratica nella guida e non voglio avere un attacco di panico quando un'altra auto si fa vicina o tenta di superarmi. È facile ricadere nelle vecchie abitudini e preferisco camminare.
Quando entro in agenzia trovo Lexa sdraiata sul divano. Ha una brutta cera e temo sia per la gravidanza. I medici a quanto pare le hanno detto di rimanere a riposo e di fare attenzione. Mi avvicino e lei prova a rialzarsi per abbracciarmi ma le faccio cenno di rimanere sdraiata perché non voglio che stia male. Qualcuno mi porge un malloppo di fogli da sistemare e senza dire una parola mi metto al lavoro. È strano ricominciare dopo giorni di svago. Lexa rimane in posizione per gran parte del tempo. Ogni tanto si lamenta o grida a qualcuno di portarle un cestino dove potere vomitare.
«Perché sei venuta se stai male?», domando quando mi libero dalle scartoffie e il telefono non suona più.
«Perché dovevo finire quel maledetto servizio e non sono neanche riuscita a portare a termine un compito così elementare. Giuro che me ne ritorno a casa e rimango a letto per nove mesi.»
Ridacchio. «Oppure vieni a dormire da me. Mi prendo io cura di te oggi. Preparo la cena e poi ci mettiamo davanti alla tivù con un cestino a portata di mano.»
Lexa mi guarda con un sorriso. «Avviso subito David. Ho davvero bisogno di una serata con la mia amica. Mi sei mancata. Se rimango ancora a casa sua rischio di impazzire. Pensa che ha nascosto tutti gli alcolici. Come se potessi davvero bere nella mia condizione.»
Trattengo una risata nel notare la sua espressione corrucciata. Una ragazza ci interrompe trascinandomi verso il loro capo. Mister Marshall come sempre non avvisa dei suoi progetti mentali e spesso pago io le conseguenze.
«Ho saputo che al momento non hai nessun lavoro a parte quello che Lexa ti ha offerto come sua manager temporanea.» Esordisce con un sorrisetto furbo sul viso.
Deglutisco e confermo. «Attendo delle risposte ma si, per il momento non ho nessun altro impiego.» Fisso le punte delle scarpe.
«Allora potrebbe interessarti un extra», si alza dalla sua sedia colorata e mi raggiunge mettendo le mani sulle mie spalle. «Abbiamo bisogno di una modella come te per un servizio fotografico particolare. Sponsorizzare un marchio di cosmetici conosciuto. Abbiamo molte idee in merito e se sei disponibile possiamo iniziare.»
Lexa mi guarda entusiasta e mi incita a provare. Non so cosa abbiano in mente ma ora come ora, mi servono gli extra per tirare avanti e anche delle distrazioni. Accetto anche se titubante.

Mai fidarsi delle idee di mister Marshall continuo a ripetermi. Mi ritrovo in una vasca seminuda e per fortuna coperta dalla schiuma. Devo tenere un mascara in mano e truccarmi mentre sorrido alla telecamera. I primi scatti sono terribili perchè sono imbarazzata e impacciata. Lexa prova a risollevarmi il morale parlando delle sue disavventure e mi fa ridere ma non sono come lei: bella, diretta e sfacciata. Sono molto timida e questo non giova a mio vantaggio. Per fortuna inizio a sciogliermi quando dalla sala se ne vanno molte persone e rimaniamo solo in pochi. Inizio anche a sorridere per davvero davanti all'obbiettivo.
«Perfetta. Per oggi va bene così. Ci vediamo domani. Passate una buona serata dolcezze.» Mister Marshall sembra entusiasta e se ne va fischiettando. Cerco di ricompormi. Mi asciugo e dopo avere aiutato Lexa, usciamo dal lavoro.
«Dovresti guidare la mia auto. Non posso lasciarla qui.»
Lexa mi porge le chiavi e speranzosa si sistema subito sul lato del passeggero massaggiando la sua pancia. Tento di non guardarla mentre parto lentamente alla guida della sua cabriolet. Sono agitata perché non ho mai guidato in città. Per fortuna mi rilasso in fretta grazie alla mia amica che ripone molta fiducia su di me e mi distrae parlando. Ci fermiamo per prendere le pizze e schifezze di vario genere visto che ne abbiamo voglia entrambe e andiamo a casa mia dove ci sistemiamo sul divano e guardiamo parecchie puntate di Stitchers, una serie tv che ci piace.
«Inizialmente eri come lei, Kirsten.» Pulisce le mani e sorseggia la sua acqua.
«Quando sono arrivata ero intenzionata a dedicarmi solo a me stessa e invece... Ecco dove sono arrivata e come mi ritrovo.» Sorrido con amarezza e mando giù un altro boccone di pizza.
«Sei una ragazza che quando si apre al mondo ama tanto e senza limiti. Purtroppo nella vita hai vissuto situazioni brutte e sei cresciuta da sola. Ma sai che cosa penso no? Che sei meravigliosa così come sei. Con le tue stranezze e la tua dolcezza infinita. Sono fortunata ad averti incontrata, ti voglio bene.»
Non so se siano i suoi ormoni a mille o altro ma la abbraccio e asciugo più volte le sue lacrime. Si commuove per tutto anche senza motivo. Dopo cena noto che si è appisolata. La sistemo comoda sul divano, metto una coperta per non farle sentire freddo, ripulisco la cucina, spengo la tivù e mi richiudo in camera.
Non ho sonno così cambio le lenzuola e rimetto in ordine i vestiti dentro l'armadio. Trovo un vecchio quadro pieno di post-it e sedendomi per terra a gambe incrociate continuo a fissarlo. Un anno fa ero organizzata al massimo. Non avevo tempo da perdere perchè tutto ai miei occhi aveva importanza. Cercavo di fare nuove esperienze, di non chiudermi, di divertirmi, di diventare qualcuno. Sembra un passato un bel po' di tempo da quando ho iniziato la lista estiva e le cose da allora sono cambiate parecchio.
Lo schermo del telefono si illumina. Sorrido e rispondo rimettendo in ordine il quadro.
«Ti pensavo. Passata una buona giornata?»
«Uhm, fammi pensare. Mi sono svegliata tardi, ho rimesso in ordine l'appartamento, sono andata al lavoro e poi a casa con la mia amica che ha vomitato per gran parte del tempo. Credimi, non voglio avere bambini. È terribile!»
Ethan ride. «A quanto pare mi è andata meglio. Oggi solo due arresti e un caso risolto. Niente vomito.»
«Decisamente meglio della mia.» Sorrido. «Come stai?»
Sospira. «Posso mentire?»
«No»
«Annoiato, un po' distratto e parecchio solo. Per il resto sto bene. Tu come stai?»
Ci rifletto su un momento mentre mi sistemo sul letto. «Non so di preciso come sto. Non sto poi così male come mi aspettavo ma non sto nemmeno bene per come vorrei.»
Segue un momento di silenzio interrotto dai nostri respiri. «L'hai rivisto?»
«Si è presentato con la cena abbiamo parlato e poi mi sono addormentata. Quando questa mattina mi sono svegliata lui non c'era e non ha cercato di contattarmi. Credo stia prendendo sul serio la questione del "non opprimermi".»
«So solo che se ti fa stare male se la vedrà con me. Adesso dimmi che sei sotto le coperte.»
«Si signore», lo prendo in giro. «E sono pronta ad ascoltare una delle tue bellissime storie.» Sorrido come una scema e abbraccio il cuscino.

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