27. Would you fall in the name of love?

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E così com'era iniziato, San Valentino stava finendo.

In realtà era appena cominciato, se si considerava che quella festa era stata fatta iniziare alle dieci di sera del sabato, ma non importava: per Amber era finita non appena aveva ricevuto i contanti, per aver fatto da fotografa a quella serata, e aveva varcato la soglia dell'uscita.

Si strinse nel suo giubbotto di pelle ormai storico, e si avviò verso casa: per la prima volta stava tornando da una festa prima che finisse definitivamente, senza alcun odore di fumo estremo attaccato alla pelle e completamente sobria.

Aveva solo bevuto con Quince al bancone un drink, del quale aveva osservato attentamente la preparazione: non si era mai fidata di ciò che gli altri le porgevano senza aver verificato e visto con i suoi stessi occhi da dove proveniva.

Ad essere sinceri, Amber non si fidava di quella festa in maniera generale.

Il San Valentino era subdolo, viscido come un serpente, bugiardo e senza alcun valore morale; lei, infatti non si era mai stupita nel sapere che molte sue compagne di scuola venivano abbindolate da diversi ragazzi che le facevano sentire delle principesse con inutili fesserie, le "amavano" per una sera, e, il giorno dopo, venivano messe da parte come dei vecchi giocattoli.

Ecco perchè Amber odiava il San Valentino.

Ma era sempre stato così?

No, lei era sempre stata un'amante di quella festa fin da quando frequentava le scuole elementari, fin dal primo istante in cui il piccolo Jake le aveva lasciato sul banco una letterina, fatta con un foglio stracciato da un quaderno, e una margherita.

Aveva continuato a credere a quella festa per molto tempo, cercando di sorvolare su tutte quelle stupidaggini e tragedie che accadevano proprio in quel giorno; cercando di aggrapparsi a qualcuno che come lei credeva nella magia di quel giorno.

Purtroppo, però, tutto era cambiato negli anni del liceo, in cui le lettere si erano accumulate, i fiori aumentati e i sentimenti diminuiti.

Era davvero tutto finito quando si era resa conto di appartenere ad una stupida società del cazzo, come quella?

No, ne era sicura.

Il colpo di grazia le era stato inferto Venerdì, quando entrando nell'aula della sua prima lezione aveva trovato sul banco fogliettini sparsi con su scritto frasi diverse, ma non aveva fatto in tempo a leggerli che si era accorta di un pacchetto di sigarette della sua marca preferita e di quell'accendino.

Avrebbe potuto riconoscerlo ovunque ormai, come tutti gli altri d'altronde.

Era uno Zippo nero ricaricabile con alcune rifiniture in argento e sulla base erano state fatte incidere le iniziali R.P insieme all'anno e al mese di produzione che, ovviamente, corrispondeva alla data di nascita del suo proprietario in quel caso. Solo Richard Parker aveva a Beverly Hills un accendino simile e nessuno aveva mai visto quell'accendino nelle mani di qualcun'altro oltre le sue.

Trovare quell'oggetto sul proprio banco ovviamente era stato uno shock, era stato una specie di segnale che "avvertiva" tutti quanti che Richard nutriva un particolare interesse per lei e che, di conseguenza, nessuno doveva mettersi in mezzo.

Sembrava un po' una storia da gangster, eppure, nella sua scuola tutti sapevano che un qualsiasi gesto di Richard corrispondeva ad avvertimenti specifici che dovevano essere rispettati se non si voleva passare il resto del liceo nell'umiliazione più assoluta.

La ragazza scosse la testa risvegliandosi da quel ricordo quasi traumatico, e si accorse di essere arrivata proprio di fronte casa sua.

Guardò in alto e non riuscì a scorgere alcuna luce dal suo appartamento, forse suo fratello Nick non era ancora tornato o stava dormendo; in ogni caso, la ragazza tirò fuori dalla tasca le chiavi ed entrò nel palazzo. Si tolse le scarpe alte per evitare di fare rumore e svegliare gli altri condomini e cominciò a salire le scale fio a giungere al suo amato e tanto atteso piano.

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