13. And I can always have just what I want.

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Richard sbadiglió rumorosamente e in maniera esorbitante come se quella non fosse una bocca ma fauci di un leone affamato.

Socchiuse gli occhi e con una sorta di sospiro si giró sul fianco sinistro accontentandosi di stringere un cuscino anzichè il corpo di una qualche sua conquista.

Quella sera aveva fatto un buco nell'acqua: non solo non era riuscito a portare a termine i suoi piani con Amber, ma neppure con nessun'altra ragazza.

Da quando aveva fatto quella scommessa, ogni cosa aveva perso il suo reale valore: Amber era un'ossessione.

Ne aveva la piena consapevolezza ormai.

Si era dato alla pazza gioia con Dafne e, nonostante a legarli fosse una storia tortuosa e del tutto casuale, per lei non provava assolutamente nulla.

Avevano condiviso troppe cose assieme ma il suo cuore aveva deciso di non prenderla proprio in considerazione.

Povera Dafne, chissà che delusione.

Richard chiuse gli occhi e provó a concentrare il suo immaginario altrove, ma era impossibile scordarsi di quella scommessa che ancora non era riuscito a vincere.

Non era mai successo che egli si dilungasse così tanto.

Impossibile continuare a stare a letto.

Aprì di nuovo gli occhi, dopo diversi cambiamenti di postazione sul materasso, e prese il cellulare.

Le 11:37.

Aveva dormito poco per essere tornato circa alle sei del mattino, ma ormai non contava: il sonno era andato via completamente e non sarebbe tornato, neppure con una preghiera al Padre Eterno.

Avrebbe recuperato quella sera stessa: pazienza.

Posó nuovamente il cellulare e sbadigliando si mise a sedere sul bordo del letto.

Si grattó il petto nudo, visto che anche in inverno Richard prediligeva come pigiama un semplice paio di boxer.

Prese il cellulare e si alzó, senza badare a scostare le tende o sistemare le lenzuola che erano cadute giù dal letto quando Richard si era alzato in maniera turbolenta.

Uscì dalla camera e scese al piano di sotto, convinto che in quell'enorme casa non ci fosse anima viva, ma inaspettatamente non appena varcó la soglia della cucina per fare colazione ritrovó sua madre, intenta a preparare qualcosa di commestibile.

L'aria era impregnata dell'aroma di zucchero a velo e cioccolato caldo, misto ad altri profumi troppo speziati per rientrare nei gusti di Richard.

In quel miscuglio di odori che potevano essere assaporati, appariva sempre più vivida quell'immagine che Richard apprezzava e ammirava così tanto.

Era raro trovare sua madre in casa, forse si trattava di un evento unico, poichè il suo lavoro la impegnava parecchio: lei era l'organizzatrice di eventi di un'importante rivista di moda.

Un lavoro che le calzava a pennello vista la sua raffinatezza e compostezza.

Lei era sempre stata l'ideale di donna perfetto per Richard.

Sua madre era un emblema, un modello da imitare: era la donna più bella e incredibile che potesse esistere per il suo immaginario.

Aveva quarant'anni; era alta e slanciata come una colonna greca, bella come il sole: la sua pelle compatta profumava sempre di mandorle e non aveva mai conosciuto il segno di una ruga; il suo sorriso luminoso rifletteva il carattere solare e vivace di quella donna straordinaria; gli occhi erano azzurri e profondi, esattamente come quelli di Richard; i capelli, di un delicato color miele ravvivato da ciocche più chiare qua e là, erano sempre in perfetto ordine.

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