19. But I don't fucking care at all.

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Lunedì 8 Febbraio 2016

Dafne, nonostante fosse tornata molto tardi la notte precedente, a causa del suo passaggio fornitole da Felicity Bloomvood, nota per le sue continue soste mentre viaggiava, si era svegliata presto.

La sveglia era stata impostata ad un orario abbastanza decente per poter concedere un sonno rilassante e ristoratore, eppure la sua mente aveva deciso di attivarsi prima del previsto.

Alle quattro e un quarto i suoi occhi si erano aperti e non si erano richiusi.

Troppi pensieri.

E come scacciare dalla mente tutto quel male?

C'era una sola soluzione: correre.

Proprio così: quando Dafne sentiva troppa negatività attorno a sè, cercava di eliminarla tramite una corsa mattutina.

Così si alzò di colpo dal letto gettando tutte quelle coperte per terra; scalciò via il pigiama e indossò i leggins e la felpa, adibiti alle sue corsette, abbandonati sul puff davanti al letto; indossò le scarpe da ginnastica ormai completamente consumate e inviò un rapido messaggio a qualcuno che poteva essere abbastanza pazzo da svegliarsi a quell'ora.

Abbandonò il cellulare fra le lenzuola totalmente sfatte e uscì facendo attenzione a non svegliare i suoi, non tanto perchè non voleva che la scoprissero, dopotutto conoscevano quelle sue strane abitudini, ma per una semplice questione di rispetto.

Neppure lei adorava essere svegliata.

Uscì letteralmente dalla sua proprietà e si avvió verso il Beverly Gardens Park, distante pochi minuti da casa sua.

Era ancora buio ma le strade erano ben illuminate, in ogni caso Dafne non avrebbe avuto paura: lei rideva in faccia ad ogni pericolo.

Rideva e correva: quelle erano le uniche due sue azioni che si ripetevano incessantemente.

Bizzarro.

A dire il vero si sarebbero potuti comporre decine di libri su tutte le sue stranezze sia conosciute che sconosciute, ma come non poterselo aspettare?

Dafne era sempre stata una di quelle ragazze fuori dal comune, dopotutto.

La ragazza passó dalla Carmelita Avenue senza alcuna ragione in particolare, giusto per perdere un pó di tempo.

Quella era la zona di Quince.

Quando era stata la sua ragazza, insieme avevano percorso quella via parecchie volte a qualsiasi volta del giorno; ancora ricordava quando avevano camminato dalle tre alle sei del mattino percorrendo il quartiere almeno venti volte.

Dafne si fermó proprio di fronte alla casa di Quince.

Faceva sempre un certo effetto pensare che lei aveva amato così tanto Quince e, a distanza di qualche anno, si ritrovava da sola sotto casa sua all'alba ma senza di lui.

Scosse la testa fra sè e sè e riprese a camminare verso la sua meta.

Le capitava spesso di perdersi in pensieri tanto malinconici e profondi, forse l'oscurità la stimolava ulteriormente.

Lasció perdere certe sciocchezze e si concentró sull'ambiente circostante: era arrivata al parco.

Esso era deserto, a tenerle compagnia in quel momento solo i filari di alberi che fiancheggiavano il sentiero su cui correre, l'erba bagnata di rugiada, l'enorme scritta d'accoglienza "Beverly Hills" e il freddo mattutino che le faceva accapponare la pelle.

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