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Pov. Carlotta

Se pensavo di ritornare indietro con il tempo, con Joshua...mi ero sbagliata. Il tempo passa, gli anni scivolano inesorabili, e tu non puoi accaparrarteli di nuovo, perché non è un bene materiale.

Dovevo convincermi che lui non era più il Joshua che conoscevo. Era un uomo diverso, le ragazze lo reclamavano. Viveva in una dimensione dove il mio nome non era più affisso, e se lo era, era un ricordo. Uno di quelli che non si sarebbero sbiaditi ed ingialliti con il tempo, uno di quelli nitidi ma dai per certo che non si ripresenteranno.

Avevo avuto la conferma. E nonostante fosse uscito dal locale per venirmi a cercare, non potevo dire di essere completamente felice. Non erano i suoi progetti. Ma come puoi programmare un sentimento?!. Non volevo rientrare nella sua vita fatta di lusso, autografi, interviste e paparazzi. Volevo una vita tranquilla alla Carlotta. Non mi volevo
Accontentare del piccolo spazio che avrebbe potuto ritagliare per me. Io un uomo lo volevo vivere a 360 gradi, ma non uno qualsiasi, avrei voluto lui. Ma l'erba voglio non cresceva neanche nel giardino del Re, e sicuramente neanche sotto lo spiazzato di casa mia.

Il percorso in macchina per il ritorno lo passammo tranquillamente. Mi aveva confidato che molto spesso gli capitavano queste cose. Ma voleva semplicemente uscire come tutti. Alzai gli occhi da prima bassi sul finestrino, verso l'imponente hotel a cinque stelle. Un portone dorato scorrevole, un tappeto rosso a terra, con tanto di guardia notturna vestito impeccabile al di fuori e le braccia incrociate dietro la schiena.
Dalla luce abbagliante e smagliante che proveniva dall'interno potevo vedere il bancone lussuoso marrone lucido, dei lampadari a goccia che scendevano come piccole gocce trasparenti di pioggia. Quella che grondava addosso a noi.

Spense la macchina, e così anche i fari che da prima illuminavano parte del marciapiede cessarono.
"Sono stato bene oggi. Togliendo il disguido" parlò lui per primo, ruppe il silenzio sovrano che aveva fatto da scena.

Mi sganciai la cintura, che scivolò lenta dal mio corpo, posandosi fiacca nella sua normale posizione.
"Già" un'affermazione che conteneva molto. -Già sono stata bene anche io- già il disguido-. Ma mi fermai solo a quel' unica parolina.

Guardai il suo pomo d'Adamo circondato dal colletto, scendere e salire nuovamente a galla.
"Bene" un tono cupo, le labbra serrate.

Aprì lo sportello, lasciandomelo aperto poiché sarei dovuta montare e guidare fino a casa. Dopotutto era la mia macchina.
"Grazie" rivelai cristallina, vedendolo richiudermi la portiera, una volta che mi ero accomodata.

Si sporse verso il vetro abbassato, poggiando le braccia sopra, ed appena la testa.
"Ci vediamo domani pomeriggio. Passerò a prenderti con Yuri. Verrai con noi sul mio Jet privato" mi confidò pacato, ma sembrava più un imposizione dove non potevo ribattere.

"Ho i cameraman con me" gli dissi di rimando, sentendo il rumore della macchina, riacquistare vita.

"Mi ha spiegato il tuo capo, Greg se non erro, che avranno un volo loro. Hanno già i biglietti d'imbarco. E l'hotel è già stato prenotato per tutti" sembrava più informato di quanto fossi io, quindi scossi la testa per poi annuire.

"Ehm...ok" soffia fuori arrendevole, vedendolo battere una mano sul finestrino come a dirmi che potevo andare.

"Notte Carlotta" sussurrò, facendo il giro della macchina, per salire i gradini dell'hotel e scomparire poco a poco dietro la porta di vetro scorrevole.

"Già notte" mi risposi da sola, innestando la prima per partire, ed arrivare fino a sotto il condominio. Non distava molto l'hotel. Ma comunque la luce delle vetrine teneva la mia testa occupata, come il verde speranza dei semafori, che non mi lasciavano tempo per rimuginare, e per una volta nella mia vita li ringraziavo.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora