Pov. Joshua
Mi aveva lasciato lì, in quello spazio ristretto, da solo ad imprecare contro un muro, lo stesso che si era creato tra di noi e non c'era verso abbatterlo.
Mi aveva steso. -io sono fidanzata- cazzo di ammissione, veritiera. Mi dava fastidio, Dio se mi logoravo e corrodevo dentro come alcol che brucia fino al midollo osseo. Carlotta era mia, ma non lo era. Era testarda e poi arrendevole. Dolce e poi tagliente. Una mela da una parte avvelenata e dall'altra succulenta, che più né mangiavi più né esigevi. Era la mela del mio peccato, e di questo non ne sarei mai stato sazio.
Se solo quel coglione di Yuri non avesse spiattellato tutto ai quattro venti. Come se sapesse che avevamo fatto qualcosa, quando in realtà si era solo addormentata, cristo!
Mi sciacquai il viso, vedendo i miei occhi più scuri. Il riflesso di come ero io dentro. Cupo e spento.
Tornai di là, richiudendo con uno strascico debole, la porta scorrevole del bagno.
La vidi a sedere, con la cintura indossata, ed uno sguardo rivolto verso la distesa di nuvole. Le cuffie impiantate nelle orecchie. Quelle dove ascoltava musica da beta. Quelle che ogni volta le toglievo, quelle che L'accompagnavano nel tragitto, Scuola-casa.Esalai un respiro, accomodandomi di nuovo ed allacciandomi la cintura. Non spostò lo sguardo, lo tenne fermo lì, come incollata. Con Yuri avrei parlato dopo. Sembrava addirittura compiaciuto su quel viso, che mi accennò un sorriso. Che cazzo aveva da ridere? Aveva vinto un premio?.
Scendemmo dal Jet, e Carlotta non emise parola. Gettò solo le cuffie, appallottolandole nella mano con veemenza e le scaraventò dentro la borsa.
Prendemmo le valigie, e mentre presi quella di Carlotta, poggiò sopra la sua mano sulla mia senza volere. Sentii un brivido e la voglia di stringere le sue mani con le mia. Scesi verso il suo sguardo che invece era fisso sulla valigia, e la prese per il manico, togliendomela con forza.
"Te la por..." non mi lasciò finire, che tirò su il manico del trolley.
"Faccio da sola" sbottò irruente ed ispida, iniziando a trainarlo per arrivare verso la macchina nera laccata, che ci aspettava.
Il suo non farmi finire le frasi mi dava i nervi, mi mandava su di giri. L'avrei zittita spingendola contro un muro e baciando con foga quella lingua biforcuta e quelle labbra rosse che mi mandavano in delirio, ma la lasciai fare. Veniva a farmi la predica dopo che lei si era data da fare con Mitch? Ed io come dovevo sentirmi? Dovevo fare una cazzo di danza del ventre, secondo la sua supposizione?! Aveva ragione il tipo che incontrai quella volta nel negozio che portai Carlotta. Quella volta che la vidi con un vestito addosso degno delle sue forme generose ma esili, del suo corpo che mi fotteva. Quel vestito che avrei strappato per fare l'amore con lei dentro il camerino.
-Le donne, le devi sempre accontentare. Non le capiremo mai-. Ed in quel momento non capivo che cavolo volesse dire, mentre ora gli avrei dato il mio supporto, con tanto di trofeo per la frase più veritiera di tutte.Si sedette sul sedile, tenendosi la borsa premuta contro il ventre, con tanto di mani poggiate sopra alla pelle nera della borsa.
Le ginocchia serrate tra loro, quasi da farle appiccicare. Ma notavo come tremava. Forse per il nervoso o forse per la mia presenza.
Sembrava che il suo punto preferito fosse sempre il finestrino. Forse vedeva la gente, i luoghi, che correvano di fretta come correvano gli anni.Le ruote scivolavano leggere sull'asfalto. Sino ad arrivare all'hotel. Si trovava in Georgia Street. Era una struttura imponente, sembrava un castello. Ed in alcuni tratti si notavano le finestre delle camere con degli effetti a specchio ai lati.
Avrei azzardato dire maestoso. Ed il fatto che era vicino al centro lasciava modo di vedere la strada affollata da macchine e gente.
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Un Disastro Divertente
ChickLitJoshua e Carlotta ormai hanno ventisei anni. Hanno intrapreso strade diverse, un allontanamento avvenuto qualche anno prima. Hanno una carriera da portare avanti, una vita Rose ma senza Fiori. Lei più disinibita che mai, e sicura di sè. Lui sempre i...