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Pov. Carlotta

Il viaggio in aereo, era stato tranquillo all'apparenza. Per chi non ti legge all'interno, avrebbe azzardato dire, felice.
Mentre dentro accaparravo solo ansia. La paura che Joshua si fosse arrabbiato ulteriormente. Le sue parole ancora mi riecheggiavano in testa.
Quindi ora la colpa era ricaduta su di me? Su me che non riuscivo ad andare oltre. Su me, che avevo alzato barriere. Era una difesa, anche se inutile, cercavo di proteggermi da un'armatura lucente all'esterno, ammaccata all'interno.

Samuel e Toby erano seduti sul lato sinistro dell'aereo. Ogni tanto si sporgeva Samuel, per raccontarmi una delle sue solite battute idiote e di pessimo gusto. Ma tentai come sempre di ridere e di sviare lo sguardo su Toby, che coperto da Samuel, annuiva nella mia direzione. Come a dirmi -ti capisco, pensa te che ci lavoro tutti i giorni insieme- e quindi fu inevitabile non scoppiare a ridere. Erano una coppia ben assortita. Felice almeno di condividere il mio lavoro ed il mio viaggio, con due svitati.

Il mio posto affianco, era l'unico vuoto. Forse sapevano che aspettavo qualcuno che non sarebbe arrivato. Forse sapevano che era la giusta punizione da infliggermi, per ricordarmi che lui, un tempo, sedeva affianco a me ed al mio cuore.
Buttai un'occhiata fugace verso la poltrona blu di tessuto, triste, riportandolo sul finestrino piccolo. La distesa di nuvole come piccoli batuffoli di cotone, mi teneva compagnia. Ma lasciava spazio a pensieri immensi, quanto questo cielo dove ora stavo sospesa.

Il ricordo di noi due. La sua paura di prendere l'aereo di nuovo. Il modo in cui stringeva la mia mano sul bracciolo che ci divideva appena.
Strinsi il mio, quasi a conficcarci le unghie smaltate.
Non potevo essere biasimata per la paura. Non potevo. Diamine!

Scendemmo ritirando i bagagli sul nastro trasportatore. Come sempre i miei erano gli ultimi. Volevano prolungarmi ancora di più la permanenza ad AnsiaLand.

Prendemmo un Taxy, mentre Samuel e Toby, discutevano sulle inquadrature ed i formati da eseguire, l'indomani. Il concerto di Joshua. Ci sarei dovuta essere contro la mia volontà. Costretta in qualcosa che non volevo, e al tempo stesso bramavo.
Come ero stata costretta a condividere con lui la stanza. L'hotel era talmente bello e fiabesco, che mi aveva tratto un tranello. Essere nello stesso posto, nello stesso piano, nella stessa stanza. Non poteva essere altrimenti.

Poiché appena arrivai, presi la mia tessera, lasciando Samuel e Toby e spalancando la porta di quella, che credevo, essere solo ed esclusivamente, camera mia. Illusa!

Guardai due valigie, posizionate a terra. L'agitazione a farmi da complice. Quatta come una ladra, mi avvicinai alla porta. Sentivo l'acqua scrosciare lentamente. Ma quando quella porta si spalancò, non pensavo di trovare la sua figura. Il suo petto scolpito, ancora imperlato da gocce limpide, che percorrevano il tragitto dei suoi addominali. Linea per linea. In verticale, in orizzontale. Cadevano giù, fino al l'asciugamano tenuto intorno al bacino, dove la sua V, faceva la comparsa magica.

Il modo di provocarmi. Mi era tornata in mente la storia di Maggie e Brian. Destino Carlotta? Fato? Chiamalo come vuoi. Io lo definivo Karma.

Appena mi fu vicino, tutti i miei sensi andarono in allerta. Ammetteva ciò che sapevo e ciò che io non volevo ammettere. Eravamo ancora innamorati, feriti, mai veramente abbandonati.
Per quanto mi sforzavo, lo eravamo ancora.
Mi allontanai, prendendo la borsa e richiudendo la porta con un tonfo pesante. Lui era il gas che alimentava la mia fiamma, ed io non volevo bruciarmi ulteriormente.

Mi avviai verso l'ascensore, sentendo il ticchettio dei miei tacchi sul pavimento lustro. Finché non notai la figura di Samuel, avanzare nella mia direzione.
"Giretto per Londra?" Mi domandò entusiasta, mentre abbassai lo sguardo sulle mie scarpe nere, per riportarlo su di lui ed annuire.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora