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Pov. Carlotta

Mi stavo lasciando guidare in quel viaggio a ritroso con il tempo. La fuga al ristorante. Lo dovevo prevedere dal suo sguardo malizioso che mi avrebbe tirato dentro la sua bravata. Le imprecazioni in spagnolo mi mancavano. Le avrei aggiunte nella mia lista.

Ed ora di nuovo sulla sua moto. Ancorata a lui. Al suo profumo. Il refolo di vento che mi rianimava.
Le luci di una Barcellona che non dormiva mai. Era tutto perfetto, sarei voluta rimanere in quello spazio temporale per l'eternità. Era chiedere troppo. Niente è eterno. Tutto ha una scadenza.

Accostò la moto, vicino ad un marciapiede. Vedendo un locale che rimaneva sulla nostra destra. Sembrava piccolo, e confortevole. Un locale dove magari nessuno avrebbe dato noia.
Riuscii a sfilarmi il casco, sotto il suo sguardo stupito nascondendo un ghigno divertito.
"L'hai fatto apposta prima?" Mi domandò rauco, indicando con la testa il casco che tenevo in mano, mentre aprì il porta baule.

"No! Si era inceppato...il gancetto" confermai cristallina, poiché era così.

"Puoi dirlo benissimo che era per avere il mio viso vicino al tuo" ribatté sardonico, lanciandomi un sorrisetto malizioso laterale, mentre girovagai con gli occhi, alzandoli al cielo.

"Sei incorreggibile" proruppi divertita, portandolo a ridere, e mi prese la mano, dove lo nostre dita s'incrociarono alla perfezione, trascinandomi dentro al locale. Ovunque volesse. Sarebbe stato il centro del mio mondo. Ma forse io non ero il suo asse. Il pensiero mi attanagliava, e mi provocava brividi di freddo, penetrandomi fin sotto pelle. Eppure i nostri occhi ora parlavano chiari. Domani che lingua avrebbero parlato?! Non mi volevo preoccupare. Oggi eravamo sempre NOI.

Tirò la porta indietro, facendo un passo dentro ed io con lui. Un bagliore da led Rossi, inquadrò la nostra figura, venendo avvolti da un buio spezzato solo da quei flash alternati.
La musica rimbombava tra le pareti. Era piccolo ma abbastanza affollato. Nel mezzo c'era una pista di gente accalcata, e nessun divanetto per sedersi. Avrei resistito a stare in piedi.

Le pareti bianco perla, riflettevano i candori rossi, illuminando le mura, per tornare ad oscurarle il secondo dopo.
Si voltò, sorridendomi, facendoci spazio tra le persone. Sfiorando spalle e corpi sconosciuti, mentre le nostre mani rimanevano incollate da una forza mistica.

Raggiungemmo a fatica il bancone rosso laccato ed a curva, notando dei panchetti anch'essi rossi.
"Ti va di bere qualcosa?" Mi chiese dolcemente, vedendo il mio sguardo di approvazione.

"Decido io. I tuoi gusti sono particolari" m'informò sarcastico, ricordandomi del Redbull, vodka e succo di pera. Era una schifezza, ma era buffo vederlo bere quell'intruglio. Ed in realtà il mio era solo vodka e succo di pera. Un piccolo segreto che avrei tenuto per me. Una sorta di vendetta. Divertente.

"Due cubani" affermò verso una barista dai capelli rosso fuoco, rasati ai lati ed ingelatinati sopra.
Aveva le braccia ricoperte da tatuaggi ed un bustino in pelle che le enfatizzava il seno seppur piccolo.

Sentii il tonfo del bicchiere battuto sul bancone, prendendolo per portarmelo alle labbra.
"Allora, come vuoi rivivere il momento?" Mi domandò sogghignando, ed innalzando un sopracciglio, per fissarmi con quei suoi occhi oceano dal quale ero assuefatta.

Picchiettai le unghia al bancone, sporgendomi verso di esso ed innalzando le punte dei piedi, ondeggiando con i fianchi. Seguì il mio movimento con occhi lussuriosi, poiché era rivolto di spalle al bancone, poggiato con la schiena contro di esso. Era come calamitato verso il mio movimento lento. Ed il suo sguardo mi mandava in escandescenze, facendomi sentire desiderata e libera. Sensuale e tentatrice.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora