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Pov. Joshua

Ricadevo sempre nel provocarla, era come se non ne riuscissi a fare a meno. Una sorta di dipendenza. E cazzo! Adoravo quando diveniva purpurea sulle guance ed il suo sguardo s'infuocava pieno di desiderio, brillante.

Non mi stavo gustando il locale. Il Venue. Nonostante fosse straripo di gente. Ma mancava lei, e non c'era nulla d'interessante se lei non era presente. Il locale all'interno, era tutto nero e grigio metallizzato. Nelle due parti rispettive del locale, si ergevano due scale per salire al piano di sopra, che altro non era, un balcone che si estendeva per tutto il locale dalla forma a curva. Due pali in cui ballavano delle ragazze molto brave e sensuali. Sulla destra un bancone delle bevute anche esso metallizzato, contornato da luci rosse al contrasto con la potente luce blu elettrica che si diffondeva dentro lo spazio non molto grande. In fondo vi era un palco, con uno schermo gigante che emanava bagliori lucenti e specie di esplosioni di colori, come scenografie che accompagnavano la canzone. Stasera c'era un DJ molto bravo, ci sapeva fare alla console. Un mix di canzoni in voga con pezzi anni 80-90 come una fusione orecchiabile.

Yuri aveva affittato un posto nel privè. Una piccola fune rossa ci divideva dalle persone "normali". Quello che un tempo ero io. E non avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a liberarmi da intoppi e fotografie sbattute sulle pagine di un giornale. Al massimo evitavo i selfie di Carlotta che anche non volendo mi riusciva a strappare e finivano sulla sua bacheca, ovvero la parete di camera sua. Ed era più semplice, meno complicato. Ma questo era il mio sogno, fatto di rinuncia e perdita, ma non potevo frenarlo.

"Domani sarà ancora più pieno. I biglietti sono stati esauriti" commentò Yuri fiero, distraendomi dai miei molteplici pensieri e sempre gli stessi. Si portò il liquido ambrato, dentro un bicchiere, sulle labbra, rivolgendomi un'occhiata.

"Sembra splendido" affermai asettico, guardando la gente fare movenze strane in pista, ed un risolino mi scappò guardando Samuel. Direi che come Cameraman forse era il migliore, ma come ballerino faceva pietà.

"Splendido? Joshua è grandioso" ribatté esultante, prendendo un volantino piegato da dentro la tasca della giacca rosa. Direi che era un colore inconsueto e sicuro non passava inosservato. 

"Vedi? Sei nato per avere il viso sul volantino, su manifesti." Sbatté il volantino sul tavolino nero, facendo un cerchio immaginario con l'indice intorno al mio viso. Continuò imperterrito, a dire ciò che diceva costantemente. Tanto che ormai ne ero più che convinto anche io. Si perché le persone sono capace di influenzarti. Tu non te ne rendi conto in quel momento, pensi che sia impossibile che il tuo cervello, instilli ed elabori certi concetti che ti inculcano, ma purtroppo la realtà è questa. Siamo esseri influenzabili. Da tutto ciò che ci circonda.

Ed ora ero qui sul letto, a pensare alle sue forme, all'odore della sua pelle, ed il fatto che io e Carlotta eravamo una O ed una S che non sarebbe tornata. Era colpa mia, ma anche lei aveva la sua parte. E se solo sarebbe stata in grado di ascoltarmi, avrebbe fatto differenza? Forse, o forse no. Mi ricordavo che tentare non nuoce, ma con Carlotta ogni cosa nuoceva.

Allungai il braccio per spegnere la scia fioca che lasciava sulla parete l'abat-Jour, stendendosi da un fianco per prendere sonno, quel sonno che non avevo.

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Mi svegliai, sentendo il picchiare frenetico di un paio di nocche delicate e al contempo petulante, sulla porta.
La luce della vetrata, penetrava forte, e mi illuminò completamente, portandomi a pararmi con una mano, a mo' di visiera.

"Arrivo" biascicai assonnato, infilandomi i pantaloni della tuta nera, ed arrancando verso la porta, dove la mia mano strinse il pomello e lo girò, benché il mio cervello fosse ancora in una dimensione parallela.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora