Pov. Joshua
La lasciai andare via, la vidi da dietro il vetro lindo in cui potevo specchiarmi e notare i miei occhi rabbuiarsi, partire e sfrecciare con la sua macchina, parlando da sola.
Era sempre stata così strana. Si faceva sproloqui mentali a voce alta. Non riusciva a tenersi nella mente le parole che doveva darle fiato e farle circolare nell'aria. L'avevo lasciata libera. Il silenzio era stato più soffocante del solito. Quello che mi aveva detto mi aveva lasciato spiazzato. Non si meritava una vita fatta di pezzetti di mosaico, coriandoli piccoli lasciati per terra e spazzati via. Aveva bisogno di un'immagine intera, di una figura tangibile, ed il non potevo dargliela.
M'infilai le mani dentro la tasca dei jeans, avviandomi verso la reception per ritirare la chiave con una sfera di ottone attaccata sopra, dove era inciso il numero. Ringraziando gentilmente la receptionist dai capelli rossi ondulati.
Pigiai il bottone freddo dell'ascensore. Freddo tanto quanto i miei polpastrelli raggelati dalla situazione e le sue parole fievoli ed immensamente tristi. Il sapere che la causa di quella voce rotta e dei singhiozzi che cercava di far morire, mi facevano sentire in colpa, inquietudine che girovagava nel mio corpo senza sfociare e di conseguenza mi sentivo opprimere.
Sentii il tintinnio riecheggiare appena come ovattato, e le porte metalliche si aprirono. Lasciando uscire un signore di mezza età tarchiato e dai capelli brizzolati in uno smoking grigio talpa.
Entrai, poggiandomi alla parete fredda, o meglio allo specchio che era posto dietro di me. Così rilasciai una quantità di ossigeno, che non mi serviva.Mi avviai lungo il corridoio, finché non vidi la porta di Yuri, aprirsi, con un cigolio della maniglia.
Sbucò fuori la testa dallo stipite. Gli occhi sbarrati e piccole venuzze rosse ricoprivano il suo bianco cangiante, le pupille più dilatate del solito. La camicia era abbottonata solo nelle ultime tre asole, e sborsata dai pantaloni neri. E la cravatta ciondolava dal suo collo.Mi spaventai alla sua vista, forse era successo qualcosa. Non parlava. Ma subito dopo mi rivolse un sorriso smagliante e degli schiamazzi provenire da dentro la sua camera.
"Yuri chi c'è in camera?" Gli domandai serio, avvicinandomi alla sua porta, con ancora le chiavi della mia in mano."Ho portato due ragazze brasiliane. Volevano conoscerti. Ma poi una di loro ha iniziato a divertirsi con me" rise di gusto, affacciandomi per vedere meglio la situazione e notai una bottiglia di Gin, vuota e accasciata sul tappeto persiano rosso e blu.
"Non eri omosessuale?" Gettai un'occhiata accigliata verso di lui che scosse la testa ed innalzò l'indice, barcollando dentro.
"Bisex ti correggo" proruppe entusiasta, vedendo una ragazza dai capelli biondi corti, comparire dall'altro capo della stanza con addosso solo una camicia celeste di Yuri e sganciata, da cui intravidi i capezzoli rosei, ed un tanga nero. Teneva in mano una bottiglia di tequila e due bicchierini di vetro da shot.
Si girò appena rivolgendomi un sorriso, dove delle pieghe deboli si formarono al lato dei suoi occhi nocciola.
"Venir aquí?" Domandò seducente, mentre scossi la testa, vedendola sorridere quando Yuri la prese per mano."Estás conmigo" le diede una pacca sul sedere Yuri, arrancando con lo spagnolo italianizzato.
Scossi la testa, passandomi una mano sui capelli, quando una voce mi bloccò. La guardai alzarsi da una poltrona blu, venendo verso di me.
"Ciao Joshua" la sua voce non era tramutata nel tempo. Era cresciuta. Non era più una ragazza, neanche lei. Ma non era Carlotta."Madison? Che ci fai qui?" Restai un attimo interdetto nel vederla lì ed in camera di suo zio, ma non ci diede peso, accompagnandomi fino alla soglia, e tirandosi più su la zip del cardigan azzurro.
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Un Disastro Divertente
ChickLitJoshua e Carlotta ormai hanno ventisei anni. Hanno intrapreso strade diverse, un allontanamento avvenuto qualche anno prima. Hanno una carriera da portare avanti, una vita Rose ma senza Fiori. Lei più disinibita che mai, e sicura di sè. Lui sempre i...