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Pov. Carlotta

Di solito siamo consci di abituarci all'assenza di qualcuno. Di solito...tranne per me. Ridevo all'esterno, soffrivo all'interno. Andavo a fasi alterne, continuamente mestruata.
Ma andavo avanti per la mia strada, sempre un po' trafficata, sempre un po' ferma a quel semaforo rosso, che mi dava il tempo di logorare il mio cervello infetto. Ed il tempo non scorreva, ma pesava. Come sassi che tieni nelle scarpe, ma te le levi, le ribalti per far uscire quei sassolini, e ti rendi conto che è solo una tua impressione, perché di loro non vi è traccia. Io avevo sassolini, da ben un mese. E forse li avrei portati per altro tempo ancora.
Cosa aspettarsi quando si aspetta qualcosa, che sai che forse non tornerà?! Non lo sapevo. Era inutile pormi domande simili. Ed era inutile ritardare a lavoro, per fare la mia seduta spirituale, e ritrovare la pace dei sensi. Ovvero come sempre, sdraiata sul letto a testa in giù, con i piedi piantati in alto sulla parete rossa. Ma ciò che mi rimaneva insieme alle mille domande, con punti interrogativi stampati sulla fronte, era il gran mal di testa quando mi rialzavo, o meglio inciampavo.

Come sospettavo una settimana fa, Greg rivedendo il programma completo, ed il pezzo del concerto a cui tanto temevo, con tanto di confessione di Joshua, che non era stato tagliato, mi aspettavo un licenziamento. Per la poca onesta forse, o per aver omesso la mia vita privata. Ma ciò non avvenne e potei tirare un sospiro di sollievo. Almeno qualcosa girava per il verso giusto.
Avrebbe guadagnato un bel po' di soldi, sullo scoop del mese.
Ma ciò che mi rendeva nevrotica era trovarmi i paparazzi fuori, che mi ponevano mille domande. Ed il mio fedele dito medio innalzato, era la miglior risposta. Così adesso avevano una foto mia in prima pagina di qualche rivista scadente, dove mostravo la mia educazione a l'intera America.
Telefonate da mia madre, che non si spiegava i miei gesti galanti. Davvero dovevo dare tali spiegazioni?!
E benché Joshua fosse rimasto impresso nella mia testa, come una foto ricordo di lui con Mr Wilson, che svanivano piano, coperti da una porta metallica, era ancora il fulcro di tutto.

"Se lo sai non te lo dico, ma se non lo sai..." mi girai verso Amanda, togliendomi l'auricolare e rimanendo inchiodata con la mano sul mouse, come se avessi avuto una colla vinilica sotto il palmo, sentendo il suo borbottio.

"È un tranello?! Amy non credo di aver voglia di sc..." rimasi un attimo attonita, quando mi mostrò o meglio mi spiaccicò il giornale ad un palmo dal naso, per farmi vedere la notizia di cui la gente vociferava. Ma appena sentivo il nome Joshua i miei timpani si ribellavano e si richiudevano.
"Merda" aggiunsi basita, afferrando la rivista, che scivolò dalle sue mani smaltate alle mia, che gridavano manicure urgente.

Un battito cessato, un minuto per metabolizzare la notizia, ed il mio sguardo puntato tra quelle righe nere.
-Il cantante Joshua Wilson "Prendo una pausa dalla musica".

Guardai un attimo Amy con gli occhi sgranati quasi quanto i miei, mentre mi fece cenno con il dito di proseguire a leggere.

-Da cosa deriva questa sua decisione?

-Ho deciso di prendermi del tempo. Non so ancora con certezza quanto ma non sparirò. Ho bisogno di nuove idee.

-Il suo manager, è vero che è stato licenziato?

-Si è vero. Mi sentivo bloccato in una gabbia, un prodotto da televendita.

-Sulla ragazza Carlotta Ferretti cosa può dirci?

Mi fermai un attimo per riprendere ossigeno, il cuore scalpitava. La domanda tanto temuta. Era logico che gliela chiedessero. Potevo immaginare il volto di Joshua, a tale domanda. La mascella contratta, gli occhi rabbuiati come i miei, per proclamare solo un immenso.

-No comment.

Certo. Bastardo. Non sapeva cosa dire. Cosa aveva da spiegare ad un giornalista?! Credevo fosse restio nel parlare della sua vita privata, e da una parte gli ero grata. Allora perché sentivo un buco aprirsi al centro dello stomaco, e gli occhi velarsi lentamente, come una fitta che arriva senza preavviso?!

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora