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Pov. Joshua

Era stato stupendo farla godere. Vedere i suoi occhi oceanici, dilatarsi e donarsi completamente a me, diventando un unico colore, un solo ansimo, un solo cuore. Di nuovo. Dio se mi era mancato il suo fottuto sapore. Sapeva portarmi a livelli di esasperazione, inimmaginabili. Non me ne fregava un cazzo della gente che passava di lì. Volevo solo vederla godere. Per ricordarmi ancora una volta quanto il mio tocco la facesse esplodere ed aprirsi come un fiore.
Quell'intimità calda dove sarei voluto scivolare, e spingere a fondo. Le sue natiche sode. Tutto di Carlotta. Volevo lei in tutte le maniere.

Arrabbiata, eccitata, frustrata, spocchiosa, odiosa, innamorata, incazzata. Ma la volevo. Mi ero ripreso la mia droga. E non sapevo più farne a meno. Non adesso. Non sarei andato di nuovo a finire ad un centro di riabilitazione mentale per scordarmi di lei.

Avevamo ammirato la Barcellona illuminata, quando forse noi due risplendevano più di tutte quelle luci che a poco a poco si sarebbero spente e si sarebbero addormentate, assopite. Al contrario delle nostre emozioni.

Tornammo in Hotel, sapendo che lei aveva vinto la scommessa. Era stata più perfida di me. Non ero riuscito a controllarmi. Quando c'era in gioco Carlotta nulla aveva più potere sulla mia mente. Mi risucchiava tutto.

"Sono stata bene stasera" affermò carezzevole, prima di vedere le porte metalliche aprirsi.

Fece un passo in avanti, mentre la ripresi con forza per il polso, strattonandola e spingendola contro la parete di metallo, con un tonfo metallico.
"Potrebbe essere migliore, se venissi in camera mia" le sussurrai sulle sue labbra, vedendola schiudere gli occhi e passarsi la lingua sul labbro che sfiorò anche il mio.

"Penso sia meglio così per stasera. Dobbiamo ancora parlare. Non me ne sono dimenticata. Ma qualcuno mi ha distratto..." lasciò la frase in sospeso, uscendo dall'ascensore.

"Mi stai accusando?" Le domandai sarcastico, passandomi una mano tra i capelli ed una in tasca, poggiandomi con la spalla contro la parete fredda dove prima c'era il suo corpo.

"Sempre e comunque. Ci vediamo. Magari domani sera dopo il concerto potremmo...potrei...in intimo...nuda...chi lo sa" mi stuzzicò, poggiando la schiena alla porta di camera, facendo oscillare la chiave della stanza sull'indice, producendo un tintinnio.

Ma fanculo!
Uscii dall'ascensore, andandole in contro, pressando il mio corpo con il suo. Un ansimo le sfuggì, dolce e debole. Da trapassarmi la pelle.
"Tu non sai quanta cazzo di voglia ho di scoparti" rivelai sul suo lobo che s'irrigidì, notando ancora il suo corpo febbricitante.

Sfiorò la mia guancia con la sua, arrivando al mio udito.
"Notte Joshua" affermò, passando una mano tra i miei capelli in modo delicato, e lasciandomi un bacio a fior di labbra, prima di vederla aprire la porta, e richiuderla con un sorrisetto ed un tonfo netto.

Cosa avrebbe detto ora al suo adorato Mitch? Che stavo riprendendo sicuramente il mio posto e che lui sarebbe stato fuori dai giochi.
Potevo sentirmi compiaciuto, fiero di me stesso. Ma non era una battaglia. La rivolevo perché il suo posto non l'aveva mai preso nessun'altra. Non potevo dire di essere stato un santo, potevo dire che cercavo di dimenticarla. Ma non puoi dimenticare qualcosa che hai inciso sulla pelle e sotto pelle.

Presi l'ascensore, sentendo il rumore metallico delle porte riaprirsi ed il campanellino. Ero arrivato al mio piano, senza di lei. Aveva vinto e non sarebbe venuta a dormire da me. Ma ciò che volevo l'avevo ottenuto. Farla ritornare come se non ci fossimo mai divisi neanche per una frazione di secondo.

Mi avviai lungo il corridoio rivestito da moquette nera, ma prima di aprire la porta sentii la voce di Yuri.
Mi girai di scatto, vedendolo venire verso la mia direzione, mentre tenevo le chiavi in mano.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora