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Pov. Carlotta

Ormai erano già sei giorni che stavo da Amanda. David non sembrava infastidito dalla mia presenza momentanea, anche se, ieri sera quando tornammo dalla discoteca, si era fatto trovare sul divano nudo. Non poteva sapere. Poiché ero incerta se tornare nel mio appartamento. Ed io non avrei voluto vedere il miglior amico di Joshua nonché futuro sposo di Amanda, in quelle condizioni. Mi coprii il volto imbarazzata, mentre lui sobbalzò dal divano, cadendo all'indietro ed imprecando, mentre Amanda sembrava ridersela di gusto.

Stasera mi sarebbe toccato il quinto round, in un'altra discoteca. Facendo finta come ieri e gli altri giorni, di ridere ed essere allegra. Quando in realtà dentro di me sentivo solo un vuoto incommensurabile. Certo la presenza di Amanda, rendeva tutto più leggero, ma non era lo stesso. E più non avrei voluto pensarlo, e più lo pensavo. Come pensavo a Mitch. Le sue molteplici chiamate sul mio display che rimaneva impassibile, con la mia incertezza se scivolare l'indice e rispondere, o restare a fissare il suo nome sull'illuminazione, facendolo diventare una -chiamata persa-.

Ripensavo ai nostri momenti da amici. Alle sue rassicurazioni. Gli abbracci dolci per placare le mie ansie e le mie tristezze. Gli spazi vuoti che riempiva a poco, per non farmi sentire sola, ed aggiungere un mattoncino ad il resto, ma senza cemento sufficiente per farlo rimanere consolidato. Non potevo dargli ciò che desiderava. Lui era il mio tutto, ma non come sarebbe dovuto essere. Perché il mio intero universo era lo stesso odioso di sempre. Lo stesso che odiavo e amavo nell'egual misura. Lo stesso che non riuscivo ad immaginare con una Madison.

"Sei sempre il solito porco David" sentii la voce di Amy in completo imbarazzo ed eccitata allo stesso tempo. Potevo immaginare le battute provocanti che David le lanciava, come sempre, e la sua figura materializzarsi con una sottoveste azzurra e l'aria di chi ha fatto del buon sesso ne erano la prova. Poiché il trucco era sciolto ed a chiazze sul viso come una varicella, ed i capelli ricci avere vita propria come Medusa.

Poggiai il mento sul pugno debole in cui avevo racchiuso la mano, guardandola aggiustarsi e mostrarmi un sorriso radioso.
"Scusalo per ieri sera" m'informò pacata e guardandomi per farmi capire che non dovevo sentirmi tagliata fuori, per aprire il pensile della cucina e raccattare due tazze.

"Amy è normale. Non poteva sapere che sarei entrata anche io dalla porta. Si aspettava che arrivassi più tardi forse" ammisi intimidita, mordendomi le labbra per fare spallucce.

"Hai superato l'ora di Cenerentola da una vita" fece finta di controllare un orologio al polso invisibile, tornando su i miei occhi.
"Hai dormito bene?" Aggiunse melensa, porgendomi la tazza con del caffè latte davanti.

"Si...abbastanza" le risposi falsamente, poiché ero rimasta tutta la notte ad ascoltare canzoni con le cuffie incorporate negli orecchi. Canzoni che avevano un sapore passato. Quelle che avevano tracciato i nostri anni spesi insieme. Quelle canzoni che mi fecero restare distesa inerme su un materasso scomodo, e delle lacrime silenziose ad ogni sbatter di ciglia. Guardando un soffitto dove non c'erano stelle fosforescenti da contare.

"Dio Carly" esclamò Amanda con un tono comprensivo e dolce, issandosi dalla sedia in uno scatto repentino, sentendo le gambe di legno strusciare sulle mattonelle bianche lucide, con uno stridulo, e fiondarsi verso di me per abbracciarmi.
Non aveva bisogno di parole. Le bastava guardarmi negli occhi che sentivo ancora colmi di lacrime, pronte a rigarmi le guance arrossate.

"Dovresti cercalo. Dico sul serio. Vi state facendo del male a vicenda" m'informò gracile, piegandosi sulle ginocchia difronte a me, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Ingoiai il magone, dondolando con la testa pesante.

"Lo so. È solo che devo avere tempo. Ho una confusione incredibile. Ma prometto che stasera verrò lo stesso con voi a ballare" aggiunsi le ultime frasi sicura, slacciandomi in avanti per cingerle il collo con le mie braccia, e sentire le sua sulla mia schiena.

"Ti voglio bene, ma sei proprio una testarda" mi rimbeccò bonariamente, alzandosi per andare in camera.
"Mi preparo per il lavoro. Prometto che non..."
Non finì la frase, poiché presi parola io con un'imprecazione, alzandomi di botto dalla sedia.

"Cazzo! Il lavoro Amy" le ricordai terrorizzata, più a me che a lei. Mi ero completamente scordata che oggi finiva la settimana, e che sarebbe tornato anche il tornado Joshua a risucchiarmi in quel vortice che ora sentivo scuotermi dentro. Come una spirale si muoveva, lanciandomi brividi sotto forma di pelle d'oca lungo i bracci.

Speravo vivamente di non rivederlo, di non morire agonizzante dentro. Solo il pensiero riusciva a dilaniarmi. Andai in bagno, sciacquandomi il viso con troppa foga. Sentendo lo scroscio prepotente della cannella. Volevo lavare via la preoccupazione dipinta sul mio volto. Inutile riuscirci. Poiché quando rialzai il volto ancora madido di goccioline trasparenti, sullo specchio quadrato contornato da una luce che emanava una applique a conca, notai i miei occhi terrorizzati. Un azzurro quasi un cobalto. Viravano tutte le sfumature. Ed una che ricordava anche i suoi occhi.
Scacciai via il pensiero, dissentendo con la testa, e premendo il volto sull'asciugamano, andando in camera, per vestirmi.

"Non preoccuparti ok? Vedrai che andrà bene" mi rassicurò Amy, durante il breve tragitto in macchina, mentre fissavo le macchine Sfrecciare, e la gente camminare svelta.
Non risposi. Non seppi cosa dire. Aveva capito la mia agitazione interna, dove un corpo di ballerini, stavano facendo una danza Hindù.

Quando varcammo il portone di vetro, e alcuni colleghi già a lavoro, l'ansia era aumentata a livelli indescrivibili. Alcuni ci salutarono, appoggiati alle macchinette del caffè, a fare gruppetto e gossip.
Altri si complimentarono con il lavoro svolto, e che stava già venendo un ottimo programma sugli artisti musicali, dove probabilmente ne avrei presentato un altro. Un altro senza Joshua Wilson.

Arrivammo al piano superiore, e Amy mi prese la mano, stringendola tra la sua calda.
"Respira. Carly sei forte" mi ricordò dolcemente, spostando lo sguardo dalla porta metallica al mio azzurro.
Potevo vedere il suo manto negli occhi, che mi avvolgeva come una coperta calda in un giorno d'inverno. Perciò mi limitai solo ad annuire, ed a sentire lo stridulo delle porte, aprirsi ed entrare con poche falcate all'ufficio. Dove dietro la porta di vetro non sapevo cosa aspettarmi. Come quei pacchi regalo a sorpresa, che scarti e non sai cosa trovi. Se sarà il regalo da te tanto atteso, o una fregatura che ti farà rimanere male, ma non lo darai a vedere.

Tirai giù la maniglia di ferro fredda, ma non così tanto quanto il mio palmo sudato, esalando un sospiro, per trovare solo Greg e Yuri a discutere di alcuni pezzi, e il restante della quota.
Mi sentii le gambe cedere, poiché avevo accumulato talmente tanta tensione, che ora era come se tutti i muscoli tesi si fossero rilasciati e snodati di colpo.
"Carlotta. Finalmente. Ottimo lavoro, davvero ottimo" sentii la voce forte e vigorosa di Greg, complimentarsi con me e farmi cenno con la mano di avanzare.

Yuri si voltò appena, studiandomi e rivolgendomi un sorriso di sfida. Qualcosa che non comprendevo. Qualcosa che avrei voluto togliere da quel volto fresco di rasatura.
"Purtroppo come ho già detto, Joshua è andato via, per due giorni. Con mia nipote. Non è proprio potuto restare. Ma è uguale non trovate?" Domandò guardando gioviale Greg per poi spostarsi nuovamente su di me. Con uno sguardo derisorio, che mi strapazzava l'anima. Non avevo più colto nessuna parola che arrivava debole all'udito, dopo -Mia Nipote-. Era partito con lei?! Due giorni con lei?!
Questo era davvero quanto gli mancavo?! Questo era l'amore che provava?!
Questo era ciò che aspettavo? Ed aspettavo sempre credendoci e cascandoci come una sciocca!

"Certo lo capiamo. Abbiamo invaso anche troppo la privacy del signor Wilson. Carlotta di nuovo complimenti. Puoi andare a lavorare con i ragazzi per aiutarli a non togliere pezzi importanti" mi congedò dolcemente, mentre tornò su Yuri, su quel viso malefico nascosto da un finto sorriso.
E se fosse stata una bugia?! Magari non era con Madison. Magari...era inutile convincermi.
Mi sentii il cuore sgretolarsi. Lo stomaco riformare il groviglio che straziava, mi contorceva dal dolore. Non potevo piangere, ma avvertire gli occhi umidi, almeno quello potevo farlo. E stirare un sorriso finto, molto.

Stasera sarei tornava la Carlotta da venerdì sera ai locali, raccattata con l'aiuto di qualcuno. Con uno che non era Mitch. Con uno dove non vedevo i suoi occhi ammalianti, mentre mi addormentavo.

Principesse. Sono corti lo so. Perché divido i pezzi di Carlotta visto che anche il prox pov. Sarà di lei. E poi finalmente Joshua dove sarò più lunga ❤️❤️❤️

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora