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Pov. Carlotta

Contro ogni logica ero ceduta al mio cuore. Avevo ripreso un briciolo di buon senso, dandogli la buonanotte. Il suo odore si era permeato addosso a me. Mentre mi svestivo sentivo ancora le sue dita che mi facevano godere, i miei ansimi celati in un bacio, dove le nostre lingue giocavano piene di passione. Potevo ancora sentire l'adrenalina, la paura di essere visti. Correvano sul mio corpo tante di quell'emozioni, che non riuscivo a contenere, non sapevo dove metterle.

Mi feci una doccia calda, sorridendo al ricordo di noi due al ristorante. Era decisamente stata una serata immemorabile. Non volevo ancora dirgli di Mitch. Era il semplice fatto che una piccola corazza la volevo tenere. Forse per non lasciarmi andare totalmente. Mi stavo di nuovo ferendo, lo sapevo. Stavo rischiando, di nuovo, ancora. Ed il rischio non esisteva quando ero Carlotta, ma nasceva quando tornavo ad essere la vera Carlotta.

Aprii il box doccia, e dallo specchio rotondo, potevo notare il mio rossore sparso sulle guance e lungo il collo. Anche se era appannato, si notava.
Mi asciugai accuratamente e mi diedi un po' di crema per il corpo, sentendomi alleviata.

Tornai in camera, vedendo Mr Wilson, adagiato dolcemente sul letto. Mi sorrideva, lui non tramutava con gli anni. Lui era lo stesso porco spino di otto anni fa.
Mi avvicinai al letto, con il cuore in gola, e presi il pupazzo tra le mani. Sentii la sua morbidezza, ed un po' di quelle spine che sarebbero dovute essere pungenti, in realtà si muovevano sotto al mio palmo. Si adagiavano in giù e poi ritornavano alla loro naturale forma rialzata. Lisci e caldi. Lo pressai di più contro al mio petto, lì dove batteva il cuore.

"Tu che dici?" Chiesi rivolta a Mr Wilson, scostandolo appena dal mio petto per vedere il suo muso allegro e vivace.

Mossi la zampina piccola, come un cenno di assenso. Mi davo botta e risposta da sola.

Ti abbiamo perso per sempre Carlotta. Bentornata Carlottina...dovevi solo capirlo. Ciò che non sbiadisce del tutto è perché non può essere cancellato.

"Hai deciso tu per me, Mr Wilson" bofonchiai ancora verso il pupazzo, come se davvero potesse parlarmi e risolvere i miei dilemmi interiori.

Mi misi un baby doll turchese, con l'intento di stuzzicarlo ma lasciarlo in bianco. Non potevo donarmi pienamente. Il mio corpo lo necessitava al tal punto di poterlo pregare, d'inginocchiarmi. Ma la mia mente mi ricordava che ci sarebbe stato un pericolo d'incendio, e pochi pompieri che non sarebbero accorsi, troppo presi a fare altro.

Afferrai il trench Beige, che stava comodamente abbandonato, sul pouf nero imbottito, della stanza. Quindi me lo infilai, e mi ricordai di prendere il mio piccolo amico di viaggio, di vita. Passata, presente e speravo futura.

Con la bile in gola, tirai giù quella maniglia, con troppa enfasi, tanto che si sarebbe rotta, un piccolo cigolio strascicato e mi apparve davanti il corridoio. Serrai le palpebre e strinsi di più Mr Wilson, tanto quanto mi strinsi le spalle nel trench. Forse per un brivido improvviso, una fitta tra le gambe. Forse perché sapevo che sarei andata a perdermi nel suo odore e nella sua voce. Nel suo tocco lento ma deciso. Tutto in me fremeva. Mi sentivo un piccolo refolo di polline, che si innalzava libero e leggiadro nell'aria, fluttuava armoniosamente, ed andava dove il vento lo portava. Senza pensare troppo.

Così richiusi la porta dietro alle mie spalle, con un tonfo debole, e mi avviai a passo spedito verso l'ascensore. Pigiai quel pulsante freddo. Sentendo da sopra delle voci. Il sangue pompava nelle vene. Caldo e sempre più bollente. Udivo le voci tanto da ovattare il rumore fastidioso del campanellino. Stavo con l'udito attento, e con gli occhi guardavo i numeri che si illuminavano cangianti, su quel display piccolo.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora