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Pov. Joshua

Ormai avevo deciso. Ci avevo meditato a lungo, e l'unico modo per ripresentarmi da lei era Devis, il mio alter-ego. Ero stato ad ammirare quel fiume che per noi era significato tanto, e lo scorrere vellutato insieme alla frescura notturna, steso sull'erba umida, dove passai il mio palmo per sentire quell'erba fresca, frusciare e procurarmi un dolce formicolio, mi aveva indotto a trovare quel modo.

Mi issai appena con la schiena, sfilando il cellulare dalla tasca laterale dei jeans. Il display illuminò come un lampione la mia visuale, che ormai si era abituata al buio pallido.
Sulla rubrica avevo solo il numero di lei. Chi altri avrei chiamato con un cazzo di numero fake?!
Decisi di mandarle un messaggio. Il pollice sembrava marmorizzato, indolenzito, infreddolito, mentre tentavo un modo per buttare giù qualcosa. Scrivevo e cancellavo nel contempo. Alla fine mi dissi che lo straniero non usava troppi giri di parole. Dritto al sodo era ciò che era giusto fare.
Pigiai invia pieno di adrenalina che mi assalì insieme ad una folata di vento. Come se intorno a me sapessero che tutto stava diventando elettrico.
Aspettai qualche minuto con il cuore in gola. Più volte mi schiarii la voce che sembrava strozzata. Finché non sentii la vibrazione sulla coscia, dove L'avevo tenuto poggiato, guardando il suo nome.
Dimmi a che ore e dove. Ci sarò!
Una promessa quasi. Che lei sarebbe stata lì.

Un sorriso sincero nacque sulle mie labbra, spento dalla menzogna.
Carlottina mia
-Facciamo alle 21:00. Crowne Plaza Times Square...lo devi conoscere per forza. Spero davvero d'incontrarti.

Mi ricordai dell'hotel che dava una vista perfetta, ed un balcone terrazzato, dove avrei potuto fare la mia entrata in scena. Dovevo trovare qualcosa di spettacolare. O semplicemente essere me stesso.
Non aspettai molto per avere una sua risposta, anche se non ci speravo di riceverla, ed il cuore mancò un altro battito.

Da Carlottina mia
-lo conosco. Ci sarò...è una promessa Straniero ;)

Una promessa, già. Come tante promesse che facciamo e poi le rinneghiamo. Ma lei ci sarebbe stata ed io sarei stato uno straniero, un Mr Wilson, un menzognero, un bugiardo catalogato. Ma sarei stato sempre e comunque Joshua innamorato.

Mi alzai di scatto dall'erba umida, come se qualcuno mi avesse dato una spinta. Pulii il retro dei pantaloni, scuotendoli con le mani. Non avevo affittato la casa, perciò non potevo entrare dentro. Ma c'era un posto, forse il più importante, che aveva visto i nostri ritmi del cuore fondersi, in un giorno di pioggia, in cui si respirava odore di erba bagnata, in cui le goccioline trasparenti picchiavano ma i nostri sentimenti lo facevano ancor di più. In cui rabbia ed eccitazione erano un'unica sensazione.
Il capanno malmesso del signor Bart.
Mi venne da ridere, scuotendo la testa e mi passai una mano tra i capelli. Cazzo! Mi ricordai della volta in cui ci trovò nel suo capanno. La paura dipinta sul volto di Carlotta, era stato semplicemente divino vederla così. Spaventata, dispiaciuta ed in piena difficoltà, quasi in appnea. Ed io facevo di tutto per farla cadere ancora di più nel l'ansia a parole, perché se ci guardavamo negli occhi, capiva che l'avrei sempre protetta.

Mi avviai a passi spediti verso il capanno del peccato, non avrei trovato altro nome più azzeccato. Alzai una mano per tirare la leva più arrugginita negli anni, e piantai bene i piedi a terra per tirare, digrignando i denti e riducendo gli occhi a due fessure per lo sforzo, che impiegai ad aprirla lentamente e con lo stridulo straziante, del portone metallico. Finché non lo vidi. Era rimasto tutto uguale. Chissà se domattina Bart mi avrebbe ritrovato come otto anni fa. Da solo, sul materasso ancor più sporco e logoro. Ma mi sembrava ieri che lei era sdraiata lì, il mio viso tra le sue gambe che tremavano. La sua voglia di curiosare i miei movimenti che le procuravano piacere, il modo in cui si mordeva le labbra e mi guardava dritta negli occhi. Quel mare Pacifico insieme al catrame delle sue pupille dilatate, in cui mi perdevo. Era la mia zattera in mezzo al mare aperto. Sentii un fremito impossessarsi del mio corpo, ed il mio membro indurirsi al ricordo di lei. Lo avevo stampato perfettamente in testa, come un video illegale. Perché era illegale ricordarmela così. La mia lingua sulla sua fessura calda. Ed io perdevo ogni ragione logica.

Un Disastro DivertenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora