Capitolo 3.

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Per uno scherzo divino, mi ritrovai nuovamente seduta al bancone dove il barista di prima stava servendo da bere, mi limitavo a guardarlo lavorare sorseggiando il mio terzo o quarto Gin Lemon.

"Guarda un po', Cassandra Taylor si da' all'alcol, se così fosse dovrei proprio conoscerti meglio, sai, non sei ció che mi aspettavo che fossi" quella voce stava parlando con me.
Aveva cantato tutta la sera e in quel momento era lì, che mi rivolgeva la parola, io come una sciocca lo guardavo come se non capissi nemmeno io chi fossi.

"E come ti aspettavi che fossi?" Domandai alzando un sopracciglio.

"Ah non lo so, non sono riuscito bene a identificarti. Prima fai la dura con Stone, poi ti vergogni di tutto, stai qua e bevi..." lo guardai scioccata, identificarmi?
Nessuno aveva mai provato a identificarmi, mi vedeva per quello che ero e basta. Troppi cambiamenti di umore per essere "identificata".

"Nemmeno tu sei poi così tanto identificabile" ribattei trovandomi sempre più coinvolta nella conversazione, tanto mi girai sul mio sgabello in modo di poterlo guardare bene in faccia.

"Sì, ci tengo particolarmente, mi rende meno vulnerabile ai commenti stupidi di persone stupide che, detto tra noi, non capiscono mai un cazzo."

Risi sotto i baffi, sinceramente non penso che qualcuno parli di lui in senso negativo.
"Ti ho vista come ballavi sotto il palco, potevi dare un po' di contegno al tuo entusiasmo" scherzó facendomi ridere appena mentre portavo ancora una volta il bicchiere alle labbra.
"Di solito non nascondo le mie emozioni"
"Questo ti rende indecifrabile, sei tutto eppure sei niente"
E poi si fermó a fissare un punto a terra, seguii il suo sguardo ma non riuscii a capire cosa stesse facendo.
"A che pensi Adam Clark?" Domandai avvicinandomi a lui.
"Oh, pensieri oltre la concezione dell'uomo"
"Sei un filosofo o cosa?"

"Se chiudi gli occhi, Cassandra, presta attenzione. Potresti persino sentire i tuoi pensieri" sussurró talmente piano che solo a distanza ravvicinata riuscii a percepire la sua voce.

"Non so se questo sia un bene o un male" gli sussurrai allora io all'orecchio sfiorandoglielo con le labbra.
"Dipende da te, se vorrai sentirli potrà solo che giovarti" sorrise furbo mentre si allontanava da me e si dirigeva verso la pista dove gli altri si stavano scatenando.
"Allora? Non vieni?" Domandó ingenuamente.
"No, sto bene qua"
"Come non detto, non identificabile" rise andandosene.
Non conoscevo il motivo di quella conversazione, sapevo solo che il mio cuore aveva ripreso a battere.
Cominciai a trovare noioso guardare la gente spassarsela ballando, almeno lo stava diventando prima che Marion facesse la sua entrata in un vestito completamente ricoperto di paillettes.
Alzai gli occhi al cielo.

Maniaca di protagonismo.

Si guardó attorno, probabilmente alla ricerca di Adam, e fu quando lo vide, che come una cacciatrice si avventò sulla preda strappandogli un bacio talmente osceno da istigare chiunque a infilarsi due dita in gola.

Disgustoso.

Decisi in quel momento allora, che avrei iniziato a divertirmi sul serio. Mi alzai dallo sgabello un po' barcollante e camminando malamente mi diressi verso la pista, dai miei "amici".

Carmen era intenta a ballare con un tipo quando si accorse di me peró lo lasciò perdere e mi venne incontro.
"Torna pure dal tuo amico" le sorrisi, ma più che un sorriso quella sarà sembrata una smorfia.
"Non mi piaceva, cercavo un pretesto per andarmene"
Mi afferrò entrambe le mani e cominció a muoversi a ritmo di musica trascinando anche me.

Era veramente troppo divertente ballare con lei, in mezzo a tutta quella gente.

Andai a sbattere una dozzina di volte ma in fondo non mi importava e, a quanto pare, nemmeno a coloro che si ritrovavano vittime delle mie spinte.

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