Capitolo 34. Seconda parte

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L'odore del pollo mi riempiva le narici così da indurmi a sospirare di sollievo.

Natale era alle porte e nel giro di qualche ora sarebbero arrivati gli ospiti per il fatidico pranzo.

Io e Ada ci trovavamo in cucina, mi ero offerta sin dal giorno precedente di aiutarla, tuttavia la donna cercava invano di dirmi che non ce n'era bisogno.
Di tanto in tanto Elle rideva, sapeva bene che se mi mettevo una cosa in testa non avrei cambiato idea facilmente.

"Credo di amare il Natale" affermai osservando come la donna infornava il pennuto regolando, attraverso la rotella, i gradi.

Era mattina, abbastanza presto perché Annmarie, Caren, mio padre e Elle si svegliassero. In casa si respirava tranquillità e quel silenzio che da giorni sembrava essere diventato un'utopia.

"Bè, io amo l'odore del rosmarino" sorrise la donna.
"Ada, che mi dici dei tuoi figli? Intendo dire, io credo di morire dalla gioia sapendo che mia nonna è qui con me, i tuoi nipoti come faranno senza la loro?" Domandai.
"Carol e i suoi figli vivono a Seattle, passeranno con i nonni paterni il Natale. Mentre John... Bè la sua principessa mi chiama spesso, a loro piacerebbe passare il Natale con me, ma sai, questo è il mio lavoro."
"Non dovresti lavorare il giorno di Natale!" Ribattei.
Che razza di persona avrebbe lasciato lavorare i suoi dipendenti a Natale impedendo loro di riunirsi con le loro famiglie?
Mio padre ovviamente.

"È una mia scelta, signorina. Tengo moltissimo al mio lavoro e credo che la mia famiglia possa viverlo al meglio anche senza di me." Sorrise malinconicamente.

"Ada non so cosa passi per la tua testa se non il vuoto oppure una scimmia con i piatti... So solo che tutto quello che hai detto è una cazzata, scusa il termine poco consono, a me non menti." Sparai di botto stringendo il ripiano con le mani.
"Sì, magari Carol vive a Seattle e nel giro di quattro ore non riuscirà mai ad essere qui, ma John sì, ed io so che desideri averlo qui più di qualsiasi altra cosa. Bene, buon Natale, spera che non si sia organizzato in altre maniere" e detto ció mi ammutolii aspettando che afferrasse il telefono e digitasse il numero di suo figlio.
L'uomo accettò senza troppi indugi fortunatamente, credevo seriamente che Ada potesse prendere un temporeggiamento come un segnale.

"E ora sai di cosa ho voglia?"
"Mi dica signorina, sono qui per prepararle tutto quello che desidera" lo sentivo il leggero tono più allegro.
"Un dolce... Un dolce che possa rispecchiare lo spirito natalizio... Qualcosa come-"

"I miei biscotti!" Esclamó mia nonna entrando in cucina.
"Oh sì, i tuoi biscotti!"

"Quando eri piccola provai a prepararli col rum" spiegò legandosi ai fianchi un grembiule.
"Tua madre mi sgridò. Eri ancora troppo piccola per quel liquore, ma a te quei biscotti facevano impazzire, così sostituii la vaniglia al rum."
Prese della farina e cominció a dosarla in una grande ciotola.
"I tuoi biscotti sono sempre stati i miei preferiti, nonna" sorrisi ammirando i suoi movimenti mentre a mano a mano aggiungeva tutti gli ingredienti.

"Com'era la signorina da piccola?" Chiese improvvisamente Ada spiazzando più me che mia nonna che invece cominciò a ridacchiare.
Sembró pensarci un attimo per poi rispondere "Era... Non so, ho sempre creduto che fosse veramente speciale. Era determinata e aveva questo caratteraccio che spesso tirava fuori nei momenti meno opportuni. Una volta all'asilo ha mandato a quel paese una maestra, rischiava la sospensione. Si è sempre fatta la in quattro per i suoi amici, ed era incredibilmente sincera e altruista. È sempre stata un po' riservata, ma scavando a fondo riusciresti a vedere la ragazza meravigliosa che è. Ah, dimenticavo, ha un senso dell'umorismo e un ego smisurato!" Concluse facendo ridere la donna accanto a me, mentre io rimasi a pensare alle sue parole.
Mi ammirava tanto quanto io ammiravo lei.

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