47. Tom

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Alla una, quando torno a casa per pranzo, mia madre mi accoglie con aria sospettosa.

«Cos'è questa storia che vuoi lavorare gratis all'officina? Non mi sei mai sembrato il tipo che fa beneficienza, anzi.»
«Hai parlato con Guglielmo?» Sbuffo. Poteva farsi i fatti suoi, anche lui, sono grande e vaccinato e posso fare quello che voglio con il mio tempo.
«Già. Fammi capire, hai l'occasione di lavorare qualche ora in più, guadagnare degli extra e gli chiedi di non pagarti?» Non è arrabbiata, solo curiosa.
«Non capiresti» la liquido e mi siedo a tavola, riempiendomi il piatto di pasta all'insalata, poi commento, casualmente: «Claire fa dell'ottima pasta, non credi?» Ogni volta che viene nominata la babysitter di Teo, mia madre si spertica in mille lodi, quindi spero di distrarla, ma lei è più furba di me.
«C'entra una ragazza, per caso? Sai, l'altra sera ho visto un film in cui lui le ripara l'auto senza chiedere un compenso per avere in cambio il suo cuore. Conoscendo te però, non mi sembri il tipo che mira al cuore, o no?»
Rimango spiazzato da quella sua osservazione. Evidentemente ho contagiato anche lei con il mio cinismo, però questa volta non è vero ciò che allude, quindi mi affretto a difendermi: «Hai indovinato. Voglio lavorare qualche ora gratis per sistemare l'auto che vorrebbe comprare Claire, ma non per ottenere quello che pensi tu. Mi dispiace solo per come mi sono comportato e vorrei farmela amica.»
«Solo amica?» mi deride lei, ma la mia rispostaccia viene bloccata dall'arrivo di Teo in cucina, accompagnato da una persona che non avrei desiderato incontrare.

«Tommaso, come stai? Tua madre mi ha detto che questa mattina hai lavorato.»
«Che cazzo ci fai qui?»
Mi accorgo che i posti a tavola sono quattro, non tre, e mi alzo, fronteggiandolo. Ora sono io il più alto e piazzato dei due, non ci sono dubbi. Vorrei tanto mollargli un cazzotto in faccia, spegnere quello stupido sorriso che mi sta rivolgendo, però non merita nemmeno il mio tempo. Traditore bastardo.
«Tom, modera i termini. C'è Teo.»
Il mio fratellino sta giocherellando con un robot, un altro regalo dello stronzo per comprarsi il suo affetto, ne sono certo.

«Forse Teo dovrebbe sapere come stanno davvero le cose. Non basta riempirlo di giocattoli per rimediare al fatto che te ne sei andato via, abbandonando la tua famiglia.»

Guardare quegli occhi, dello stesso colore dei miei, mi ricorda dolorosamente che sono imparentato con quest'uomo codardo ed egoista. All'improvviso mi è passata la fame.

Esco dalla cucina e apro la porta d'ingresso, ignorando i richiami dei miei genitori.
Mi avvio per strada e cammino senza una meta. Ho dimenticato il portafoglio e non posso nemmeno prendermi qualcosa da bere. Potrei andare a casa dei miei amici, ma ho bisogno di stare da solo in questo momento.

Troppo tardi, una Mini rossa tirata a lucido accosta alla mia sinistra e sento la voce di Jessica chiamarmi.
«Tommy, che ci fai in giro tutto solo? Vuoi un passaggio?»
«Ciao, Jessica. Grazie, ma preferisco fare quattro passi.»
Lei parcheggia l'auto e scende, venendomi in contro nella sua andatura provocante, ondeggiando sui vertiginosi tacchi a spillo. Indossa un abito nero aderente con una scollatura esagerata. Non riesco a evitare di paragonare la sua bellezza artificiale e studiata a quella spontanea e naturale di Claire. In questo momento non avverto nessuna delle sensazioni erotiche che la bionda mi provocava in passato, non trovo eccitante il suo seno mezzo scoperto o le sue lunghe cosce snelle.
«Mi sei mancato tanto, Tommy.» Accompagna la sua frase con un abbraccio e poi fa per baciarmi.

Intravedo una figura familiare dall'altro lato della strada e mi scosto da Jessica. Dannazione, proprio quello che non volevo succedesse.
La bionda mi scruta con aria confusa, o almeno credo, dato che indossa degli enormi occhiali da sole che nascondono il suo sguardo.
«Scusa, devo andare.» La pianto lì e attraverso la strada, senza nemmeno guardare se passano o meno delle auto. Infatti mi becco la strombazzata di un clacson da parte di un automobilista costretto a frenare di colpo. Alzo il braccio in un gesto di scusa e raggiungo Claire, che ha accelerato il passo, intenzionata a sfuggirmi.
Ma io ho le gambe più lunghe delle sue, quindi le afferro un braccio senza troppa fatica.
«La tua ragazza ti sta aspettando dall'altro lato della strada.» Lancia un'occhiata in direzione di Jessica che ci studia, in piedi accanto alla sua auto. «Non sta bene far attendere le signore, sai.» Sulla parola "signore" il suo tono si fa ironico.
«Jessica non è la mia ragazza. Nessuna lo è, né tantomeno lo sarà.»
Lei scuote la testa, sembra delusa. «Non capisco perché me lo stai dicendo, puoi fare quello che vuoi della tua vita.»
La sto ancora tenendo per un braccio. Intanto Jessica mi chiama di nuovo: «Tommy, andiamo a divertirci come ai vecchi tempi, mi sei mancato.»
Lascio andare Claire e mi volto in direzione della bionda. «Jessica, tra noi è finita. O meglio, non era mai neanche iniziata.»
«Stronzo!» strilla lei, poi risale sulla sua Mini e parte a tutto gas.
Mi accorgo che Claire non è più accanto a me, ma vedo qualcun altro venire nella mia direzione: mio padre.

Un bacio tra le noteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora